È disponibile dal 24 marzo Rovine metaforiche visitate dai turisti, secondo episodio di Eternity, di Alessandro Bilotta.
Ambientata in una Roma immersa nella nostalgia, la storia vede uomini e donne alla ricerca di un’immortalità terrena o celeste: un viaggio negli ambienti del cinema, dell’arte, della televisione, della politica, parti della Babele di una Città che si dichiarava eterna.
Alceste Santacroce, in arte Sant’Alceste, scrive per il settimanale scandalistico l’Infinito ma è alla ricerca del senso dell’esistenza, forte della sua abilità a trovare accessi impensabili. Quando ha conosciuto Lucrezia è sembrato combattuto tra il lavoro e l’amore. Chiusa tragicamente questa parentesi, la seconda parte di Eternity si concentra su Tito Forte, giornalista televisivo “più famoso dei sei Presidenti della Repubblica che si sono alternati durante la sua carriera”.
“Eternity è soprattutto il ritratto di un’ epoca che è esistita e che allo stesso tempo non esiste ancora, popolata da personaggi accecati dalle illusioni, a cominciare dal decadente protagonista”
Alle matite arriva Matteo Mosca, dopo l’ottima prova di Sergio Gerasi nel primo volume (il disegnatore milanese firma nuovamente la copertina). Ai colori nuovamente Adele Matera. Il cartonato ha 72 pagine a colori in formato 22 x 30 cm, in vendita a 17 euro, in promozione a 16.15 su Amazon.
Trama di Eternity 2 – Rovine metaforiche visitate dai turisti
Alceste si interessa al ritorno in TV di Tito Forte, giornalista televisivo caduto in disgrazia, che si appresta a intervistare Bonadonna, manager dei VIP appena uscito dal carcere: irritato dagli inviti al ravvedimento fatti dal cardinal Giuseppucci presente in studio, Bonadonna si innervosisce, gli ricorda che preti, vescovi e papi gli chiedevano i favori per andare in TV, infine lo colpisce al naso con una testata.
Alceste scopre dal direttore che l’inchiesta sul Ministro ha portato guai alla rivista: ispezioni della Finanza, annullamento di inserzioni pubblicitarie. Ripicche dell’ambiente cattolico, le definisce Quinto. Allo stesso modo, l’attacco di Bonadonna e Giuseppucci decreta il nuovo allontanamento di Tito Forte dal piccolo schermo. Il conduttore viene avvicinato da Alceste, incuriosito dalla sua figura irreprensibile, per anni riferimento del mondo cattolico:
“Sono stato un esempio di vita quando questo paese voleva sentirsi patriarcale, cattolico e familista”
Alceste, che decide di approfittare della pausa con l’Infinito per scrivere un libro su Forte, gli spiega che la gente era più legata all’idea che si era fatta di lui, più che alla realtà, perciò aveva rinunciato a pubblicare scoop su di lui. Ma sa della sua relazione con una studentessa, cui ha comprato un appartamento. Accompagnato da Alceste, la trova in compagnia di un giovane, che schiaffeggia, ottenendo un pestaggio che viene tempestivamente fotografato dai paparazzi. Forte accetta anche di girare una pubblicità, finora sempre snobbata.
Alcide gli rivela il tradimento di lunga data da parte della moglie, di cui Tito era ignaro. Lo aiuta quando è ubriaco o parla di suicidio, ma Tito gli rinfaccia sia la scrittura del libro sia tragedie come quella di Lucrezia. Forte ha ormai abbandonato la propria “integrità” e il proprio personaggio: è finito il tempo che Alcide scrive nel libro, in cui il conduttore aveva finito con il credere all’immagine costruita dal suo agente. Tito accoglie con entusiasmo la proposta di essere il nuovo Dino Malandrino: “pupazzo di dinosauro che va a intervistare i VIP per strada”.
La stabilità della rivista di Alcide viene ulteriormente messa a rischio dalla tragedia che coinvolge la famiglia proprietaria dell’editrice. Scoperto che lo scoop sulla moglie di Tito è stato pubblicato (da un altro collaboratore), Alcide va a verificare che non faccia follie.
Sviluppo
Anche il secondo volume si apre con un testo autobiografico di Bilotta, dove spiega il significato del pettegolezzo, parla di rappresentazione e mettersi sul palco come condizione dell’essere umano, ricordando come vertice della sua vita un’impegnativa recita affrontata a 10 anni.
Come nella prima parte, gioca un ruolo importante il contrasto tra apparenza e realtà, sebbene manchino quelle scene un po’ stranianti come quella immaginata da Alceste durante il ricovero nel primo episodio.
“Mi sono vergognato di me stesso quando ho capito che la vita è una festa in maschera e ho partecipato con la mia vera faccia”. Franz Kafka
Assistiamo – forse – a una delle poche volte in cui Alcide sembra preoccuparsi, quando Tito è in crisi e potrebbe usare la pistola. Il protagonista ancora una volta viene incuriosito da una persona in vista che rivela fragilità insospettate. Stavolta non nasce una relazione sentimentale – benché legata a interessi lavorativi – ma una strana amicizia, anche in questo caso messa in ombra dall’utilizzo che Alceste ne fa per le sue esigenze professionali.
Poco dopo aver rimarcato che nel suo lavoro non hanno trovato spazio volgarità e provocazioni, Tito inizia la sua nuova attività come Dino Malandrino: una sorta di Gabibbo che – per sua stessa ammissione – non intervista i vip, li provoca. Tito forse non cerca l’eternità, e anzi nel momento di maggiore sconforto dice di avere la peggiore malattia, quello che uccide, ma ti lascia vivo, una specie di immortalità. Definisce buffonata la sua vita e si chiede chi è e se è mai esistito.
Emerge ancora il contrasto fra il distacco e il cinismo di Alceste e l’attaccamento per alcuni oggetti, in particolare le sigarette: dopo aver esitato per offrirne una a Tito, vede l'”amico” picchiato dal concorrente in amore e si preoccupa per la sigaretta caduta in terra, che si precipita a raccogliere. Torna anche la contestazione del protagonista rispetto ai televisori vintage in bianco e nero, tornati di moda in una Roma che insegue l’estetica degli anni 60: nuovamente, non contesta l’uso degli apparecchi in sé, ma il fatto che li usi per vedere programmi non pensati per il bianco e nero.
Matteo Mosca, già visto in coppia con Bilotta sulla serie Mercurio Loi, mantiene alto lo standard grafico di Eternity: sebbene la narrazione non raggiunga i picchi di drammaticità visti nel primo episodio – in particolare quando Lucrezia si toglie la vita davanti ad Alceste – la scrittura e il disegno mantengono un buon livello di tensione e introspezione. Mosca sembra adottare modalità tipiche del mezzo televisivo che ossessiona Tito Forte, in particolare le inquadrature e le loro alternanze (campo e controcampo). Per le fattezze di Bonadonna sembra ispirarsi a Fabrizio Corona.
Tra i versi citati da Alceste, un estratto sia di Girotondo di Fabrizio De Andrè sia di La voglia la pazzia, successo di Ornella Vanoni contenuto nell’album del 1976 La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria, realizzato con Vinícius de Moraes e Toquinho.
Dopo il primo numero, Eternity è già stata candidata come migliore serie italiana per i Premi del Palmarès Ufficiale di Comicon 2023, che saranno assegnati a fine aprile nel Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare.
Gli autori
Collaboratore da tempo di Sergio Bonelli Editore, Alessandro Bilotta è uno dei principali talenti del fumetto italiano. Esordisce nel 1999 con Povero Pinocchio, disegnato da Emiliano Mammucari e pubblicato da Star Comics. Con il disegnatore Carmine Digiandomenico realizza le graphic novel La Dottrina, manifesto futurista del fumetto italiano, Le strabilianti vicende di Giulio Maraviglia e Romano.
Tra il 2011 e il 2015 ha firmato 18 numeri di Corsari di classe Y, pubblicati su Il Giornalino (Edizioni San Paolo), con disegni di Oskar. Nel 2006 ha pubblicato con tre editori francesi: Delcourt (Daisuke et le Géant – Le trente et unième jour, disegni di Alberto Pagliaro), Glénat/Vents d’Ouest (Romano – Un automne de dix secondes, disegni di Carmine Di Giandomenico) e Les Humanoïdes Associés (La Lande des Aviateurs – Ceux qui restent, ancora disegnato da Di Giandomenico).
Per Star Comics, Bilotta ha creato la serie a fumetti Valter Buio. Per Bonelli ha creato e firmato la serie Mercurio Loi, per la quale ha ricevuto numerosi premi, in particolare nel 2018/2019. Nel 2019 il Romics d’oro per i 20 anni di carriera.
Per Dylan Dog, Bilotta ha creato l’acclamata saga Il pianeta dei morti: nel 2008 il primo racconto autoconclusivo per la testata “sperimentale” Color Fest, ipotetica conclusione della serie sul personaggio, ha ottenuto un notevole successo. L’idea viene sviluppata sul Color Fest n. 10, sul Dylan Dog Gigante n. 22, trovando poi collocazione sullo Speciale Dylan Dog a partire dal n. 29, la cui testata viene appunto integrata con il nome Il pianeta dei morti fino al numero 35. Sempre per Bonelli ha scritto sei numeri de Le Storie.
Matteo Mosca ha disegnato Lazarus Ledd, Nemrod, Trigger, Valter Buio (dello stesso Bilotta), editi da Star Comics. Per Bonelli ha illustrato Il lato oscuro della Luna, Friedrichstrasse, Razo, il brigante, L’uomo temperato, numeri 5, 8, 16 e 53 de Le Storie, Mercurio Loi (ancora dello sceneggiatore romano), Morgan Lost, infine Samuel Stern per Bugs Comics.
Adele Matera ha colorato Capitan Venezia (Venezia Comix), Fottuti musi verdi a chi? (Bao Publishing), Doctor Who: The Tenth Doctor – The Thirteenth Doctor (The Good Companion – Titan Comics), Dragonero, Sam e Orfani, Il Confine, Zagor/Flash, Nero, Mr. Evidence (Sergio Bonelli Editore), Rey e Han Solo (IDW Publishing),