Quest’oggi andiamo a recensire il film animato denominato La leggenda di Zorro, opera che si prefigge il compito di riassumere in un unico lungometraggio i 52 episodi della serie anime Zorro (Kaiketsu Zoro), trasmessa in Italia nel 1994.
Il Giappone poté visionare tale progetto solamente due anni più tardi anche se si trattava di una produzione della nipponica Ashi Productions coadiuvata dalla Toho Company Ltd., con alla regia il noto Katsumi Minoguchi (Rockman Hoshi ni Negai o, Boku wa Kono Mama Kaeranai).
La leggenda di Zorro è una co-produzione Giappone-Italia-Svizzera in cui furono coinvolte la nostrana Mondo TV e la Royal Pictures Company.
Oggi viene analizzato un cosiddetto film di montaggio che dovrebbe catturare l’attenzione dei più giovani andando a narrare le avventure del giustiziere mascherato portatore di pace tra la povera popolazione della California, nel finire del diciottesimo secolo.
Per comprendere quanto liberamente gli autori hanno preso spunto dal romanzo La maledizione di Capistrano di Johnston McCulley, basti ascoltare la sigla italiana scritta da Carmelo “Ninni” Carucci e da Alessandra Valeri Manera, interpretata da Cristina D’Avena.
La Trama di La leggenda di Zorro
Don Diego de la Vega ritorna nella propria terra natale, la California Spagnola della fine del diciottesimo secolo, dopo un periodo dedicato allo studio trascorso nella ricca Spagna. Qui la situazione è delle più disperate, la popolazione soffre la fame mentre viene soggiogata dall’esercito Spagnolo, con a capo il comandante Raimundo e il fidato tenente Gabriel. Il pigro e incapace Diego viene accolto dalla sua promessa sposa Lolita e da un energico ragazzino di nome Bernardo che fin da subito ne disdegnano la compagnia, disgustati dal comportamento da damerino tenuto dal giovane Don. Il suo arrivo coincide però con la comparsa di Zorro, uno spadaccino mascherato dalle incredibili abilità pronto a tutto pur di sovvertire le ingiustizie che lo circondano.
Analisi dell’opera
Difronte allo spettatore si staglia un’accozzaglia di eventi senza capo né coda, un tentativo di riassumere gli eventi principali di una serie bella lunga presentando una trama talmente incoerente da risultare complicata.
All’inizio del lungometraggio conosciamo il nostro Don Diego de la Vega e i comprimari ricorrenti quali Bernardo, Lolita e il sergente Garçia, lontanissimi dalla comune concezione e senza le caratteristiche peculiari che tutti conosciamo.
Zorro porta avanti la propria missione sociale proteggendo la gente seviziata dall’esercito spagnolo, ma i modi che utilizza risultano veramente scontati così come lo sono le situazioni in cui viene coinvolto.
La trama si divide in sotto capitoli che non si legano l’un con l’altro, si parte dal salvataggio di un rivoluzionario e famiglia, per poi ritrovarsi inseriti improvvisamente nella risoluzione di un mistero legato ad un furto di gioielli, trovando poi una conclusione composta da una situazione che coinvolge i ricchi possidenti di terreni, il governatore della California e un medico accusato di idoneità al lavoro.
Il comparto tecnico lascia veramente a desiderare, anche per l’epoca, considerato che le animazioni sono lente e macchinose con frame ripetuti fino allo stremo, al fine di allungare le scene che dovrebbero collegare le varie vicende.
I disegni rispecchiano la semplicità tipica di produzioni come Il libro della giungla (Nippon Animation, 1989), Robin Hood (Tatsunoko, 1990) e Cristoforo Colombo (Nippon Animation, 1992), con volti umani senza nessun tipo di espressioni facciali.
Il doppiaggio diventa sopportabile solo nei momenti dove sono riconoscibili le medesime voci che ci hanno accompagnato nell’epopea Dragon Ball, se poi ci si sofferma sui dialoghi aulici che l’eroe recita prima di sconfiggere i nemici è possibile sorridere confrontando e ricordando il motto del Team Rocket.
Il film non riesce ad aggiungere nulla alla leggenda del giustiziere furbo come una volpe, deve rimanere relegato in una cantina virtuale assieme a tutta una serie di produzioni che servivano per riempire i palinsesti e vendere VHS, cavalcando storie impresse nella mente dei bambini da progetti dal grado qualitativo molto più alto.