Bentornati al quinto appuntamento settimanale dedicato allo Studio Ghibli con protagonista La città incantata, ottavo film di animazione di Hayao Miyazaki realizzato nel 2001 e vincitrice del premio Oscar come miglior film di animazione nel 2003:
LA TRAMA
La trama racconta la straordinaria avventura vissuta da Chihiro Ogino, una bambina di dieci anni che sta traslocando insieme alla sua famiglia. Triste e visibilmente contrariata per quel cambio di vita, Chihiro trascorre l’intero viaggio in auto chiusa nella tristezza più totale. Depressa per aver lasciato i suoi amici e luoghi d’infanzia, la bambina odia per principio la nuova città anche se l’ha vista per pochi minuti dal finestrino dell’auto.
Arrivati quasi a destinazione il padre sbaglia strada percorrendo un viale sterrato costeggiato da kami in disuso, casette di pietra votive, giungendo a un vicolo cieco: un muro rosso con un ingresso pedonale lo costringe a fermarsi e scendere dall’auto. I coniugi Ogino decidono così di esplorare quel caseggiato abbandonato e, nonostante Chihiro mostri il suo disappunto, percorrono il buio corridoio sbucando dalla parte opposta. Una vasta distesa verde si staglia a vista d’occhio mentre vecchie costruzioni consumate dal tempo spinge il padre a esplorare ulteriormente quello che sembra un luna park degli anni novanta dismesso.
Durante la gita improvvisata, un delizioso profumo attira i due adulti che, alla vista di un ghiotto e generoso banchetto, decidono di mangiare le pietanze per poi pagarle a pranzo ultimato. Comincia così la straordinaria avventura di Chihiro catapultata in una città abitata da spiriti e mostri, comandati dalla perfida strega Yubaba, che dovrà salvare i genitori da morte certa dato che in seguito a quel lauto pasto si sono trasformati in grassi maiali da macello.
Come sempre, avviso della presenza di spoiler a partire dal prossimo paragrafo.
LA CITTA’ INCANTATA E LA METAFORA DEL CAPITALISMO NIPPONICO
Yubaba è la strega dittatrice che governa la città, popolata da mostri operai impiegati per la gestione dei bagni pubblici, e da mostri visitatori (i gentili ospiti) che pagano i servizi con laute mance.
Chihiro, aiutata da un ragazzo chiamato Haku, implora Yubaba ad assumerla e lavorare al suo servizio. L’insolita richiesta è dettata dal puro spirito di sopravvivenza: gli esseri umani vengono tramutati in maiali pronti ad essere divorati dai mostri e l’unica via di scampo è un contratto di lavoro. Durante la stipula di tale contratto, Yubaba modifica il nome della bambina da Chihiro a Sen.
La privazione del proprio nome indica la cancellazione dell’identità dell’individuo. Sen simboleggia il numero di matricola dell’operaio che lavora non per un proprio profitto, ma per quello del padrone, in questo caso della strega.
«Se te lo dimentichi completamente, non tornerai mai più a casa. Io ho fatto di tutto per ricordare il mio.»
L’arduo compito di Chihiro è di ricordare la sua identità altrimenti diventerà proprietà di Yubaba ovvero del sistema. In Giappone, gli individui studiano e si impegnano per migliorare non per un’aspirazione personale, ma per il paese. In diversi anime o drama orientali assistiamo a scene quotidiane dove i personaggi si adoperano per essere sempre i primi in classifica a scuola o sul posto di lavoro.
In un drama giapponese, uno dei due protagonisti era indeciso sul proprio futuro. Non sapeva se iscriversi all’università o meno e la sua compagna lo sgrida:
«Non vuoi contribuire allo sviluppo del tuo paese?» La crescita professionale dell’individuo appartiene al sistema. Il giapponese si laurea, lavora, si sposa e fa figli entro centri parametri non per scelta personale, ma per la società. Spesso sui quotidiani leggiamo notizie relative al suicidio di impiegati e studenti che, a causa del forte stress lavorativo, scelgono la morte perché si sentono ormai fuori dalla società.
La figura del dipendente del mese, l’istituzione degli obiettivi da raggiungere entro un determinato tempo sono fonte di enorme stress: se un eccellente impiegato commette un singolo errore, il suo curriculum sarà irrimediabilmente macchiato. Come cittadina italiana, un simile sistema è inaccettabile e palesemente disumano, ma se osserviamo il tutto con occhi orientali vediamo che questo stile di vita rientra nella normalità.
LA DITTATURA DI YUBABA: CORRUZZIONE DEL MONDO DEGLI ADULTI
La città è in realtà un enorme bagno pubblico abitato da operai schiavi. Yubaba, ai vertici di questo mondo immaginario, è avida. Sprona i suoi dipendenti a soddisfare ogni vizio dei gentili ospiti, fonte di enorme guadagno.
I mostri, così come la stessa strega, sono anch’essi avidi di oro. Viziano e servono in tutto e per tutto i clienti anche a costo di calpestare i propri colleghi. Questo passaggio lo si vede durante la sequenza tra Chihiro e Lin intente a lavare la vasca più grande di tutto lo stabile. Incrostato e praticamente impossibile da lavare con una semplice spugna, si vedono costrette a chiedere ad un loro collega il permesso di utilizzare l’acqua medicata, potente liquido modificato utile a scrostare la vasca.
Il mostro addetto alle autorizzazioni le nega l’utilizzo per puro dispetto, consapevole che quel divieto sarebbe costato non solo il posto di lavoro della bambina, ma anche la stessa vita. Grazie all’intervento di quello che scopriremo essere un Senza-Volto, Chihiro ottiene il ticket che le consente di utilizzare l’acqua medicata. In seguito a questo episodio, la bambina riesce a pulire per tempo il locale dato che poco dopo si presenta un Dio Putrido, un cliente scomodo che nessuno vuole assistere.
Durante il bagno, il mostro fangoso chiede aiuto alla piccola per rimuovere una grande spina conficcata nel fianco. Chihiro, accortasi della sofferenza della creatura, decide di aiutarlo e con grande sorpresa tira fuori dalla massa fangosa una vastità di rifiuti. Vecchie biciclette, pneumatici, canne da pesca e altri materiali abbandonano quel corpo mostrando così la vera natura del cliente: lo spirito di un fiume. Come segno di ringraziamento per il gentile aiuto, la divinità dona a Chihiro una polpetta amara, una potente panacea purificatrice.
Questo passaggio è la metafora della corruzione umana ai danni della natura. In ogni parte del mondo milioni di rifiuti vengono versati nelle acque danneggiando l’ambiente e l’immagine di una persona pura e ingenua come Chihiro, non ancora adulta, che contribuisce al riparare agli errori dei grandi mostra una speranza per il futuro.
La metafora dello spirito Senza-Volto
Una massa nera evanescente e una maschera bianca con un viso inespressivo, il Senza-Volto è un essere che entra nei bagni pubblici grazie a Chihiro, che lo scambia per un gentile ospite.
Spinto da un gesto di pura cortesia, Senza-Volto si attacca morbosamente alla bambina, inseguendola come un’ombra. Ricambia la cortesia con piccoli favori come l’aiuto per ottenere l’acqua medicata e sembra non capire il perché Chihiro non sia interessata all’oro, a differenza degli altri operai.
L’entità si installa così all’interno dei bagni. Il personale, attirato dalla sua capacità di produrre oro dal nulla, esaudisce ogni richiesta.
Il primo personaggio che incontra è Aogaeru, la ranocchia parlante e controllore degli ingressi in città. Quanto Senza-Volto gli offre delle pepite d’oro, l’animale si mostra gentile, ma tale gesto sarà per lui letale dato che verrà divorato dall’insolito ospite. Durante il corso della storia, Senza-Volto continua a richiedere cibo in quantità smisurata, ma a Yubaba e il restante personale non importa. Più cibo divora più oro guadagnano.
Il corpo dell’essere muta diventando sempre più grosso e, rispetto a prima, comincerà a parlare con la medesima voce della sua prima vittima. Affamato ed esigente, Senza-Volto ingurgita qualsiasi oggetto commestibile fino ad arrivare a divorare alcuni membri del personale e, non contento, insiste nel voler incontrare Chihiro.
Rivista la bambina, vuole farle un regalo e le offre sempre più oro, che lei rifiuta. Vuole ricambiare la gentilezza ricevuta, ma non può darle l’unica cosa di cui ha realmente bisogno ovvero la salvezza dei propri genitori.
Vedendolo in difficoltà, Chihiro offre a Senza-Volto la polpetta amara ricevuta dal Dio del fiume, gesto che purificherà lo spettro facendolo tornare all’aspetto originale. La figura di Senza-Volto non è la rappresentazione di una divinità appartenente a qualche cultura, ma è la personificazione del Giappone. Lo spettro, inizialmente puro, modifica il proprio corpo in base agli esseri viventi ingurgitati. Più la vittima è corrotta più aumenta l’appetito. Lo stato è la popolazione stessa e il benessere del paese dipende dall’azione dei politici e dei cittadini.
Un popolo corrotto che si cura solo del proprio interesse crea una nazione malata. Yubaba è una dittatrice, incita la sua classe operaia a ingozzare di cibo Senza-Volto in cambio di ricchezze, ma più pietanze fagocita e più il gentile ospite peggiora diventando instabile e difficile da governare. Chihiro è estranea a questo sistema, non ha interessi monetari e pensa solo e unicamente al bene del prossimo tanto che sacrifica l’unico oggetto utile per salvare i propri genitori in favore di Senza-Volto.
Qual’è la morale di questo capolavoro di Miyazaki?
Rispetto ad altre pellicole, ne La città incantata non esiste una lotta del bene contro il male. Chihiro non veste i panni dell’eroe che deve salvare una popolazione dalla tirannia di Yubaba.
Lei è capitata lì per puro caso, i suoi genitori si sono infiltrati in un territorio senza invito e hanno mangiato il cibo preparato per i gentili ospiti e per questo sono stati trasformati in maiali per punizione. Chihiro vuole solo salvare la propria famiglia e tornare a casa sana e salva, ma incontra Haku, un suo coetaneo che le infonde fiducia. Per lui prova amicizia, forse amore e grazie a lui riesce a salvare i suoi genitori e tornare nel mondo degli umani.
Nell’ultimo atto del film, vediamo che Yubaba mantiene la parola data a Chihiro:
“Le regole devono essere rispettate altrimenti il sistema non funziona”
Sembra il monito finale della strega. L’equilibrio tra bene e male, tra la rigidità adulta e la spensieratezza del fanciullo. Le teorie riguardo la morale del film sono molteplici: c’è chi afferma che il mondo antico (la città di Yubaba) non accetta l’avvento della modernità (il mondo degli esseri umani), ma che cercano di coesistere pacificamente insieme. Altre versioni parlano di una denuncia sociale contro il sistema rigido di vita nipponico che, influenzato forse da altre culture, si ribella e cerca un cambiamento.
Personalmente credo che la città incantata sia una rappresentazione della vita di Miyazaki. In diverse interviste rilasciate dal regista, ha più volte affermato di aver inserito nella pellicola diverse sue esperienze. Da ragazzino fu testimone della pulizia di un fiume e vide la mole di rifiuti recuperati dalle acque, esperienza raffigurata dal bagno del dio putrido. La strada dei ristoranti della città, luogo dove i genitori di Chihiro si sono trasformati in maiali, è invece ispirata a Jiufen, una città taiwanese visitata dal maestro.
«Ho creato un’eroina che è una bambina ordinaria, una con cui il pubblico possa identificarsi. Non è una storia in cui i personaggi crescono, ma una storia in cui attingono a qualcosa che è già dentro di loro, tirato fuori dalle particolari circostanze. Voglio che le mie giovani amiche vivano in questo modo, e credo che loro stesse abbiano questo desiderio.»
-Miyazaki-
Che sia una storia autobiografica o una denuncia sociale, La città incantata è un capolavoro da visionare più volte e in diverse fasi della vita. I bambini colgono la favola della bambina che vuole salvare i genitori, gli adolescenti invece vedono la storia d’amore platonico tra Chihiro e Haku, gli adulti notano la purezza del mondo infantile in netto contrasto con la nera realtà dei grandi.
Con questo si chiude l’analisi di questo meraviglioso film.