Nonostante gli oltre quattro decenni trascorsi, la disfatta statunitense in Vietnam è ancora viva nella mente di chi ad essa è sopravvissuto e di chi ha perso un fratello o un padre a causa di quel conflitto.
Soldati perduti è un’opera a fumetti che, seppur di fantasia, tenta di documentare gli incubi e le incertezze vissuti da quei veterani che, tornati in patria, si sono spesso trovati in condizioni di disagio sociale se non addirittura preda di comprovate e diagnosticate patologie psicologiche in un Paese dove, come si sa, la sanità non è pubblica ed è, altresì, oggetto di speculazione e di costi molto salati.
Autore dell’opera è Ales Kot, sceneggiatore statunitense di origine ceca attivo fin dal 2012 che ha pubblicato le sue storie con diversi editori, tra cui Image Comics (che si è per l’appunto occupata dei cinque spillati che compongono il volume unico Lost Soldiers) che con Marvel (la sceneggiatura di parte della serie Secret Avengers è stata curata da lui). Alle matite c’è stato il lancianese Luca Casalanguida, ben noto a chi legge le varie opere edite da Sergio Bonelli Editore.
A portare quest’opera in Italia ha pensato come al solito saldaPress, che la pubblica a distanza di circa otto mesi dall’edizione originale.
Soldati perduti, quando la guerra non finisce mai
La storia, per fortuna non in maniera problematica come Thief of Thieves di Skybound, procede per file parallele, presentando le vicende dei protagonisti di Soldati perduti sia durante che dopo la guerra (precisamente nel 2009), con particolare attenzione alle loro vite, non particolarmente rosee (per usare un eufemismo).
I tre protagonisti sono i reduci Kowalski, Hawkins e Burke. L’irruenza e la spietatezza di quest’ultimo saranno la causa scatenante delle vicissitudini cui andranno incontro nel corso dell’opera.
Ciascuno di loro porta dentro di sé i traumi della guerra, e vivo nelle loro memorie è in particolare un episodio avvenuto nel 1969, quando Burke, superiore in grado ad entrambi gli altri due protagonisti, ordinò un attacco suicida infischiandosene delle evidenti condizioni di inferiorità del plotone e dei compagni gravemente feriti, tra cui Berg, un amico di Kowalski e Hawkins che fa la propria comparsa fin dalle prime vignette e che non sopravvive a causa dell’indifferenza dello stesso Burke.
A distanza di quarant’anni, Kowalski e Hawkins non hanno mai appeso il fucile al chiodo: non essendo riusciti a reintegrarsi tra i civili, hanno intrapreso la carriera a limite della legalità di corrieri della droga lungo il confine tra Stati Uniti e Messico, ed è proprio durante uno dei loro lavori nella città di confine di Juarez (nota anche nella realtà per essere la città più pericolosa del mondo a causa della massiccia presenza di narcotraffico) che ritrovano una vecchia e sgradita conoscenza la quale riaccenderà, specialmente in Kowalski, un rancore mai totalmente sopito.
Sangue, fango e rabbia
Soldati perduti è incentrata sulla durezza non solo della vita dei reduci, ma della vita in generale. Ogni personaggio ha tratti rudi e spigolosi e i sorrisi sul viso dei protagonisti sono ridotti ai minimi termini se non del tutto assenti.
La calura e l’umidità del Sud-est asiatico continentale sono rese efficacemente con toni caldi, contrapposti alle scene ambientate nel 2009, che hanno luogo quasi totalmente di notte, simboleggiando l’oscurità nelle menti e nelle coscienze dei protagonisti, con qualche incursione dei medesimi toni caldi del Vietnam nelle poche (ma altrettanto significative) scene diurne del Messico settentrionale, arido e assolato.
Quasi ogni vignetta è corredata da una didascalia introspettiva con cui Kowalski mette a nudo, sebbene in maniera piuttosto criptica, i propri pensieri sulle situazioni che ha vissuto e che vive man mano che l’opera procede, le quali culminano in un climax di eventi psicologici che potrebbero fare invidia ad un Dennis Lehane (per intenderci, colui che ha scritto Shutter Island, il romanzo da cui è stato tratto l’omonimo film del 2010).
Azione e riflessione sono ben dosate e si compenetrano in maniera ottimale, evitando di creare troppi momenti morti. Tutto ciò rende Soldati perduti un’opera passibile di numerose riletture attraverso le quali carpire piccoli elementi che possono essere sfuggiti di primo acchito senza rischiare di annoiarsi.
Se questa storia di violenza e introspezione ti intriga, ti ricordiamo che puoi trovare Soldati Perduti nell’elegante edizione in copertina rigida proposta da saldaPress sia sul sito dell’editore che su Amazon.