Benvenut* alla recensione di Evangelion: 3.0+1.01 Thrice Upon a Time! Prima di cominciare, ricorda che sul nostro sito potrai trovare altre recensioni che potrebbero interessarti, come:
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Evangelion: 3.0+1.01 Thrice Upon a Time è forse l’opera di animazione giapponese più attesa dell’ultimo decennio. Siamo alla conclusione di un viaggio lungo più di 25 anni, posticipato da problemi di produzione e una pandemia mondiale. Ma finalmente è arrivato, prima al cinema in Giappone e poi su Amazon Prime Video, per il resto del mondo.
La trama di Evangelion: 3.0+1.01 Thrice Upon a Time
Ancora prima che cominci il film, ci troviamo a ripercorrere il cammino del Rebuild, con tutte le conferme e le novità rispetto alla serie originale. Ritroviamo personaggi a noi cari, momenti che ci hanno appassionato e divertito, ai vecchi tempi ma anche dopo l’arrivo del nuovo doppiaggio, poi accantonato.
L’inizio è una vera festa per gli occhi. Si tratta del segmento ormai celebre, ambientato a Parigi, che ogni appassionato che si rispetti ha potuto vedere diversi anni fa, nella serie di anteprime dedicate alla pellicola in tutto il mondo.
Vediamo quel che resta dello 08, l’Evangelion di Mari, combattere in uno scenario surreale contro gli Eva 44A, schierati per contrastare l’operazione preparata dalla Wille, la nuova organizzazione capitanata da Misato Katsuragi.
Maya fa le veci di Ritsuko in quella che ricorda l’operazione di salvataggio del Magi System, anche se questa volta le parti sono invertite.
Non contenta la Nerv manda al fronte anche le unità 44B. Il loro raggio di energia combinata si infrange contro un enorme scudo, altro richiamo al passato.
A vincere lo scontro sarà simbolicamente la Torre Eiffel, dando il via al recupero di prezioso materiale per ricostruire le unità danneggiate.
Il film cambia totalmente atmosfera quando si sposta sui tre children, che si muovono in un contesto di desolazione assoluta. Un mondo in rosso, in cui nulla sembra avere senso. Più o meno come la vita di Shinji delle ultime settimane.
A migliorare un po’ la situazione ci pensa Toji, amico d’infanzia del terzetto. Lui e Kensuke, ormai cresciuti, vivono in uno dei tanti villaggi di sopravvissuti.
Forse per la prima volta in 25 anni vediamo diverse persone riunite all’aria aperta, i resti di una civiltà portata sull’orlo dell’estinzione.
I ragazzi cercano di affrontare la situazione in modi differenti. Rei, prima di ordini precisi, sembra disorientata, ma per la prima volta sarà in grado di imparare che la vita va oltre i compiti assegnati. Asuka continua a essere aggressiva, soprattutto nei confronto di Shinji. Il ragazzo è invece distrutto dai sensi di colpa per il destino di Kaworu e non riesce neanche a muoversi dal pavimento.
Sarà il ritorno della Wunder, oltre ad un grande sacrificio, a rimettere tutti in riga. Questa parentesi pacifica non è che il preludio a una nuova battaglia.
Uno scontro che vede in campo tutte le armi a disposizione di entrambi gli schieramenti, tutte le strategie, le speranze. Ma soprattutto, un’opportunità di crescita per Shinji. E, forse, anche per Gendo.
Analisi
Evangelion è vecchio, ma non esiste niente di più nuovo di Evangelion. E’ una storia che si ripete, secondo Hideaki Anno, ma che racchiude in sé innumerevoli storie di vita, esperienze e sentimenti che dal 1995 sono stati soltanto sfiorati dai suoi emuli, senza poter mai raggiungere una tale complessità, una tale completezza, da essere considerati un capolavoro.
Quello che è stato definito l’ultimo passo di un lungo cammino si chiude ripercorrendo i propri passi. Ogni scena è ricca di citazioni, si riferimenti, come a sottolineare che quanto accaduto a Shinji è qualcosa di più grande di una trama da anime con i robottoni, ma racchiude in sé le sofferenze dell’animo umano, che tutti possono trovarsi a dover sopportare nel corso della propria vita.
Riusciamo a salutare quasi tutti i personaggi della serie originale, compreso Pen Pen, che nel frattempo è riuscito a costruirsi una colonia.
Cogliamo i richiami a quasi tutti i momenti significativi della serie. Il treno, che ha ospitato i momenti di maggiore introspezione di Shinji, qui è diventato un luogo di aggregazione e cultura, in cui una bambina legge una storia su… un porcospino. Un giro in macchina tra Shinji e Kensuke riporta subito alla mente ricordi felici con il maggiore Katsuragi.
Gli omaggi e i ricordi rappresentano sicuramente un viaggio dedicato allo spettatore, ma anche un ciclo di vita dei personaggi che continua a ripetersi. L’esempio più eclatante è proprio Misato, che si trova a costruire, suo malgrado, un rapporto famigliare molto simile a quello di Gendo. Due fazioni, due leader, due facce della stessa medaglia.
Non mancano anche gli sguardi alla religione e alla spiritualità orientale. Non è un caso, a mio parere, che le unità nemiche ad inizio film abbiano come numero seriale una serie di 4, il numero della morte nella tradizione del Sol Levante.
Il rapporto tra i children rimane conflittuale, con Asuka che continua a volersi avvicinare a Shinji, senza riuscire a farlo con delicatezza. Proprio lei rappresenta ancora il peccato per il Third Children, ad Asuka sono infatti dedicate diverse immagini dalla forte connotazione sensuale. Certe cose non cambiano mai.
Si ripropone anche il tema dell’identità di Rei, questa volta più forte che mai. La lontananza dal suo luogo di oppressione la trova più curiosa di quanto potessimo aspettarci, ma a caro prezzo.
E infine la tematica della responsabilità individuale delle proprie azioni, concetto che lega tutte le versioni dell’opera e di cui il protagonista non è mai riuscito a cogliere le sfumature necessarie a vivere senza problemi all’interno della società.
La trama in sé è quasi banale, è qualcosa che siamo abituati a vedere, ma che si dipana con una profondità senza precedenti.
Il titolo secondario, a metà film, determina una profonda virata tra una sezione di approfondimento dei personaggi e una parte dedicata al tanto atteso scontro finale. Uno scontro in più fasi, da quella più fisica a quella puramente filosofica.
A livello tecnico non c’è niente da dire. Lo studio Khara, ex Gainax, è riuscito a mantenere le atmosfere del passato, aggiungendo una qualità grafica e sonora data da un budget che nel 1995 era stato il punto debole, il piccolo particolare che aveva allontanato parte del pubblico. Anche questa volta il tema musicale, One Last Kiss, racchiude fin dal titolo il senso di nostalgia che pervade tutti i fan di vecchia data.
Dopo un’attesa così lunga e con una trama così complessa sarà impossibile che questo finale soddisfi tutti, soprattuto visti i problemi avuti in passato con la conclusione della serie.
Il regista Anno ha messo tutto sé stesso all’interno dell’opera, ha sofferto in prima persona ed è stato aiutato da uno staff divenuto iconico.
Come Shinji al Villaggio 3, anche Anno è riuscito ad uscire da un periodo difficile aprendosi al mondo, per affrontare le proprie paure. E lo stesso invito è rivolto a noi.