Nel 2011 Hiroyuki Imaishi, una delle più brillanti giovani leve dello studio GAINAX, decise di mettersi in proprio e insieme a Masahiko Otsuka decise di fondare lo Studio Trigger. I primi lavori furono collaborazioni con altri studi d’animazione, finché nel 2013 non venne alla luce la prima serie animata: un omaggio fracassone e viscerale alle opere di Gō Nagai con un’abbondante spruzzata di follia e di esuberanza già viste in altri prodotti GAINAX.
Kill la Kill, questo il nome dell’anime in questione, poteva contare sulla presenza del già citato Imaishi alla regia e di Kazuki Nakashima alla sceneggiatura, ricomponendo quel sodalizio artistico che pochi anni prima aveva dato alla luce Tengen Toppa Gurren Lagann, e alle musiche Hiroyuki Sawano, noto ai più per la colonna sonora dell’Attacco dei Giganti. Non poco, per il primo lavoro serio di un neonato studio d’animazione.
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Kill la Kill: la trama
6 La storia si svolge nell’immaginario istituto Honnōji. Qui vige un autentico regime militare, in quanto la rigida Satsuki Kiryūin e il suo consiglio studentesco mantengono la disciplina con la forza e il pugno di ferro. La particolarità di questi tutori dell’ordine scolastico è di possedere le Gokuseifuku, particolari uniformi scolastiche realizzate in una speciale biofibra e capaci di conferire a chi le indossa poteri e abilità incredibili. Inutile dire che gli studenti comuni e i professori, privi di tali divise, sono alla totale mercé del consiglio studentesco.
Le cose cambiano quando arriva Ryūko Matoi, una nuova studentessa alla ricerca del misterioso assassino di suo padre, il dottor Isshin Matoi. Ryūko è in possesso di due armi segrete: una lama forbice capace di tagliere le Gokuseifuku e una speciale divisa creata da suo padre, molto più potente di qualsiasi altra. Ryūko ribattezza la divisa Senketsu, ossia “bevitore di sangue”, perché per attivarsi essa richiede il sangue della ragazza.
Con i suoi poteri e con l’aiuto della compagna di classe Mako Mankanshoku e del professore Aikurō Mikisugi, capo segreto di un’organizzazione ribelle nemica delle divise, Ryūko dovrà scontrarsi con i membri più potenti del consiglio studentesco e con la stessa Satsuki, ma anche con la madre di lei, Ragyō Kiryūin, capo di un potente impero della moda con intenzioni tutt’altro che ammirevoli.
Tra Nagai e GAINAX
Per molti versi, Kill la Kill non fa altro che riproporre nel XXI secolo situazioni e contesti già esplorati dal grande mangaka Gō Nagai in uno dei suoi filoni di maggior successo, quello che mescolava la critica all’istituzione scolastica giapponese troppo rigida e asfissiante con il gusto per l’ecchi e la provocazione: La scuola senza pudore, Cutie Honey e Kekko Kamen.
Anche qui, infatti, troviamo una rappresentazione non proprio positiva delle scuole nipponiche, con qualche velato riferimento all’eccesso di severità e di competitività tra gli alunni, e un’eroina bella e combattiva, con le curve al posto giusto, spesso e volentieri seminuda. Va anche detto che fin dalle sue origini lo studio GAINAX ha giocato con il fanservice, a volte anche pesantemente, e Imaishi non ha fatto altro che portare alle estreme conseguenze quel gusto per le rotondità femminili già presente in Gunbuster, Evangelion e lo stesso Gurren Lagann. E per par condicio, non manca anche qualche nudo maschile, per la gioia delle spettatrici donne.
Tuttavia, rispetto ai lavori di Nagai dai quali trae ispirati, Kill la Kill si spinge molto più in là nelle soluzioni narrative scelte. Se già le premesse della storia sono bizzarre, tra divise “viventi”, adolescenti che comandano la scuola come i peggiori dittatori e scontri all’ultimo sangue che sostituiscono le canoniche lezioni, nel prosieguo della serie si affacciano sulla scena partigiani nudisti, minacce aliene, esseri non-umani, complotti di portata mondiale in un’escalation che è anch’essa comune a molti prodotti GAINAX: si pensi, a titolo di esempio, a Gurren Lagann in cui la narrazione parte da un minuscolo villaggio nel sottosuolo e arriva a coinvolgere l’intero universo.
Un’opera che non va presa sul serio
Tuttavia, a differenza di altri prodotti del vecchio studio GAINAX e dello stesso Gurren Lagann, Kill la Kill non può e nemmeno vuole essere un’opera seria. Non la si può nemmeno paragonare a FLCL, che dietro l’apparente nonsense cercava di essere una metafora dell’adolescenza, ma bisogna considerarla piuttosto un innocente divertissement col quale Imaishi e compagni hanno voluto mostrare al mondo intero fin dove può spingersi la loro creatività.
La critica al sistema scolastico del Sol Levante, per esempio, è molto più blanda e accennata di quanto avveniva nelle opere di Nagai di cui pure Kill la Kill vorrebbe essere l’erede. Si potrebbe tentare una lettura dell’intera opera in termine di storia di formazione o di metafora dell’adolescenza, con qualche tenue parallelismo tra certi elementi della narrazione e i problemi della crescita come individuo, ma si tratterebbe di un’impresa con scarsi risultati.
Kill la Kill vorrebbe essere piuttosto un puro e semplice intrattenimento fatto di citazioni alla cultura pop e anime, esagerazioni e spacconate, colori e suoni, giganteschi kanji rossi che occupano con violenza l’intero schermo per informare lo spettatore del nome di un personaggio o di una tecnica, fontane di sangue e combattimenti a dir poco gasanti. Tutto questo accompagnato dalla colonna sonora del già citato Sawano, con picchi nelle buone opening e nei travolgenti leitmotiv di alcuni personaggi.
Non è oro tutto quel che luccica
Purtroppo Kill la Kill non è esente da difetti, anzi, nonostante le ottime premesse iniziali crolla piuttosto rapidamente su se stessa.
Sul fronte narrativo, la storia imbastita da Nakashima si rivela troppo esigua ed elementare per riempire 24 episodi. Il risultato è una serie fastidiosa di filler, allungamenti di brodo per riempire intere puntate, continui colpi di scena per rimescolare le carte che però non portano a nulla di concreto e riciclo delle medesime soluzioni narrative. Soprattutto nella seconda metà dell’opera colpisce la mancanza di coraggio della sceneggiatura, frenetica e convulsa ma anche incapace di osare quando dovrebbe, limitandosi a offrire sostanzialmente allo spettatore quello che si aspettava.
Diventa inevitabile fare paragoni con l’altra opera del duo Imaishi-Nakashima, Gurren Lagann, dove invece la storia procedeva per folgorazioni, per mutazioni sorprendenti, con l’ausilio anche di qualche morta inaspettata ed eroica. Il finale di Kill la Kill è scontato, banale, inutilmente strappalacrime e privo di reale coinvolgimento emotivo.
Manca anche una reale crescita dei personaggi, all’infuori dei due-tre principali. I comprimari e i secondari si ritrovano imprigionati nei loro stessi ruoli, spesso come semplici spalle comiche che ripetono stancamente tormentoni che hanno esaurito la loro carica di risate già dopo la prima riproposizione. Persino il fanservice, che nei primi episodi era contenuto e abilmente gestito, straborda facendosi sempre più presente, esplicito e persino di cattivo gusto, fino a scene di incesti e quasi-stupro che sembrano messe lì solo per provocare.
Non va bene neanche sul fronte tecnico. I problemi di budget costringono a risparmiare sulle animazioni o addirittura a farne a meno in alcuni frangenti, affossando la pur ispirata e ottima regia di Imaishi e alcune succitate trovate visive, originali quanto si vuole ma insufficienti a coprire tutti i difetti. In compenso, Kill la Kill è un’autentica miniera di citazioni da anime e manga con i quali la generazione di Imaishi è cresciuta: le già citate opere di Nagai e i capolavori della GAINAX, ma anche Space Runaway Ideon, Kinnikuman, Le bizzarre avventure di JoJo, Rocky Joe e tanto altro ancora.