Poco più di cinquant’anni fa (sì, sto partendo da lontano), l’editore giapponese Koudansha iniziò la pubblicazione di un manga sportivo incentrato sulla boxe. Il suo titolo era Ashita no Joe, tradotto: il domani di Joe. Dal manga di Asao Takamori, presero vita anche due stagioni animate che giunsero sino a noi, in Italia, con il titolo “Rocky Joe“.
Se ti stai chiedendo il perché della premessa, esso è da ricercarsi nella causa stessa che ha generato l’anime di cui tratta questa recensione. Megalo box, infatti, nasce proprio per celebrare il cinquantesimo anniversario dalla prima uscita di Ashita no Joe. Si potrebbe pensare che la mini serie da 13 episodi sia, dunque, solo un pretesto usato da Koudansha per dare sfoggio al proprio palmares. Tuttavia, l’opera di Chikara Sakuma (autore del manga) potrebbe avere molto di più da dire.
La trama
In un mondo futuristico, la società si divide, socialmente e fisicamente, tra coloro che sono in possesso di una cittadinanza e che, quindi, possono vivere e beneficiare della città, e coloro che, al contrario, ne sono sprovvisti e, di conseguenza, vengono relegati nella profonda periferia. Tra questi, gli ultimi, c’è Junk Dog, un pugile di strada che si guadagna da vivere prendendo parte ad incontri di megalo box di bassa lega. La megalo box è un nuovo tipo di boxe basato sull’uso dei gear, ovvero delle strutture meccanico/elettroniche che, aderendo alle braccia dei pugili, ne rendono i colpi più veloci e potenti. Gansaku Nanbu, uomo attempato e ben inserito nelle dinamiche illegali dei sobborghi, gli fa da manager, concordando con lui l’esito degli incontri, truccandoli. Parallelamente, in città, la grande compagnia Shibato, azienda produttrice di gear, sta organizzando il più grande evento di megalo box che si sia mai visto e che radunerà i più forti campioni dello sport fino a decretarne il migliore. Junk Dog, in seguito ad una serie di imprevedibili eventi (molti dei quali dettati dall’illegalità), si ritrova a parteciparvi, partendo dallo scalino più basso e senza indossare, per motivi prettamente economici, un gear, motivo per cui sarà ribattezzato Gearless Joe (“Joe” è il nome che Junk Dog sceglie per sè, evidente omaggio al Joe di cinquant’anni fa).
La trama, ridotta all’osso e ripulita dalle componenti fantascientifiche, altro non è che la solita (ma sempre appassionante) storia di una scalata sportiva. Proprio il veterano Rocky Joe, così come il successivo Makunochi Ippo (Hajime no Ippo), furono protagonisti dello stesso percorso di crescita sul ring dei guantoni. I punti in comune tra Megalo box ed i suoi predecessori sono innumerevoli. Oltre allo svolgimento della trama già enunciato, la cui ossatura è comune a tutte e tre le produzioni, un altro punto di convergenza è, senz’altro, lo status sociale dei protagonisti, tutti provenienti dalle difficoltà dovute alla sostanzale povertà. Inoltre, aspetto comune ed immancabile è il sano rapporto di rivalità del protagonista con un suo omologo: in questo caso, Yuri.
I personaggi
Se Joe “incarna” (forse “incartona” sarebbe più appropriato) il profilo perfetto del protagonista di una storia sportiva del genere, in linea con i personaggi che hanno caratterizzato il filone, i caratteri che ruotano intorno a lui sono certamente più complessi rispetto a quelli visti in passato. Gansaku Nanbu, suo allenatore e manager, ad esempio, è tutt’altro che una figura paterna. Le sue azioni sono dettate, principalmente, dalla prospettiva del profitto. Sachio, un ragazzino di strada che si aggiunge alla squadra, non è il tipico ragazzino/supporter del protagonista. Anch’egli nasconde qualcosa in più, un passato che lo afferra, trattenendolo.
Nonostante il ristretto numero di episodi, Megalo box, proprio grazie alle caratteristiche elencate sinora, riesce comunque a creare quell’empatia, nei confronti dei personaggi che popolano la scena animata, che finisce per rendere lo spettatore un tutt’uno con ciò che vede e sente, piangendo e gioendo di conseguenza.
Il tema del “domani”
Il “domani”, concetto contrapposto a quello di presente inteso come “ciò che siamo e che tutto, intorno a noi, ci impone di essere” è il fil-rouge della narrazione. Le domande, sottintese per tutta la durata dell’anime, sono:
Posso diventare qualcun’altro?
Posso uscire da questa gabbia sociale?
Posso avere delle ambizioni che vadano al di là di ciò che mi viene imposto come “alla mia portata”?
Ecco, anche questo tema è in linea con produzioni omologhe del passato. Tuttavia, in questo caso, quelle domande sembrano essere urlate ancora più forte e, soprattutto, le loro risposte chiedono un prezzo, a volte troppo caro, da pagare. Infine, la tematica del “domani” sembra strizzare l’occhio proprio al manga Ashita no Joe (“ashita”, in giapponese, significa proprio “domani”), in segno di tributo.
L’aspetto estetico
Anche nella forma, oltre che nei contenuti, Megalo box si rifà allo stile degli anime di una volta, in particolare ad Ashita no Joe. Il 3D, seppur presente, è ridotto veramente al minimo e cede il passo al classico 2D, caratterizzato da contorni irregolari e non compatti, come se fossero realizzati a matita. Ugualmente, i colori tendono prevalentemente allo sbiadito, dando un tocco di “vintage” in una storia che resta, comunque, di fantascienza.
Le musiche
Menzione speciale merita il comparto sonoro della produzione, con particolare riferimento alle musiche. Le composizioni che accompagnano le scene sono la traduzione sonora di ciò che è stato realizzato nel comparto visivo. La musica, prevalentemente elettronica, sembra anch’essa voler ricreare le atmosfere di un tempo, in una fusione di generi tale da creare qualcosa di completamente inedito. Inoltre, Megalo box è impreziosito dalle composizioni originali dell’artista hip-hop Mabanua, composizioni deacusmatizzate, ossia inserite nelle scene in modo che la fonte stessa della musica sia visibile (è, quindi, cantata da un personaggio sulla scena e non inserita come colonna sonora di fondo).
Conclusioni
Ingredienti noti ed ingredienti inediti formano un impasto unico e compatto. Ogni ingranaggio (gear) è inserito al punto giusto rendendo Megalo box il miglior tributo che il vecchio Rocky Joe, a distanza di mezzo secolo, potesse avere. Bisogna, tuttavia, considerare l’opera anche indipendentemente dal tributo al passato dal momento che, appurata la qualità, è un opera che riesce ad inserirsi di prepotenza tra i must watch di sempre.