Esistono manga che balzano all’attenzione per l’originalità dell’idea di base, oppure per la capacità di influenzare profondamente il proprio genere. E poi ci sono manga che magari passano in sordina, ma che hanno il loro punto di forza nella capacità di prendere generi e idee già esistenti e mescolarli, rileggerli, reinventarli in modi inaspettati. A quest’ultimo gruppo appartiene Tomodachi x Monster.
Si tratta di un manga di Yoshihiko Inui, pubblicato tra il 2014 e il 2015 sulla rivista Weekly Manga Action e poi raccolto in 3 volumi. In Italia è arrivato grazie alla casa editrice Star Comics.
Mostriciattoli non tanto carini
Wataru Narimiya frequenta la scuola elementare in un paesino di montagna. Non ha amici e sembra destinato a una vita solitaria, finché non incontra uno strano essere a forma di goccia, con la bocca cucita e un tentacolo sulla testa, a cui dà il nome di Peke. Il mostriciattolo non sembra avere intenzioni ostili, così Wataru lo tratta come un amico.
Ben presto, Wataru scopre che ci sono altri bambini in possesso di mostriciattoli simili al suo, chiamati “amici”. Purtroppo non tutti hanno buone intenzioni, anzi, ben presto entra in scena il Carnival dei Bambini Liberi, una banda di ragazzini che vogliono usare i mostri in modi violenti e crudeli. A capo di questo gruppo c’è Tsukasa Sanada, un coetaneo di Wataru dal carattere freddo e cinico, affiancato da una creaturina elettrica di nome Den.
Com’è facile intuire, alla base di Tomodachi x Monster ci sono ragazzini e bambini che combattono affiancati da mostriciattoli, un filone nato nella seconda metà degli anni ’90 con gli anime dei Pokémon e dei Digimon (che però nascono come videogiochi) e proseguito con Monster Rancher, Medarot, Yokai Watch, Zatch Bell, Dragon Drive, Dinosaur King e tanti altri. Persino anime come BeyBlade e le varie serie di Yu-Gi-Oh!, in cui le battaglie si combattono con oggetti inanimati come trottole e carte, potrebbero rientrare in questo “genere” perché ne condividono lo stile, i toni e le tematiche.
Ma le serie finora elencate sono quasi sempre prodotti per un pubblico giovanissimo, mentre Tomodachi x Monster è una rilettura dark del filone e si rivolge esplicitamente a un pubblico più maturo. Non a caso è stato pubblicato su una rivista seinen, la stessa che in passato ha ospitato titoli come Lupin III e Lone Wolf and Cub.
Claustrofobia portami via
Un aggettivo perfetto per definire il manga di Inui è “claustrofobico”. E non certo perché alcuni capitoli sono ambientati nei sotterranei di un edificio abbandonato, in un’atmosfera che ricorda molto i film dell’orrore.
No, Tomodachi x Monster è un manga claustrofobico perché gravato da un senso di oppressione e di cupo fatalismo: una volta resa esplicita la minaccia rappresentata dai mostriciattoli, appare chiaro che Wataru è costretto a giocare un gioco più grande di lui e non può più tirarsi indietro.
Peraltro, si tratta di un gioco in cui si muore. Inui non si fa il minimo problema a mettere in scena senza il minimo filtro censorio smembramenti e massacri di ragazzini che hanno meno di 12 anni: e proprio la giovane età delle vittime rende ancora più disturbante la storia.
Il contrasto tra le atmosfere apparentemente infantili e la brutalità degli eventi non è nulla di nuovo sotto il sole, essendo già stato sperimentato (con successo) in anime del calibro di Bokurano, Narutaru e il più recente Puella Magi Madoka Magica; ma la scelta di un’ambientazione particolarmente bucolica quale il paesino di provincia e il tratto di disegno dettagliato e abile del mangaka riescono a dare alla storia una certa freschezza.
Non è oro tutto ciò che luccica
Purtroppo, Tomodachi x Monster non riesce a essere il piccolo capolavoro a cui poteva aspirare.
La lunghezza di tre volumi rende la lettura agile e leggera, ma dà alla trama un andamento frettoloso. Il lettore rischia di arrivare alla fine della storia con una sgradevole sensazione di amaro in bocca per le occasioni narrative sprecate, i tanti elementi non approfonditi e persino per il finale, che dopo la battaglia finale riserva il tipico cliffhanger da film horror.
I personaggi sono appena abbozzati, per lo più seguendo gli stereotipi e i luoghi comuni dei manga per ragazzi, e nemmeno Wataru brilla particolarmente per profondità. Si può dire che siano costruiti per essere funzionali alla storia che si intende raccontare e nulla di più: persino i rapporti interpersonali che si creano tra di loro servono principalmente come motore per gli scontri.
E veniamo proprio agli scontri. Splatter al punto giusto, adrenalinici e violenti, resi ancora più coinvolgenti dal fatto che qui i ragazzini non si limitano a dare ordini ai loro mostriciattoli ma sono coinvolti fisicamente e possono rimanere feriti, addirittura uccisi. L’unico neo risiede nel fatto che a un certo punto viene tirato fuori il principio dell’evoluzione dei mostriciattoli, ma per esigenze di trama e soprattutto di tempo è limitato a Peke e a Den.
Questi difetti ovviamente non cancellano i punti di forza del manga, che oltre al già citato splatter può vantare una buona dose di colpi di scena verso la fine.