Il nuovo film di Demon Slayer: Infinity Castle – Parte 1 è visivamente sbalorditivo, come da tradizione Ufotable. Ma ciò che resta davvero impresso nel cuore degli spettatori è la storia di Akaza: un viaggio struggente nell’animo spezzato di un uomo che ha perso tutto.
Nel corso della serie, Demon Slayer ha sempre offerto ai suoi demoni un passato tragico, un volto umano dietro la crudeltà. Ma nel caso di Akaza, la narrazione va oltre ogni aspettativa. La sua è più di una redenzione: è un racconto di amore, fallimento, disperazione e memoria perduta, raccontato con una delicatezza che raramente si trova in uno shonen.
Da villain odiato a figura tragica
Quando Akaza ha ucciso il Pilastro della Fiamma Rengoku nel film Il Treno dell’Infinito, è diventato immediatamente uno dei personaggi più odiati dell’intera serie. Ma con Infinity Castle – Parte 1, scopriamo cosa si nasconde dietro quel pugno che ha trafitto Rengoku: una vita intera di dolore, amore e promesse infrante.

Il suo vero nome era Hakuji, e fin da piccolo ha dovuto lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere e prendersi cura del padre malato. Furti, risse, marchi indelebili sulla pelle: Hakuji viveva ai margini. Ma proprio quando sembrava che potesse cambiare vita grazie al maestro Keizo e alla dolce Koyuki, tutto gli viene portato via ancora una volta.
Un amore che sopravvive anche da demone
Koyuki non era solo l’amore di Hakuji. Era la sua ragione di vita, la promessa di un futuro diverso. Quando viene assassinata insieme al padre, Hakuji perde definitivamente ogni speranza. Massacra da solo un intero dojo rivale in un’esplosione di dolore e rabbia così brutale da far credere che sia stato un demone a compierla. Ed è lì che Muzan lo trova.
Akaza non ha scelto di diventare un demone. Lo ha fatto perché non gli importava più nulla, neanche della propria umanità.
Questa è la vera tragedia: non voleva diventare un mostro, voleva solo mantenere una promessa che il destino gli ha impedito di onorare.
La battaglia finale: un addio degno di un eroe
Durante lo scontro con Tanjiro e Giyu, Akaza dà tutto se stesso. E proprio mentre sembra destinato a uccidere entrambi, qualcosa dentro di lui si spezza. I ricordi di Koyuki e Keizo riaffiorano. Ricorda chi era. Ricorda perché cercava disperatamente la forza: per proteggere l’unica persona che aveva amato.
E in quel momento, decide di porre fine alla propria esistenza.
Utilizza la sua stessa Arte Demoniaca per colpirsi, contrastando la rigenerazione e prendendo volontariamente la propria vita. Non lo fa per espiare, ma per ritrovare la sua umanità, anche solo per un istante. Il vero colpo al cuore? Anche se non può più tornare indietro, Akaza mantiene finalmente la sua promessa — scegliendo di non ferire più nessuno.
Perché Akaza è il demone più tragico di Demon Slayer
Ogni demone in Demon Slayer è vittima di un trauma, di una perdita, di un fallimento. Ma Akaza è diverso. Akaza stava riuscendo a cambiare. Aveva un maestro, un amore, un futuro. Era già “salvo”. E proprio quando pensava di avercela fatta, la vita gliel’ha strappato via.
Non è diventato demone per vendetta, ma per disperazione. E questa disperazione lo ha accompagnato per secoli, facendogli dimenticare chi era e perché lottava.
Solo Tanjiro riesce a riaccendere quella scintilla sepolta sotto secoli di sangue e dolore.
Il messaggio di Demon Slayer è chiaro: il male nasce dal dolore
Il capolavoro di Gotouge, ancora una volta, ci ricorda che nessuno nasce malvagio. Che anche il mostro più spietato può essere stato un bambino buono, un innamorato sincero, un uomo disperato. E che il confine tra l’umanità e la perdita di essa è spesso più sottile di quanto crediamo.
Akaza è la dimostrazione perfetta di questo tema. Ecco perché la sua è la backstory più straziante dell’intera serie.