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Recensioni

Watchdogs Legion vol.1, la recensione

Emanuele Ribaudo 3 anni fa Commenta! 6
 

La partnership tra Star Comics e Ubisoft continua a mostrare i suoi frutti, con l’editore perugino che dopo l’ottimo Immortal Fenyx Rising presenta ai suoi lettori Watchdogs Legion, spin-off a fumetti dell’omonimo videogioco.

Contenuti
Il mondo di WatchdogsPrevalga l’InghilterraSegnali di Stile

Inserito nella collana Astra, si tratta del primo volume di una novel uscita lo scorso anno in Francia sotto etichetta Dargaud; sebbene avere giocato al titolo originale non sia indispensabile per fruire dell’opera, un’infarinatura del mondo di Watchdogs è senz’altro utile a cogliere meglio tutte le sfumature della storia di cui ti parlerò oggi, ecco quindi un breve excursus.

Il mondo di Watchdogs

Legions altro non è che il terzo, nonchè più riuscito, capitolo di una serie iniziata nel 2014 con il titolo omonimo. Ambientato negli Stati Uniti, il gioco affronta le tematiche sempre più attuali della violazione della privacy e del controllo ossessivo delle informazioni, con le autorità che spiano i cittadini e ne arrivano a conoscere tutti i dettagli.

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Tutto nasce con l’utilizzo del ctOS (central Operating System) da parte della città di Chicago, ovvero di un sistema di reti informatiche che convoglia tutte le informazioni acquisite in un unico server di proprietà della Blume, ovvero l’azienda che ha creato l’intero ecosistema e le cui reali intenzioni non sono particolarmente benevole.

Se questi presupposti, che richiamano classici della letteratura come 1984 di Orwell, sembrano inquietanti, la situazione è destinata a peggiorare con il passare degli anni, approdando nel 2020 agli eventi di Legion.

Prevalga l’Inghilterra

Aggiungendo una spruzzata di V per Vendetta, Legion porta il giocatore, e di conseguenza il lettore, in una Londra futurista in cui le cose sono molto diverse dall’attualità nonostante i 4 anni (originariamente sei) che ci separano dal 2026 in cui è ambientata la vicenda.

Nella Londra immaginata da Ubisoft e portata avanti dalla narrazione di Sylvain Runberg, il DedSec viene coinvolto suo malgrado in un attentato terroristico perdendo la reputazione conquistata nel tentativo di combattere una compagnia di sicurezza privata dal nome poco fantasioso di Albion.

In poco tempo questa società riesce ad instaurare una vera e propria dittatura con la complicità del governo britannico; l’unica resistenza rimane quella opposta da un gruppo di hacktivisti (così chiamati per la loro natura primigenia di hacker), appartenenti al DedSec o indipendenti.

Oltre ad Albion, in questa versione distopica della capitale britannica, a prosperare è la mafia incarnata dal clan Kelley e dalla sua matriarca Mary che comanda orde di teppisti senza scrupoli, che anche le stesse forze di sicurezza faticano a tenere a freno.

Nel primo volume faremo la conoscenza di Louise, una giovane australiana che sotto mentite spoglie si infiltra come volontaria all’interno del Kennington Oval Camp, un enorme campo profughi allestito all’interno di uno stadio che accoglie sia i sempre più numerosi senzatetto che i dissidenti vogliosi di fuggire dal Paese.

Louise, incaricata di indagare sulle misteriose sparizioni che si verificano nel campo, è il motore che accende gli eventi narrati nel primo volume ma non è la protagonista della storia, o meglio non la sola.

Come avviene nel videogioco, abbiamo un gruppo di protagonisti che si differenzia per personalità e caratteristiche: insieme alla già citata giovane australiana abbiamo Clementine, ex militare che rifiuta di arruolarsi nelle file di Albion, il giovane DJ Spiral la cui musica si diffonde nel sottobosco ribelle, i profughi Niki e Oscar, la riluttante volontaria Jess e Kris, organizzatore di eventi clandestini.

Sono tutti destinari a trovarsi all’interno di un’offensiva violenta scatenata da Mary Kelley che li porterà in maniera più o meno entusiasta ad unirsi a Louise e al DedSec, di cui in realtà conoscono ben poco.

Il primo volume, che ricalca la pubblicazione originale, è funzionale ad introdurre i personaggi e a stabilire l’ambientazione della vicenda, non svelando putroppo granchè degli eventi che ci attendono, concludendosi con un climax che vede Louise indossare una delle maschere rese famose dal DedSec (e ricercatissimi oggetti in game).

Allo stesso modo non emergono ancora in maniera chiara le tematiche della storia, che per similitudine con il gioco saranno incentrate su un’analisi politica e sulle possibile derive autoritarie derivanti da un uso spregiudicato delle tecnologie esistenti.

E’ un peccato, ma la scelta di Star Comics di riproporre gli albi in versione più fedele possibile all’originale lascia poche alternative, considerato che la serie completa conterà 4 uscite.

Segnali di Stile

Quello che emerge già dal primo numero è l’abilità di sceneggiatore del già citato Sylvain Runberg che abbiamo conosciuto all’opera sulla trasposizione a fumetti della trilogia originale di Millennium del compianto Stieg Larsson e su alcune uscite di Conan il Barbaro, sempre pubblicate da Star Comics.

Runberg riesce a tratteggiare un mondo abbastanza realistico, e per questo ancora più inquietante, in cui tutte le vicende risultano credibili e, sono sicuro, stupiranno il lettore con l’avanzamento della serie con il loro intreccio di azione e riflessioni politiche, sociali e culturali.

Gabriel Germain è invece l’autore dei disegni che costituiscono una sintesi ben riuscita tra la storia di Runberg e le atmosfere del videogioco originale; la struttura delle tavole, sempre diversa e libera da schemi precostituiti, contribuisce a dare un ritmo sincopato alla narrazione mentre la palette ultra colorata ricostruisce in maniera fedele l’ambientazione postmoderna ricca di neon e quartieri degradati, in opposizione agli ambienti opulenti in cui vivono pochi soggetti.

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