La figura di Alessandro Magno ha ispirato romanzi, film, videogiochi e fumetti. Ma uno dei prodotti più interessanti e originali ispirati alla figura del grande conquistatore è la serie animata Alexander Senki, da noi giunta col titolo Alexander – Cronache di guerra di Alessandro il Grande.
L’anime è una co-produzione nippo-coreana del 1999 realizzata dallo studio Madhouse, lo stesso di celebri anime come Hunter x Hunter, One Punch Man, Trigun, Beyblade e Death Note. Il materiale di partenza è un romanzo di Hiroshi Aramata, scrittore giapponese molto famoso anche come traduttore e specialista di storia, mentre la regia è firmata da Yoshinori Kanemori e Rintaro, e la sceneggiatura da Sadayuki Murai.
Un ripassino di storia
In 13 episodi, Alexander racconta la ben nota vicenda di Alessandro Magno. Per quei pochi che non lo sapessero, Alessandro visse nella Macedonia del IV secolo a.C., uno Stato a nord della Grecia considerato dai greci stessi parzialmente barbarico. Figlio del re Filippo II, Alessandro gli succedette al trono macedone dopo il suo omicidio nel 336 a.C., dopodiché si lanciò in un progetto ambiziosissimo: conquistare l’impero persiano, cioè l’impero più grande del mondo allora conosciuto.
Grazie al suo enorme talento militare, Alessandro sconfisse a più riprese il re persiano Dario III e a meno di trent’anni si ritrovò a governare su un dominio immenso, che andava dalla Grecia al fiume Indo. Il suo progetto era quello di creare una nuova civiltà che fondesse la cultura ellenica con quelle orientali: per questo favorì anche i matrimoni misti tra la nobiltà macedone e i persiani, e lui stesso prese in moglie diverse principesse dei territori conquistati.
Tuttavia, le ambizioni di Alessandro si scontrarono con i desideri dei suoi soldati e dei suoi generali, che stanchi di anni e anni di guerre rifiutarono a un certo punto di seguirlo. La stessa morte del giovane re, avvenuta nel 323 a.C. a soli trentatré anni, potrebbe essere stata verosimilmente causata da un avvelenamento e non da una banale febbre malarica.
In ogni caso, le incredibili imprese compiute da Alessandro rimasero scolpite nella storia e gli valsero anche il soprannome di Magno, dal latino, che significa ‘grande’.
Alexander: una rivisitazione in chiave fantastica
Quella succitata è la storia vera di Alessandro Magno, ma Alexander Senki non si presenta affatto come un resoconto verosimile e aderente alla realtà.
I fatti basilari sono quelli veri, certo, ma la narrazione assume fin da subito una piega vistosamente fantascientifica e futuristica, con un’estetica che richiama subito a Æon Flux: non a caso il creatore di quest’ultimo, Peter Chung, è il character designer di Alexander.
Le conquiste di Alessandro Magno nell’anime si intrecciano strettamente con i piani del suo maestro, il filosofo Aristotele, di mettere le mani sul Solido Platonico, contenente tutta la sapienza dell’universo ma anche la chiave per distruggere il mondo e ricrearlo. Per questo Aristotele a un certo punto diventerà nemico di Alessandro stesso, l’unico in grado di mettere le mani sul Solido, complottando per la sua uccisione.
Anche le battaglie campali non hanno nulla di realistico: accanto a cavalieri e opliti troviamo balliste automatizzate, robot giganti, macchine volanti ed elefanti che sputano fuoco dalla proboscide. Nella battaglia con il re indiano Poro fa la sua comparsa persino un’armata di zombie. E non mancano maghi e fattucchiere, ninja pitagorici, cavalli mangiatori di uomini e mostruosità di ogni tipo.
Pregi e difetti di un’opera originale
Il maggior difetto di Alexander è di essere troppo breve. In 13 puntate non si riesce a sviluppare a dovere la personalità di ogni comprimario e così, se Alessandro è un protagonista ben delineato a carismatico, altrettanto non si può dire dei suoi compagni: Efestione e Rossane, per esempio, sono pallide figurine bidimensionali e la loro relazione con il grande re non è approfondita per niente; oppure Tolomeo, vera linea comica della serie, si fa notare più per i suoi siparietti goffi che per altri motivi.
Ne risente anche il finale, troppo affrettato e in parte aperto. Arrivati al tredicesimo episodio, si ha infatti l’impressione che da un lato gli autori abbiano voluto concludere troppo in fretta per colpa del poco tempo a disposizione, e dall’altro che ci possa essere un seguito che invece non arriverà mai.
Degno di nota in senso positivo, invece, risulta l’aspetto estetico della serie. Si è già citato Peter Chung come character designer: l’artista coreano-statunitense conferisce ai personaggi di Alexander una fisionomia particolarissima, molto longilinea ed elegante, che spesso assume i connotati di un’androginia in cui le distinzioni tra maschio e femmina scompaiono. Molto ispirato e al contempo straniante è anche il design degli ambienti, delle creature e delle macchine da guerra.
Va anche detto che Alexander è una serie animata straordinariamente matura, che non lesina morti violente, fiotti di sangue, nudità e scene di sesso. Ma non va commesso l’errore di considerarlo fanservice: rispetto alle puerili scenette ambigue di molte produzioni, qui la sessualità e il sangue hanno un ruolo fondamentale sia nell’ambientazione sia nella narrazione, in quanto concorrono a rappresentare le molte facce e le tante sfaccettature del potere.
Perché alla fine il fulcro di Alexander questo è: la lotta per il potere, che sia quello militare di macedoni e persiani che cercano di primeggiare sul campo di battaglia, o quello politico che ci si contende nelle corti di palazzo, o ancora quello metafisico e sovrannaturale legato al Solido Platonico.
Nel 2000 è stato realizzato anche un film animato, che in una novantina di minuti cerca di riassumere l’intera serie ma, fra tagli e banalizzazioni, risulta solo uno spreco di tempo e di risorse.