Di scenari apocalittici se son visti tanti.
Ma avresti mai pensato che la fine del mondo potesse verificarsi… in Salento?
Eppure è proprio ciò che accade in Nella perfida terra di Dio, un western apocalittico dalle tinte dark targato Sergio Bonelli Editore, scritto da Omar di Monopoli, sceneggiato da Maurizio Colombo e con i disegni di Giuseppe Baiguera.
Il volume, uscito nel dicembre 2022, si presenta come un cartonato del formato 22×30 cm con le tavole in bianco e nero. È disponibile all’acquisto presso le fumetterie e lo shop digitale del sito dell’editore.
Prima di passare alla recensione di questo volume non dimenticare di dare un’occhiata alle numerose altre recensioni presenti sul nostro sito, tra cui:
Nella perfida terra di Dio, la trama
Ci troviamo in un Salento post apocalittico dove la terra è ormai arida e malata e la Morte sembra una presenza fin troppo familiare. La malavita sembra aver preso ormai il comando della regione. Fra traffici illeciti, estorsioni e bische clandestine la vita a Rocca Bardata è ormai ridotta ad un’arena in cui vince chi azzanna e morde per primo.
Ne sa qualcosa Tore della Cucchiara che assieme all’amico Carminicchio ha saputo scalare le gerarchie malavitose fino a raggiungerne i vertici. La situazione, però, cambia quando Tore sposa Antonia, figlia di un santone del luogo e mette su famiglia. Di punto in bianco, infatti, dopo la misteriosa morte della moglie, Tore scompare lasciando dietro di sé i figli Gimmo e Michele e le voci secondo cui sarebbe stato lui stesso ad uccidere sua moglie.
Ed è qui che ha inizio la storia. Un giorno Tore ritorna misteriosamente a Rocca Bardata, pochi giorni dopo la morte del suocero. Il suo arrivo semina il caos nell’intero paesino costringendo i “pezzi gruessi” della città a muoversi: il vecchio amico Carminicchio, con il quale sembra avere un conto in sospeso e l’oscura e autoritaria madre superiora del convento, suor Narcissa che, oltre a tenere in mano le redini della cittadina, sembra nascondere molti più segreti di quel che sembra.
Ma Tore dovrà affrontare non solo i suoi nemici malavitosi ma anche i suoi fantasmi del passato: tra questi, lo spettro della moglie e per finire i suoi figli, ormai cresciuti, che non accettano il ritorno di un padre assente e per di più accusato di aver ucciso la loro madre.
Riuscirà a sconfiggere i suoi demoni interiori e, allo stesso tempo, a svelare i misteri che si nascondono dietro alla cittadina di Rocca Bardata?
Analisi dell’opera
Nella perfida terra di Dio colpisce sin da subito per la sua ambientazione: il Salento.
Non quello ridente e soleggiato che siamo abituati a vedere in tv o nei videoclip di qualche cantante, ma un Salento post-apocalittico: selvaggio, desolato e feroce, spogliato di tutta la sua bellezza.
La storia non si sofferma a spiegare i motivi che hanno ridotto una terra tanto splendida come questa in una landa desolata ma una cosa è chiara: la colpa è dell’uomo.
Ogni tavola è, infatti, un campionario di uomini (e donne) meschini e abbietti, ben rappresentati da un tratto ruvido e sporco che riflette l’atmosfera apocalittica e selvaggia dell’ambientazione. Graficamente quasi tutti i personaggi maschili si assomigliano rendendo, a volte, le tavole un po’ caotiche. Ma se questo può generare un po’ di confusione nel lettore sembra suggerire, per certi versi, che tutti gli esseri umani si assomigliano: violenza, sete di guadagno, potere e ambizioni sfrenate sembrano insite in ognuno di noi, ci avvelenano l’anima fino a tramutarci in mostri.
E questo è indubbiamente il punto di forza di questo graphic novel di cui si evince tutto il suo background letterario (l’opera infatti è un adattamento illustrato dell’omonimo romanzo di Omar di Monopoli). Più che la trama, abbastanza convenzionale e in linea con il genere, ciò che colpisce è la psicologia dei personaggi. Ognuno dei protagonisti principali risulta possedere un fascino magnetico che si ricava da un equilibrio perfetto tra luci e ombre.
Tore è un malavitoso che sembra mosso ormai soltanto dall’odio e dalla vendetta. Ma quell’odio ha radici lontane che scavano in profondità nell’animo di un uomo che ha anche molte fragilità e debolezze. E mentre il racconto evolve lo riscopriamo anche come marito e come padre seppur lui stesso continui a considerarsi soltanto un “malamente”.
Carminicchio, l’amico di una vita, boss che controlla la cittadina con pugno di ferro è, in realtà, soltanto un debole e patetico omuncolo che ha raggiunto i vertici della mafia soltanto grazie allo stesso Tore che gli ha sempre coperto le spalle.
Ed infine c’è suor Narcissa, il personaggio più affascinante della storia. Autoritaria, inflessibile, dotata di quel fervore religioso che solo i fanatici possono vantare. Il suo convento nasconde molti segreti e conferisce all’intero romanzo quelle atmosfere un po’ horror che di certo non guastano. Ma è anche un personaggio ricco di contraddizioni e zone oscure a cui si allude magistralmente grazie ad un dettaglio sublime: seppur sia venerata quasi come una santa, il suo cane si chiama Belial (uno dei nomi del diavolo).
La trama di fondo è relativamente semplice ma il ritmo narrativo è perfetto. L’inizio è lento e tiene l’attenzione del lettore sospesa con diversi interrogativi e domande apparentemente insolubili. Il ritmo si fa via via sempre più serrato e incalzante con diversi colpi di scena disseminati proprio quando la narrazione sembra andare incontro ad un vicolo cieco e senza sbocchi.
Nella perfida terra di Dio, è un’opera dove domina la violenza più cruda ed efferata. Non mancano anche scene particolarmente spinte (seppur raro e abbastanza contenute). Anche il linguaggio, arricchito dalle sfumature dialettali salentine, è spesso forte e brutale. Si tratta, pur sempre, di un fumetto non adatto ai più suscettibili