Nel percorso portato avanti da Nicola Pesce Editore e che ha l’obiettivo di ristampare tutte le opere del grande Sergio Toppi, ci troviamo oggi a parlare di Dio Minore che altro non è se una raccolta di tre storie brevi appartenenti a fasi diverse della vita del maestro ma che tuttavia hanno un’affinità di fondo.
Il volume si apre con Pribiloff 1898, apparso su Alter Alter (supplemento d’essai del già colto Linus) nel 1979, per proseguire con Aioranguaq pubblicato per la prima volta sulla rivista Corto Maltese nel 1988; chiude il trittico proprio Dio Minore che risale al 1993 e fa la sua comparsa sul finirte della vita editoriale di Corto Maltese.
Le tre storie, seppure molto diverse tra loro, condividono un medesimo fil rouge e nonostante gli anni intercorsi tra la loro pubblicazione sono tessere di un unico mosaico o, ancora meglio, sono come le onde concentriche che si formano sull’acqua colpita da un sasso, che in questo caso è la creatività di Toppi.
In tutte e tre le storie troviamo le stesse tematiche che fondono l’umano con il divino, la cultura e floklore e la natura con il soprannaturale che riescono ad essere espresse in maniera compiuta all’interno di poche pagine.
Pribiloff 1898
Molto particolare, in tal senso, è la storia di apertura del volume Pribiloff 1898 che è anche la più breve, con gli avvenimenti condensati in appena 15 pagine.
Come sempre, il titolo è molto importante perchè in questo caso ci consegna delle coordinate spazio-temporali molto precise: le isole Pribilof infatti si trovano vicino alle isole Aleutine in prossimità dell’Alaska e nel 1898 erano un terreno molto battuto per la caccia alle foche, attività che all’epoca era purtroppo ancora consentita.
Con il solito realismo che lo contraddistingue, Toppi ci restituisce delle scene vivide di quel periodo, con interi equipaggi costretti a stare per mesi lontani da casa, finchè la loro nave non sarà stipata da pellicce di foche.
E’ un’attività crudele e riportata in tutta la sua crudezza, che non fa piacere nemmeno a chi la esegue; questo vale per tutti meno che per Kyril, il protagonista della nostra storia.
L’uomo viene descritto dai suoi compagni come il più crudele tra tutti, il cui unico interesse è ammazzare e scuoiare i poveri mammiferi, uno dopo l’altro.
La sua vita è destinata a cambiare drasticamente quando, spinto da un impulso irrefrenabile, si allontana dalla nave per intraprendere un cammino che lo porterà ad abbandonare la realtà del suo bastimento per finire al cospetto della natura stessa e del nume tutelare delle foche, che userà contro di lui la sua stessa medicina rivelandosi crudele e implacabile.
Tutto per arrivare ad un finale sorprendente, che ci riporta con i piedi per terra con il suo marcato realismo, nonostante tutto.
Aioranguaq
La seconda storia del volume ci porta tra gli Inuit, e ci racconta la storia di Aioranguaq, un abitante di quelle terre desolate che durante il suo avventurarsi nel mare bianco per procurarsi del cibo per la famiglia, si imbatte in una divinità che per la sua mancanza di rispetto lo condanna fondamentalmente alla perdita di identità.
Anche in questo caso la storia pone l’uomo a cospetto con la divinità che giudica e condanna, anche se non in maniera irreversibile come in Pribiloff; la prova da sopportare sarà dura, un uomo senza nome non esiste e nessun essere vivente è disposto a dare la vita per lui e mentre per Aioranguaq non è cambiato nulla, è il mondo intero ad essere cambiato nei suoi confronti.
Tuttavia in questo caso c’è una possibilità di salvezza e viene da dove non ci si aspetterebbe: in un mondo antico, chiuso in sé stesso e molto autarchico, è proprio nello straniero che risiede la salvezza.
Lo stesso straniero che di solito porta guerre e pericoli si rivela essere un uomo come gli altri ed è grazie a questa umanità che il divino dispiega il proprio imperscrutabile disegno, concedendo la redenzione all’Inuit.
Dio Minore
Arriviamo infine all’ultima storia del volume, Dio Minore per l’appunto, in cui assistiamo ad un rovesciamento rispetto a quanto letto in precedenza.
Il protagonista infatti è una creatura divina, un dio minore ma comunque con una schiera di fedeli, che già dalle prime battute si connota tuttavia più come un essere terreno che celestiale.
E’ una creatura che mostra sentimenti tipici dell’essere umano come rabbia, insicurezza e invidia e, nonostante la sua natura divina, si sente costantemente minacciato da un uomo che in realtà ci appare sempre sullo sfondo, quasi inconsapevole di essere oggetto di tanto odio.
Il dio è in realtà intimorito dall’uomo: da quando è comparso sta distraendo il suo popolo e il piccolo mondo a cui era abituato da tempo immemore sembra destinato a crollare e lui con esso.
Seppur inizialmente saremo portati a credere che l’uomo sia realmente inconsapevole e “innocente”, con un colpo di scena nel finale scopriremo che non è esattamente così. Toppi, con la consueta maestria, ricollega la propria storia con l’allora recente scoperta della mummia del Similaun che nella finzione di Dio Minore è in realtà l’uomo che il bizzoso dio ha ucciso per troppa gelosia ma che, alla fine, ha raggiunto l’immortalità desiderata a scapito proprio dell’essere immortale di cui nessuno ha più memoria.
Segnali di Stile
Tutte le storie del volume sono caratterizzate dallo stile molto realistico di Toppi che viene a creare un contrasto interessante con gli elementi fantastici di cui sono ricche le trame, impedendoci da un certo punto di vista di lascarci andare, rimanendo con almeno un piede saldamente ancorato per terra, alla realtà.
Come d’abitudine quando parliamo del maestro milanese, anche i baloon dei fumetti contribuiscono a riempire la pagina e a creare una certa architettura, in questo caso improntata alla verticalità tipica delle zone montuose e scoscese che fanno da sfondo alle avventure del volume.
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