Come cambiano i tempi, così cambia la musica, e un genere musicale che potrebbe rappresentare le tendenze giovanili degli ultimi anni è senza dubbio la trap, la quale, sebbene esista dalla fine del secolo scorso, nel nostro Paese ha spopolato solo di recente, spodestando quel genere che a metà del decennio scorso stava lentamente sostituendo la musica house come alfiere del mainstream: il caraibico, relegandolo ai tormentoni estivi tranne per alcune (non poche) eccezioni e all’ascolto/fruizioni di chi ha la passione per la danza (o danza professionalmente).
Trapkid è un’opera che idealizza e allo stesso parodizza (senza malizia) la vita degli artisti e delle artiste che lavorano e si esprimono attraverso questo la trap, la quale nel suo decorso italiano, per quanto ancora non troppo lungo, ha saputo costruirsi un’identità ben definita in termini di testi, stile di vestiario e gergo, tanto è vero che chi legga l’albo e non ami o comunque non ascolti assiduamente la trap ha bisogno di ricercare il lessico specifico, a meno di non incorrere nell’incomprensione di almeno metà delle vignette.
Autore a tutto tondo dell’opera è Roberto D’Agnano, fumettista nostrano la cui carriera ha avuto inizio nel 2016 e che ha iniziato a lavorare al personaggio di Trapkid nel 2018, ottenendo con esso la fiducia di Edizioni BD, publisher di questo volume raccontante le vicissitudini dell’artista trap ideale, già autoprodotte dall’autore stesso e ora raccolte nel volume medesimo, su cui avevamo accennato qualcosa già nell’articolo dedicato alle novità BD presentate al Napoli Comicon 2022 di due settimane fa.
Trapkid: bacco, tabacco e venere come stile di vita
Un inseguimento in macchina apre il volume, e come prevedibile, dalla parte degli inseguiti c’è Trapkid, un cantante trap molto famoso e molto ricco già oggetto di venerazione da parte di migliaia di fan nonostante la giovane età. A differenza di molti colleghi e colleghe, tuttavia, egli sembra vivere davvero quella ‘vita di strada’ tanto decantata dai loro testi, e nelle sue prodezze coinvolge anche il fratello dodicenne Pio, la cui prima battuta toglie ogni dubbio sull’intenzione di seguire le orme del germano: “Non possiamo fermarci al Mc? Sto in ‘cimicia’ nera!“.
Raggiunti dalla volante, Trapkid rivela ai poliziotti che in realtà la sua guida spericolata era strumentale alla registrazione del suo nuovo clip, riuscendo a scampare al martello della legge grazie ad un autografo al momento giusto. Una situazione analoga avviene pochi minuti dopo, quando il nostro eroe spaccia un semplice prelievo per una rapina in banca, contraddicendo gli impiegati anche quando lo mettono davanti all’evidenza dei fatti.
Vignetta dopo vignetta scopriamo diversi aspetti della vita di Trapkid e le diverse persone che ne fanno parte: dai genitori (veniamo a scoprire che è figlio d’arte da parte di padre e che sua madre è sorprendentemente giovane con un passato da groupie alle spalle).
Trova spazio anche una scena parodica dedicata alla rivalità popolare tra trap e indie, la quale per certi versi potrebbe essere equiparata a quella tra emo e truzzi degli anni 2000, che condividiamo direttamente in quanto spiegarla non renderebbe bene l’idea.
La spensieratezza e la spigliatezza del ragazzo terminano quando è costretto a raccogliere il guanto di sfida di Trapboy, suo collega e nuovo rivale che dopo un pesante dissing lo sfida al presunto tallone d’Achille di ogni artista trap: una battaglia di freestyle rap.
Politicamente scorretto ma empiricamente corretto
Il pregio principale dell’opera risiede senza dubbio nella sua leggerezza, testimoniata anche dalla sua relativa brevità (circa centoquaranta pagine).
A parte l’ostacolo linguistico, il quale è purtroppo un’eventualità ineludibile in questi casi (le didascalie esplicative avrebbero rallentato la lettura, fidati!), Trapkid riesce a strappare una risata anche al più acido detrattore della trap e dello stile di vita che propone, il quale, come il fumetto stesso sembra asserire, difficilmente si traduce in atti pratici.
In definitiva, Roberto D’Agnano ha fatto un ottimo lavoro in termini di sceneggiatura e di strutturazione dei dialoghi, i quali non annoiano mai e spesso lasciano la possibilità di immaginare la ‘voce da strafatto‘ del protagonista e dei suoi comprimari. Un risultato notevole considerando anche che non si tratta di un lavoro iniziato e concluso a tavolino, bensì di uno sforzo lungo cinque anni, con tutti i rischi a livello di scrittura che tempistiche del genere comportano.
Il lettering purtroppo lascia un po’ a desiderare, per quanto potrebbe essersi trattato di una scelta stilistica dell’autore stesso (che, ricordiamo, ha curato l’opera personalmente da ogni punto di vista, avvalendosi di alcuni collaboratori e collaboratrici debitamente accreditati) volta a rendere il ‘tono sballato‘ usato dai personaggi.
Il tratto semplice, sebbene inflazionato per quanto riguarda il fumetto umoristico in generale, è tuttavia efficace e riesce a tradire una certa ospitalità, per quanto sembrino emergere alcune ispirazioni terze (e.g. Pio, il già citato fratello minore del protagonista, sembra uscito da The Amazing World of Gumball di Ben Bocquelet.