Killing Bites è l’adattamento in 12 episodi della prima parte del manga omonimo, sceneggiato da Shinya Murata e disegnato da Kazuasa Sumita. Il manga è stato pubblicato dal 2013 al 2020 sulla rivista Monthly’s Hero per poi spostarsi su Comiplex. L’anime, invece, risale al 2018.
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Killing Bites: la trama
Yūya Nomoto è uno studente universitario come tanti, ma ha sfortuna di frequentare cattive compagnie. Una sera, gli amici con cui esce solitamente decidono di rapire e stuprare una povera ragazza, in apparenza indifesa; peccato che costei, Hitomi Uzaki, tiri fuori degli strani poteri e massacri gli aspiranti violentatori, lasciando in vita solo Nomoto.
Per il ragazzo, si aprono le porte di un mondo che non avrebbe mai immaginato possibile. Uzaki, infatti, è solo una di tanti individui che sono stati sottoposti a esperimenti genetici e ibridati con DNA animale per trasformarli in autentiche macchine da guerra; nello specifico, la ragazza è stata ibridata con il materiale genetico del tasso del miele, un mustelide noto per la sua tenacia e per la capacità di tener testa ad animali molto più grossi di lui.
Hitomi viene costretto a ospitarla e proteggerla, in quanto la ragazza rappresenta una delle quattro principali corporazioni giapponesi, le zaibatsu, che si servono degli ibridi uomo-animale per risolvere le proprie contese. Buona parte dell’anime è quindi occupato dal torneo, in realtà una vera e propria battle royal all’ultimo sangue, in cui i campioni delle zaibatsu devono affrontarsi e uccidersi a vicenda: chi resterà in piedi per ultimo decreterà il successo della propria azienda.
Mazzate e donnine ignude
Inutile girarci intorno: Killing Bites appartiene a quella categoria di manga e di anime incentrati su combattimenti tra ragazze in cui ogni occasione è buona per mostrarle seminude o nelle pose e situazioni più sconce. Si inserisce dunque in una ricca tradizione che va da Ikki Tousen a Hyakka Rouran, da Sekirei a Infinite Stratos, senza dimenticare il capostipite a tratti pornografico, ossia Queen’s Blade.
Tuttavia, bisogna ammettere che gli scontri, al netto delle situazioni da puro fanservice, non sono male: ben coreografati, ben diretti, e soprattutto resi interessanti dalla varietà dei poteri animaleschi portati sulla scena. Non manca nemmeno qualche info zoologica da parte della voce narrante, che cerca di dare un tono “didattico” all’opera svelando curiosità e dettagli su questo o quell’animale col quale questo o quel lottatore è stato ibridato.
Il tono generale dell’anime, inoltre, è decisamente poco lieto. A differenza dei titoli suddetti, che spesso scadono nella commedia più becera, in Killing Bites la narrazione ha una sua dignità e una sua cupezza, il sangue e lo splatter la fanno da padrone, non mancano le morti (e anche abbastanza truculente).
Meno banale di quello che sembra
Un altro pregio di Killing Bites è la mancanza di personaggi davvero buoni. Tolti Nomoto, che è il classico tontolone ventenne, la coniglietta Ui Inaba e il bonaccione Ichinosuke Okajima, il classico personaggio sovrappeso dal cuore d’oro, il resto del cast non è facile da classificare. Persino Uzaki, per quanto sia la co-protagonista, è né più né meno una macchina da guerra omicida e la sua volontà di combattere al servizio della zaibatsu nasce dall’egoistica motivazione di compiacere il proprio creatore (e amato) Reiichi Shidō.
Quest’ultimo, oltre a essere il creatore dei Killing Bites, è anche un individuo chiaramente manipolatore, che sfrutta la cotta di Uzaki per sé per spingerla a compiere le peggiori azioni. E non parliamo dei combattenti delle altre corporazioni, che a volte possono anche tirar fuori un contorto senso dell’onore tutto di stampo yakuza-mafioso, ma di fatto sono assassini, stupratori e criminali.
Si potrebbe cercare di vedere nell’anime anche una critica nei confronti delle zaibatsu, e in generale dei grandi conglomerati aziendali e finanziari che manipolano l’economia e la vita dei cittadini senza che questi se ne rendano conto. Non si tratta di complottismo: questi soggetti detengono effettivamente una grossa fetta di potere e la “paura” dell’incremento della loro autorità è un elemento tipico di tante opere fantascientifico fin dagli albori del cyberpunk. In Killing Bites è tutto trattato molto all’acqua di rose, ma l’immagine dei capi delle zaibatsu che osservano lo spettacolo della battle royal mandando a morte la gente solo per decidere chi di loro dovrà avere i contratti più vantaggiosi è un’immagine molto forte.