Astra, divisione di Star Comics specializzata in fumetto occidentale, ci presenta questo mese Blacking Out, una graphic novel indipendente la cui pubblicazione è stata finanziata tramite una campagna di crowdfunding sull’ormai abusato Kickstarter(se nutri particolare interesse per il fumetto indipendente mondiale puoi anche leggere qui la nostra recensione dell’italianissimo Dante Comics & Games).
L’opera, consistente in un volume cartonato lungo cinquantasei pagine, è disponibile già dal 7 luglio scorso. Si tratta del debutto di Chip Mosher, attuale capo supervisore presso comiXology, una popolare piattaforma di distribuzione digitale di fumetti statunitense di proprietà di Amazon.com, qui in veste di sceneggiatore.
Per il versante grafico di Blacking Out il fumettista americano si è avvalso della collaborazione di Peter Krause, artista forte di un duraturo sodalizio lavorativo con DC Comics.
Blacking Out, un thriller… infuocato
La cornice di Blacking Out è la cittadina californiana di Edendale (presumibilmente ispirata all’omonimo distretto di Los Angeles, realmente esistente). A dispetto del nome dalle caratteristiche paradisiache (esso traduce infatti con ‘conca dell’Eden‘), questo luogo somiglia di più ad un inferno, visto che lo troviamo già nelle primissime pagine minacciato da un indomabile incendio boschivo.
Mentre le autorità si prodigano per contrastare la catastrofe in corso, un individuo dalla mascella squadrata e dai baffi da redneck che farebbero invidia ad un Lemmy Kilmister (per quanto costui fosse inglese) avvia la registrazione di un nastro. Si tratta di Conrad, per gli amici e i colleghi “Connie“, il nostro protagonista, un ex-poliziotto preda di problematiche legate all’alcool che gli sono costate la carriera.
Dopo un periodo di semi-depressione dovuto sia al licenziamento che al perdurare della sua dipendenza, Connie decide di riprendere in mano la propria vita rimettendo privatamente mano alle indagini riguardo l’omicidio della giovane Karen Littleton. Ad offrirgli l’occasione è l’astuto avvocato Lund, suo collaboratore di vecchia data.
I due, ma soprattutto Connie, faranno di tutto per far luce sulle singolari circostanze in cui si è consumato il delitto sopracitato. Il corpo di Karen Littleton era infatti stato trovato carbonizzato nell’epicentro di un grave rogo boschivo simile a quello in corso. Il bacino frantumato della vittima aveva tuttavia convinto tanto gli inquirenti quanto Connie e Lund che ad uccidere la ragazza non fosse stato il fuoco.
Un misterioso crocifisso d’oro di proprietà della vittima sarà la chiave di risoluzione del caso.
Attenersi pedissequamente ai cliché non è reato
Leggendo Blacking Out si incontra e riscontra irrimediabilmente una sequela di stereotipi, specialmente per quanto riguarda i personaggi.
Partiamo dal protagonista, Connie. Costui incarna in tutto e per tutto il cliché del poliziotto americano caduto in disgrazia: un vero duro il cui alcolismo con conseguente licenziamento lo porta ad una lunga serie di notti brave interrotta improvvisamente grazie all’entrata in scena di una nuova ragione di vita, qui rappresentata da Anita, una ragazza con cui Connie comincia una relazione piuttosto seria.
Anche l’avvocato Lund risulta piuttosto tipico nel suo complesso: una vecchia volpe che incarna quanto di più negativo si possa trovare nell’esercizio della sua professione. La sua viziosità è mitigata soltanto dalla sua irriducibilità nel voler evitare al caso Littleton di sprofondare nel nero abisso dei cold case americani.Unico personaggio a salvarsi da questa catena di cliché è il meccanico Matthew “Mattie” Madison, che giocherà un ruolo fondamentale nell’intreccio e disintreccio degli eventi rimanendo praticamente in ombra per la maggior parte dell’opera.
Paradossalmente sono proprio questi cliché a farsi punto forte di Blacking Out dal punto di vista narrativo. Essi danno infatti al lettore l’impressione di trovarsi davanti alla solita storia di riscatto o di reinvenzione, od ancora di redenzione (leggendo il fumetto mi è suonata in testa per tutto il tempo la colonna sonora dei film della sottovalutata serie di Jesse Stone).
Anche sul tratto si resta ‘classici’
Per quanto si tratti di un thriller nudo e crudo, Peter Krause sembra aver mantenuto nel disegnare la stessa verve grafica delle storie supereroistiche che lo hanno consacrato (tra i mostri sacri di DC Comics con cui le sue matite si sono dovute misurare spiccano Shazam, il settimo Starman Jack Knight e lo stesso Superman).
Quasi tutte le vignette di Blacking Out sono dominate da toni caldi, ad eccezione delle scene notturne e dei flashback. Tale scelta sembra volta a rammentare continuamente a chi legge la presenza costante dell’incendio che sta divorando le campagne circostanti la città, il cui lento incedere sembra simboleggiare la coscienza del protagonista che lentamente si consuma e viene meno man mano che compie scelte discutibili dal punto di vista della gestione dell’indagine.
L’azione è ridotta al minimo, per focalizzarsi in maniera preponderante ancora una volta sul modo poco ortodosso e stereotipico di condurre interrogatori proprio di Connie, che si riallaccia al discorso affrontato poc’anzi riguardo l’efficacia dei cliché.
Tutti questi elementi non fanno segnare punti a Blacking Out in termini di originalità, sta di fatto che si tratta comunque di un’opera di qualità firmata da professionisti a cui vale la pena dedicare del tempo, complice la brevità e l’autoconclusività.