I popoli primitivi, così lontani da noi sia nel tempo che nello spazio, da sempre hanno esercito su noi europei un certo fascino. Le ragioni di questo fascino vengono indagate nell’opera Noi, i Selk’nam edita da Edicola Ediciones, una graphic novel per certi versi atipica che pone al centro dell’attenzione la tribù dei Selk’nam, una popolazione indigena della Patagonia.
L’obbiettivo di Carlos Reyes e Rodrigo Elqueta, autori dell’opera, è quello di fare luce su una delle pagine di storia più oscure non solo del Sud America ma anche del mondo intero: lo sterminio dei Selk’nam e l’oppressione dei nativi americani.
Noi, I Selk’nam: trama e struttura
Cercare di definire o di racchiudere in un genere specifico questo lavoro di Reyes ed Elqueta è di per sé un’impresa ardua e, forse, anche controproducente. Si tratta, infatti, di un’opera dichiaratamente metaletteraria. Le prime tavole ci presentano gli stessi autori riunitosi per discutere di un progetto riguardante la storia di una giovane coppia che si trasferisce nella Terra del Fuoco, regione di nascita della tribù Selk’nam. Ma chi sono davvero questi Selk’nam? Qual è la loro storia?
La vicenda a fumetti, trattata marginalmente, diventa il pretesto per mettere sulla carta tutti i retroscena che hanno portato alla realizzazione di questo volume. La stragrande maggioranza delle tavole, infatti, è occupata dagli stessi autori che intervistano scrittori, antropologi, filosofi, giornalisti ma anche artisti, gente comune e persino discendenti di gruppi indigeni del sud America. Dalla loro viva voce apprendiamo ogni aspetto di questa tribù: dalla cultura ricca, variegata e complessa fino ai momenti più oscuri e terribili della loro storia.
Storia che inizia nel 1519 quando Magellano approda nella Terra del Fuoco ma che, in verità, ha radici ben più profonde. La tribù dei Selk’nam, infatti, è una delle più antiche ed evolute della Patagonia: una società matriarcale poi mutata in patriarcale, senza capi ma con un’elaboratissima concezione cosmologica che andava ben al di là della religione politeista di altre tribù indigene. Eppure Magellano e i suoi parlano di questa terra come una regione inospitale e invivibile abitata da bestie feroci, Giganti alti più di tre metri, violenti e selvaggi.
Nulla di questo corrispondeva al vero, ovviamente. Faceva parte di quel mondo esotico ed incomprensibile che gli europei dell’epoca non riuscivano a comprendere e, di conseguenza, a spiegare. Il “mito dei Patagoni”, dunque, è perdurato nei secoli e ancora nell’Ottocento Darwin descriveva i Selk’nam come «gli esseri più miserabili della faccia della terra».
Dalla viva voce di studiosi e scrittori cileni apprendiamo di come lo sterminio dei Selk’nam sia stato lento e graduale. Il primo colpo fu sferrato dai cercatori d’oro che a partire da metà Ottocento arrivarono nella Terra del Fuoco e cominciarono a scacciare gli indigeni per appropriarsi delle loro terre. Centinaia di Selk’nam furono braccati e uccisi e alcuni coloni li trasportarono addirittura in Europa per metterli in mostra come animali da circo. Per tentare di “salvarli”, infine, le missioni cristiane di tutto il mondo finirono per sferrare loro il colpo di grazia, imponendo abitudini e stili di vita che, invece di aiutarli, finirono per ucciderli.
Ma la loro cultura, e la loro identità è tutt’altro che scomparsa, come alcuni ritengono. Tra le ultime tavole compaiono anche diversi musicisti, ballerini, artisti che si ispirano ai Selk’nam per le loro opere, tenendone viva la memoria, la cultura e l’identità. In questa direzione procedono anche gli sforzi dei discendenti di quel popolo che continuano, ancora oggi, ad impegnarsi perché il loro genocidio e i loro responsabili non vengano dimenticati.
Analisi dell’opera
Noi, i Selk’nam è un’opera certamente impegnativa che parte da ottime premesse tematiche. Carlos Reyes e Rodrigo Elqueta, del resto, non sono nuovi a questo tipo di approccio. Già con Gli anni di Allende i due autori avevano affrontato in una graphic novel uno degli episodi più cruciali della storia del sud America. Con questo volume si spingono persino oltre la fiction storica, proponendo una sorta di “saggio a fumetti”.
La parte “saggista”, però, prevale nettamente rispetto alla parte più genuinamente “fumettistica” e narrativa che fa, invece, da cornice. La scelta è esplicitamente motivata dagli autori con l’intento di non voler “nascondere” le verità storiche sotto il velo della finzione letteraria ma mostrare al lettore, quasi fossimo in un documentario animato, chi erano i Selk’nam e qual è stata la loro tragica storia.
Il risultato non è, tuttavia, dei più convincenti: la narrazione risulta, infatti, confusa e caotica affollata di interviste, incontri con studiosi d’ogni tipo a cui si alternano repentinamente ricostruzioni di miti, leggende e storie popolari. Si susseguono personaggi, nomi e citazioni che rendono la lettura lenta, poco chiara e farraginosa, complice anche l’assenza di un filo conduttore più solido che tenga unito il tutto.
Anche lo stile grafico mantiene questa frammentazione. Rodrigo Elqueta, l’illustratore, ha scelto, infatti di adottare uno stile estremamente realistico per le scene che lo vedono protagonista assieme a Carlos Reyes. Qui il tratto è marcato, scuro, lo stile quasi da ritrattista, con pochi dettagli aggiuntivi e il bianco e nero che contribuisce a creare un’atmosfera di sospensione. Nella parte “fumettistica”, invece, i disegni si avvicinano più a quelli di un fumetto vero e proprio, con contorni meno marcati e indefiniti e un tratto più sporco e libero, quasi da bozza. Tutto questo contribuisce certamente a rendere l’intero progetto più credibile dal punto di vista ideologico ma per il lettore, probabilmente, l’assenza di uniformità anche grafica rappresenta ancora una volta una sfida non indifferente per la lettura.
Il punto di forza rimane comunque uno: i Selk’nam. La loro cultura e religione risulta estremamente affascinante e la loro storia intensa e a tratti anche commovente, soprattutto nelle pagine finali in cui ci si concentra sul genocidio di queste tribù. In quest’ultima parte, infatti, si recupera una certa uniformità, anche grafica oltre che tematica, ed è probabilmente per questo la parte più scorrevole: il lettore non potrà fare a meno di empatizzare con questa tribù, sterminata dall’assurdità umana eppure ancora viva nello spirito. La loro cultura, i loro segreti e la loro storia continuano a vivere nel tempo grazie, non tanto al fascino e alla curiosità che aleggia intorno a loro, ma alla loro forza e alle emozioni che ancora oggi riescono a trasmettere.