La nostrana Shockdom ha di recente portato nel nostro Paese l’opera autoconclusiva Piccioni, lumache e tartarughe, creazione della giovane mangaka Ozaki Ayako, classe 1997.
Più che di un lavoro singolo, si tratta nei fatti di una raccolta delle storie finora pubblicate dall’autrice, le quali dietro tratti spensierati e situazioni apparentemente leggere nascondono una vena di malinconia e lasciano il lettore ad una riflessione. Un’intenzione notevole e lodevole ma che, qualora chi legge non dovesse conoscere il retroterra creativo dietro l’opera, farebbe fatica a cogliere.
Una serie di storie agrodolci su Piccioni, Lumache e Tartarughe
Le specie animali che danno il titolo all’opera compaiono e fanno da sfondo (sebbene in maniera convenzionale o poco comunque ortodossa) alle varie storie che compongono questa raccolta per l’estero (pare che anche le edizioni di Piccioni, lumache e tartarughe dei nostri cugini francesi e spagnoli seguiranno la nostra stessa linea).
Sono in tutto nove racconti a fumetti di durata variabile, ciascuno incentrato su vizi e virtù tipicamente giovanili ma senza il minimo intento didattico o moralistico, per concentrarsi di più sulle emozioni nude e crude.
Il volume si apre con Il pomodoro, 10 pagine, un racconto piuttosto breve dai risvolti umoristici che tuttavia fa riflettere sulla futilità di alcuni conflitti interpersonali.
Segue Il fiocco verde, forse la più malinconica tra le storie presentate. Totalmente muta se non per un estemporaneo “Tutto a posto!” esclamato a metà racconto da una delle due piccole protagoniste, è una metafora visuale e introspettiva della crescita e dell’abbandono delle fantasie infantili e giovanili.
Il porro, anch’essa di poche parole, riflette invece sulla timidezza e sulla capacità quasi automatica di ritrovare la fiducia in sé davanti alle difficoltà grazie anche alle piccole cose.
La ragazza corvo, la cui protagonista fa anche da volto per questa pubblicazione e la cui estetica è un evidente omaggio alla Kiki di Miyazaki Hayao, che tra le creazioni del maestro giapponese è il personaggio che meglio simboleggia il ‘farsi donna‘, è il più breve racconto presentato. Le poche tavole che lo compongono mostrano come un aiuto possa giungere quando meno ce lo aspettiamo e nel modo più inimmaginabile persino da una persona sconosciuta.
Alla storia più breve segue quella più lunga: La tartaruga che vola nello spazio. Oltre ad essere la più lunga, è anche quella dalla trama più chiara e definita: una gigantesca astronave a forma di tartaruga (il primo dei tre animali eponimi dell’opera) è prossima a partire verso una nuova stella onde espandere la civiltà umana su altri mondi.
Il piccolo Shota è figlio di uno degli astronauti prossimi alla partenza, e mal sopporta l’idea di separarsi dal padre, già piuttosto assente a causa del suo lavoro. Presto Shota scopre che la sua è in realtà una situazione comune ad altri suoi coetanei, i quali hanno in mente un piano per farsi che la missione non abbia luogo.
Il paese delle bancarelle si apre con una semplice frase che da sola racchiude il senso del racconto: “Il paesaggio davanti a noi cambia aspetto una volta diventati adulti“, metafora abbastanza chiara di come determinate sensazioni, prima tra tutte lo stupore, si provino più facilmente durante l’infanzia, mentre una volta raggiunta l’età adulta diviene sempre più difficile estasiarsi davanti ad un fenomeno di sorta.
Le lettere del piccione viaggiatore, terzultimo racconto ma secondo eponimo di questa raccolta, affronta il tema della solitudine e dell’illusorietà della tranquillità quotidiana.
Arriviamo così alle lumache con Il paese dei gusci di lumaca, ambientato in un luogo ove raggiunti i dieci anni di età si ottiene una casa mobile detta ‘guscio‘, che cresce al pari di chi vi abita. La storia raccontata è quella di un ragazzo che ha perduto il proprio guscio, metafora anche in questo caso di una stabilità che tuttavia finisce quasi sempre per limitare gli orizzonti di chi la trova troppo presto.
A chiudere Piccioni, lumache e tartarughe è Oggi si mangia oden! Si tratta di una riflessione breve e diretta sulla felicità da ricercare nelle piccole cose e sul piacere da trovare nella condivisione.
Un’opera (non) per tutti
La semplicità del tratto di Ozaki Ayako unita ai personaggi tendenzialmente di età infantile rendono Piccioni, lumache e tartarughe appetibile anche ad un pubblico non adulto. In questo senso la verve dei vari racconti può essere paragonata a quella del Tezuka Osamu delle origini, quando nel suo La nuova isola del tesoro abbandonava repentinamente la dimensione avventurosa per abbracciare quella della dura realtà senza riserve.
Ozaki Ayako sembra applicare proprio questo ‘ritorno alla realtà‘, ma in varie modalità e senza mai scadere nella ripetitività, rischio che considerando la natura non unitaria delle varie storie si sarebbe potuto facilmente correre.
Un difetto di cui bisogna dare atto è l’eccessiva cripticità di alcuni passaggi, i quali obbligano chi legge a soffermarsi troppo sulle singole vignette, rischiando di perdere il quadro d’insieme e quindi di cogliere il punto focale dei vari racconti, ossia le riflessioni che essi propongono.
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