Il Natale è alle porte, un periodo magico pieno di buoni sentimenti e favolosi propositi per il futuro o così è quello che decidiamo tutti noi di raccontarci nella nostra testa pur di dimenticare le pressioni che subiamo quotidianamente.
Visionare il film d’animazione Dr. Seuss’ How the Grinch Stole Christmas!, datato 1966, diventa l’occasione per abbandonare momentaneamente le nostre finte emozioni natalizie lasciandosi contagiare dal disgusto giustificato del mostruoso essere verdognolo.
Quest’opera televisiva, della durata di 26 minuti, è stata diretta dal duo di registi composto da Chuck Jones e Ben Washam ed è basata sul libro per bambini How the Grinch Stole Christmas! dello scrittore e fumettista Dr. Seuss.
L’autore originale aveva precedentemente lavorato con Chuck Jones su una serie di cartoni animati di formazione dal titolo Private Snafu, prodotti per la United Productions of America, che trattavano in modo ironico di situazioni adulte con protagonisti i militari americani impegnati nelle battaglie della Seconda Guerra Mondiale.
Dr. Seuss è sempre stato in prima linea nell’utilizzo di prodotti destinati ad un pubblico infantile al fine di trasmettere una forte critica sociale nei confronti del consumismo e della disparità tra gli uomini, in periodi di forti turbamenti politici e sociali che coinvolgevano il Mondo intero.
Lo special animato con protagonista il Grinch viene tuttora trasmesso annualmente sulle televisioni nazionali statunitensi ed è diventato un classico natalizio fin dalla sua prima trasmissione avvenuta 18 dicembre 1966 sull’emittente televisiva CBS.
La trama di Dr. Seuss’ How the Grinch Stole Christmas!
Il paese di Chistaqua è pronto per festeggiare il tanto ambito ed organizzato Natale, ma c’è una creatura che rispetto agli abitanti odia a morte questo periodo dell’anno. Sono ormai 53 anni che il Grinch, dall’alto della sua grotta in cima al Monte Crumpit, osserva con disprezzo i festeggiamenti e le leggende dicono che abbia un cuore “di due taglie troppo piccolo”. Insieme al fido cane Max decide di mettere in piedi un piano per rubare tutti i doni e di conseguenza la felicità ai bambini di Chistaqua. Travestito da Babbo Natale si intrufolerà in tutte le case del paese al fine di udire i meravigliosi lamenti di chi a perso tutti i doni materiali.
Il canto di natale dell’incompreso Grinch
Appena viene pronunciato il nome di questo malvagio demone verde, la stragrande maggioranza delle persone pensa alla straordinaria performance attoriale del geniale Jim Carrey, orchestrata da Ron Howard nel film Dr. Seuss’ How the Grinch Stole Christmas del 2000.
La voglia di approfondire il personaggio non si può però arrestare alla sola visione di un’unica opera cinematografica, è quindi consigliabile il recupero di un progetto animato che alla veneranda età di 55 anni non sembra sentire il peso del tempo proponendo ancora oggi una storia coinvolgente.
Non ci si trova difronte ad animazioni scattanti e ripetitive poiché sullo schermo passeranno dei soggetti con movimenti molto fluidi accerchiati da sfondi semplici ma dai colori carichi e vivaci.
Il Grinch ti cattura con la sua dettagliatissima espressività, la quale aiuta lo spettatore ad entrare in sintonia con la malinconia che lo pervade senza tralasciare la cattiveria, vero motore delle sue azioni malvagie messe su schermo attraverso un’esilarante coreografia al centro dei momenti in cui ruba dalle case lo spirito “materiale” del Natale.
I dialoghi posti in rima rendono il racconto molto scorrevole facendosi largo nella memoria dello spettatore, così come le musiche che oltre a definire perfettamente l’atmosfera ti rendono partecipe del fastidio provato dal Grinch ogni volta in cui i bambini esprimono la propria felicità attraverso incontrollabili schiamazzi.
Il messaggio finale del film, l’abbandono dei beni materiali sostituito dallo spirito di convivialità e comunità, non può banalizzare il tutto poiché quello che deve rimanere impresso è la caratterizzazione di un personaggio che rimarrà nella storia proprio in virtù del fatto di essere la perfetta rappresentazione dell’interiorità fallace dell’essere umano.