A pochissimo tempo dalla pubblicazione della nostra recensione del primo volume di Imperatore del Giappone. La storia dell’imperatore Hirohito, eccoci di nuovo a parlare del proseguimento del ‘documanga’ di Nōjō Junichi dedicato all’imperatore Shōwa, che governò il Paese del Sol Levante per la bellezza di sessantuno anni.
Di pari lunghezza con il volume precedente, questa seconda parte è ancora ambientata nell’era Taishō, con uno Shōwa ancora giovane costretto a diventare adulto piuttosto precocemente. Vediamo perché!
Imperatore del Giappone. La storia dell’imperatore Hirohito, il prezzo di un’eredità millenaria
Il giovane Shōwa è ormai pronto ad assumere il titolo di principe ereditario, in quanto primogenito dell’allora imperatore, il già citato Taishō.
La sua educazione come futuro regnante e continuatore di un’ininterrotta sequela di ‘sovrani celesti’ la cui ascendenza è (o meglio, era) fatta risalire ad Amaterasu, divinità solare nonché esponente preminente del pantheon della religione shintō, prosegue appannaggio di elementi che sebbene validi e progressisti devono giocoforza conformarsi a determinati protocolli e dettami ideologici. Il principe tuttavia non dimentica mai Adachi Taka, la sua precettrice prediletta ora donna sposata, che riesce tuttavia a rincontrare solo di sfuggita durante la sua cerimonia di nomina al rango di principe ereditario.
Quel che il nostro giovane protagonista ancora non sa è che presto anche lui dovrà avere al suo fianco una moglie in grado di garantirgli una discendenza, e che la scelta della sposa ricadrà su tutti fuorché su sé stesso, in quanto in seno alla nobiltà giapponese, ormai corrotta fino al midollo a causa della prosperità ottenuta in seguito alla vertiginosa modernizzazione del Paese nel corso dei precedenti cinquant’anni, corrono rivalità familiari ancora memori degli scontri sediziosi che hanno accompagnato tale processo, in particolare per quanto riguarda i clan Satsuma e Chōshū, che non scordano il loro passato di samurai.
A placare gli animi facendosi al contempo latrice della fatidica scelta sarà un personaggio femminile fino ad ora passato in sordina, la quale ha più di una ragione per tenere ad una scelta adeguata per il futuro imperatore.
Contestualmente a tali manovre, il Giappone comincia a sperimentare l’altra faccia dell’industrializzazione massiva, andando incontro ad una crisi alimentare senza precedenti dovuta al dilagante urbanesimo, il quale ha sottratto manodopera all’agricoltura per concentrarla nelle neonate e già diffuse fabbriche, causando un’impennata dei prezzi dei cereali, primo fra tutti il riso, alimento imprescindibile. Una lunga serie di incidenti incombe sul Sol Levante, e l’attuale imperatore non sembra in grado di gestirla.
Ancora una volta tutto puntato sulla vocalità
Come avvenuto per il primo volume, in questa nuova pubblicazione di Imperatore del Giappone. La storia dell’imperatore Hirohito i dialoghi continuano a dominare le vignette, mentre il giovane novello principe ereditario nostro protagonista diviene una figura quasi evanescente, con i comprimari a calcare maggiormente la scena.
Di grande impatto e profondi sono i ritratti di tre di questi personaggi in particolare. In primis abbiamo la figura di Kuni Nagako, la quale è passata alla Storia come imperatrice Kōjun, presentata come un’aristocratica dall’animo umile e dall’educazione impeccabile, pronta ad abbassarsi a compiere qualsiasi lavoro manuale e a rispettare le direttive imposte dall’alto.
In secondo luogo abbiamo l’imperatrice Teimei, nata Kujō Sadako, donna forte della famiglia imperiale, la quale non si risparmia di uscire dalle comodità di palazzo onde operare le dovute scremature nell’ottica di garantire a suo figlio primogenito la sposa perfetta e all’intero Paese una degna imperatrice.
Ultima figura a spiccare, seppure in misura leggermente minore rispetto alle due appena descritte, è lo stesso imperatore Taishō, il quale lascia trasparire un animo mondano e gioviale, del tutto opposto allo spirito austero e distaccato che dovrebbe animare l’Okami (il ‘dio vivente‘ alla guida del popolo Yamato) e sfavorito dalla salute cagionevole che lo caratterizzava fin dalla prima infanzia (bisogna sapere che divenne erede al trono del crisantemo solo a causa della morte prematura dei suoi quattro fratelli maggiori, come lui figli di concubine dell’Imperatore Meiji, essendo la sua consorte sterile).
L’azione è ancora una volta ridotta al minimo, delegata a poche vignette in coda al volume che descrivono la poc’anzi descritta rivolta del riso del 1918.
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