Pochi anime sono capaci di creare in egual misura hype e diffidenza da prima della messa in onda: Dragon Ball Super è uno di questi. Del resto, se si tocca un mostro sacro del fumetto e dell’animazione nipponica è inevitabile che ci sia chi esulta al solo annuncio di un seguito ufficiale e chi si aspetta una delusione epocale. E benché l’anime di Super si sia concluso nel 2018 (il manga è tuttora in corso) le polemiche attorno a quest’opera non si sono ancora sopite.
Perché quest’anime è così divisivo e ancora attuale? Cosa è andato storto? In questa recensione si proverà a dare una risposta.
Un po’ di storia
Dragon Ball, il manga più celebre di Akira Toriyama, esordì sulle pagine di Weekly Shōnen Jump il 20 novembre 1984, anche se già nel 1983 il mangaka aveva sondato il terreno con un breve one-shot intitolato Dragon Boy.
Il manga aveva per protagonista Son Goku, un ragazzino che vive da solo tra le montagne finché non viene coinvolto da Bulma nella ricerca delle sette sfere del drago, che se riunite realizzerebbero qualsiasi desiderio. Goku non è un comune essere umano, ma possiede una forza superiore, una strana coda e la capacità di trasformarsi in uno scimmione gigante nelle notti di luna piena: tutti poteri che, si scoprirà più avanti, derivano dalla sua natura aliena, essendo un membro della razza dei Saiyan. Col progredire della storia, Goku si troverà a dover difendere la Terra da nemici sempre più potenti: dall’esercito del Fiocco Rosso al Grande Mago Piccolo e suo “figlio” Piccolo, dai superstiti della razza Saiyan al tiranno galattico Freezer, dagli androidi creati dal dottor Gelo a Majin Bū.
Toriyama veniva già dal successo di Dr. Slump, ma le avventure di Goku e dei suoi amici lo catapultarono davvero nell’Olimpo del fumetto e Dragon Ball, nato come semplice rivisitazione parodica del classico cinese Viaggio in Occidente, divenne addirittura il punto di riferimento per un’intera generazione di mangaka: senza di lui non sarebbero esistiti Yu Yu Hakusho, One Piece, Naruto, Bleach, Hunter x Hunter e Fairy Tail e tanti altri battle shōnen degli ultimi trent’anni.
Il manga di Dragon Ball si concluse nel 1995 e il suo adattamento animato prodotto da Toei nel 1996, ma la gallina dalle uova d’oro era troppo redditizia perché la si abbandonasse così presto: di conseguenza nel 1997 debuttò Dragon Ball GT, una sorta di seguito apocrifo di cui Toriyama supervisionò solo il character design e le ambientazioni. Già questa serie andò incontro a non poche polemiche, per via di varie scelte infelici, e segnò in un certo senso la “morte” del franchise, che continuò quasi esclusivamente sottoforma di videogiochi e special animati.
Nel 2009, però, vide la luce Dragon Ball Kai, una sorta di ri-edizione di Dragon Ball Z epurata dai filler per essere più fedele al manga, mentre nel 2013 fu la volta del film Dragon Ball Z – La battaglia degli dei, che era ambientato dopo la saga di Majin Bū e introduceva un nuovo antagonista, il dio della distruzione Beerus, nonché un nuovo stadio del Super Saiyan, detto Super Saiyan God. Nel 2015 fu la volta di un secondo film, Dragon Ball Z – La resurrezione di F, dedicato al ritorno dello storico antagonista Freezer.
Sembrava che i tempi fossero maturi per un ritorno televisivo, e infatti nello stesso periodo fu annunziata la produzione della serie Dragon Ball Super, che avrebbe adattato gli ultimi due film per poi proseguire con storie inedite. Il 5 luglio 2015 la nuova serie debuttò su Fuji Television, dove avrebbe costituito l’appuntamento fisso della domenica fino al 25 marzo 2018.
La trama di Dragon Ball Super
Sono passati 6 mesi dalla sconfitta di Majin Bū. Senza più nemici all’orizzonte, i guerrieri Z sono tornati ognuno alla propria vita, ma la pace dura poco: Beerus, il temibile dio della distruzione, si risveglia dal suo lungo sonno e una volta scoperta l’esistenza di un potentissimo guerriero sulla Terra decide di affrontarlo.
La saga successiva ha come antagonista Freezer, resuscitato dai suoi fedeli sottoposti con l’ausilio delle sfere del drago. Deciso a vendicarsi per la sconfitta subita contro i Saiyan, il tiranno galattico si allena e raggiunge un livello di potenza enorme, che metterà non poco in difficoltà i guerrieri della Terra.
A questo punto fa la sua entrata in scena Champa, fratello di Beerus, e con esso la rivelazione dell’esistenza di numerosi universi paralleli. I due fratelli dei della distruzione organizzano un torneo in cui mettono in palio le Super Sfere del Drago, una versione ancora più grande e potente delle classiche sfere, e Goku ha modo per la prima volta di confrontarsi con i fortissimi combattenti di un altro universo.
Segue la saga di Black Goku, sicuramente la più cupa e probabilmente anche la più riuscita dell’anime. Nel futuro parallelo di Mirai Trunks, un misterioso combattente con l’aspetto di Goku porta la distruzione e costringe il giovane Saiyan a tornare nel passato, per cercare l’aiuto di Goku e di Vegeta.
La parte finale dell’anime è dedicata al Torneo del Potere, una maestosa competizione organizzata dalla divinità suprema, Zeno, coinvolgendo i combattenti dei vari universi. Qui la squadra composta da Goku, Vegeta, Gohan, Piccolo, Freezer, C-17, il maestro Muten, Crilin, C-18 e Tenshinhan dovrà battersi contro gli avversari più forti mai incrociati, in particolare Jiren; e per sconfiggere quest’ultimo, ancora una volta Goku dovrà imparare a padroneggiare un nuovo potere, l’Ultra Istinto.
Cosa funziona e cosa no
Per analizzare lucidamente Dragon Ball Super bisogna prima di tutto mettere a fuoco i motivi alla base della sua esistenza. Dal punto di vista narrativo Dragon Ball non aveva bisogno di un seguito: la storia di Goku si concludeva perfettamente con l’epilogo pensato da Toriyama nel 1995, mentre GT, per quanto non così brutta come vorrebbero certi suoi detrattori, era una conclusione non canonica. Ragionando in altri termini, però, una nuova serie televisiva era l’unico modo per mantenere vivo il franchise dopo tanti anni di stagnazione. E per resuscitarlo come si deve, era necessario che la serie facesse leva tanto sulla nostalgia dei vecchi fan, quanto sulle nuove generazioni, quelle nate addirittura dopo la messa in onda della serie originale. Bisognava svecchiare il prodotto e nel contempo mantenere fedeli i vecchi spettatori, una sfida non facile.
Una sfida, a ben guardare, solo parzialmente riuscita. Il desiderio di venire incontro agli spettatori più piccoli si è tradotto fin da subito in un umorismo fin troppo infantile, che nulla ha a che fare con la demenzialità di Toriyama. Dragon Ball ha sempre avuto personaggi grotteschi e sketch comici capaci di stemperare persino i momenti più cupi, ma la serie del 2015 approda a una pallida imitazione di quell’umorismo. L’unico episodio realmente riuscito da questo punto di vista è il crossover con Arale, un gioiellino di meta-narrazione che potrebbe davvero definirsi frutto della mano di Toriyama: ma è l’unico caso su 131 episodi, davvero poco.
Il ritmo narrativo è altalenante, passando dalle prime saghe ricche di filler e di tempi morti alla saga di Black Goku che tiene col fiato sospeso per buona parte della sua durata, fino al Torneo del Potere che non brilla particolarmente per originalità o complessità della trama, ma riesce a essere coinvolgente in diversi frangenti. Si ha davvero l’impressione di un ripensamento in corso d’opera, di un cambio di rotta che fortunatamente è andato nella direzione giusta, senza però cancellare completamente i restanti problemi della serie.
Quel che è peggio, Super stravolge brutalmente il percorso evolutivo dei personaggi. Lo si vede soprattutto con Goku: tanto era stata magnifica la sua maturazione interiore in Dragon Ball Z quanto è inguardabile la sua regressione a imbecille nel suo seguito. Sia chiaro, Goku è sempre stato un bambinone, ma sapeva essere anche molto maturo e responsabile quando la situazione lo richiedeva; e per quanto amasse il combattimento, il desiderio di difendere la Terra e i suoi cari aveva sempre la priorità, spingendolo fino all’estremo sacrificio in un paio di casi. In Super, invece, Goku è un idiota ossessionato solo dalla ricerca di avversari sempre più forti e arriva a mettere in pericolo l’intero universo per questo suo desiderio.
Va un po’ meglio a Vegeta: Super si diverte a ridicolizzarlo più e più volte, sia in situazioni che vorrebbero essere comiche ma che di comico hanno ben poco, sia riproponendo il solito schema del principe dei Saiyan che sottovaluta l’avversario di turno, lo affronta spavaldo e rimedia una magra figura. Non mancano momenti che sottolineano l’attaccamento di Vegeta alla famiglia e persino qualche piccola rivincita personale, ma si tratta solo di dettagli che limitano i danni.
Apprezzabile, invece, è il tentativo di riportare al centro della scena vecchie glorie, personaggi che in Dragon Ball Z erano stati messi da parte o comunque marginalizzati: così, Goku e Vegeta vengono affiancati, soprattutto nell’ultima saga, dal vecchio maestro Muten, che non combatteva più da anni, o da Tenshinhan e da Crilin, o ancora da C-17, che era scomparso dopo la saga di Cell. Tutto ciò al netto di qualche forzatura nei livelli di potenza, con i terrestri che riescono a tener testa ad avversari contro cui nello Z avrebbero rimediato una sonora sconfitta. Anche Gohan ha occasione di tornare a brillare, e non si può non citare Freezer, che nel Torneo del Potere diventa addirittura alleato dei suoi ex-nemici. Sicuramente alla base di queste scelte c’è anche la volontà di accontentare i vecchi fan con del sano fanservice, ma visto che ciò dà nuovo lustro a figure troppo presto accantonate da Toriyama si può chiudere un occhio, o anche tutti e due, su questo punto.
Le nuove forme di Super Saiyan non sono particolarmente intriganti, almeno dal punto di vista estetico: il Super Saiyan God ha semplicemente i capelli rossi e ricorda una versione smagrita di Goku col Kaioken, il Super Saiyan Blue li ha appunto blu, e non manca nemmeno un Super Saiyan Rosé coi capelli rosa. Sicuramente fanno rimpiangere il Super Saiyan 4 della serie GT, ben più ispirato. L’Ultra Istinto, invece, pur essendo l’ennesimo power up si basa su un’idea interessante: la capacità di muoversi senza riflettere su ogni singola mossa, lasciando che siano le cellule del corpo a muoversi in autonomia.
Il comparto tecnico
Sul front delle animazioni e di disegni, Toei non si smentisce: soprattutto nella prima parte della serie abbondano i lavori raffazzonati, abbozzati, e in generale il livello qualitativo tende al basso, anche se molti obbrobbri sono stati poi corretti nella versione Blu-ray. Qualcuno ricorderà ancora le polemiche su questo punto e la sfilza di meme e vignette satiriche che popolarono il web all’epoca. Andando avanti fortunatamente la situazione migliora e verso la fine della serie Toei fa lo sforzo di impegnare molte più risorse nelle animazioni, che rendono il Torneo del Potere quantomeno gradevole da vedere e, nonostante varie ingenuità, epico come i migliori frangenti di Dragon Ball Z. La scena in cui Goku sblocca l’Ultra Istinto, complice anche la colonna sonora, regge bene il confronto con la sua prima trasformazione in Super Saiyan.
Le musiche non raggiungono la potenza e l’iconicità della colonna sonora delle vecchie serie, ma mostrano piuttosto una continuità con quelle di Dragon Ball Kai, anche perché molte sono firmate dallo stesso compositore, Norihito Sumitomo. La prima opening Chōzetsu☆Dynamic! è orecchiabile, ma forse troppo spensierata e leggera per un anime in cui i personaggi se le danno di santa ragione e la Terra è sempre in pericolo (lo stesso problema c’era con Dan Dan Kokoro Hikareteru, che però resta un capolavoro); ben più riuscita la seconda sigla d’apertura, Genkai Toppa x Survivor, in cui si respira davvero l’ebbrezza e la voglia di spaccare tutto che l’opening di un anime del genere dovrebbero trasmettere.
Il doppiaggio, infine, vede sia nella versione originale sia in quella italiana il ritorno in blocco dei vecchi cast, a eccezione ovviamente degli attori deceduti o ritiratisi dall’attività: in particolare, in Italia la scomparsa prematura di Paolo Torrisi, la storica voce di Goku adulto, ha portato a sostituirlo con Claudio Moneta, che comunque non ha sfigurato rispetto al suo predecessore.