Da anni la casa editrice J-POP è impegnata nella lodevole iniziativa di portare (o riportare, in caso di opere edite già da altri editori in passato) i capolavori dei grandi maestri che hanno fatto la storia del fumetto giapponese: da Gō Nagai a Kazuo Kamimura, passando ovviamente per Osamu Tezuka, il cosiddetto “dio dei manga”, l’uomo che ha plasmato questa forma d’arte dandole molte delle caratteristiche che ha tuttora.
In questo ambito rientra il volume Osaka, 1945 (titolo originale Dotsuitare), una raccolta di storie brevi ambientate nell’omonima città durante gli anni più cupi e difficili della storia del Giappone. Si tratta di un’opera preziosissima per conoscere sia quel periodo storico sia lo stesso Tezuka, che all’epoca del secondo conflitto mondiale viveva nella prefettura di Osaka e rimase profondamente scosso dai bombardamenti, al punto da fare della guerra e della sua critica due temi fondamentali di tutta la sua produzione.
Osaka, 1945: storie di sopravvissuti
Giugno 1945. Dopo Tokyo, anche Osaka venne colpita dai bombardamenti dei B29, che seppellirono l’intera città sotto un mare di fuoco. I grandi magazzini del terminal nord vennero avvolti dalle fiamme e la linea ferroviaria Hankyu rimase ferma per diversi giorni. Persino le stazioni di Kyobashi e Tsuruhashi e tutti coloro che vi si erano riparati si ridussero in polvere. 1.135.140 persone vagavano senza meta, piangendo la disperazione dopo aver perso la casa.
Con queste didascalie si apre il volume in cui Tezuka racconta le storie di quanti sopravvissero ai bombardamenti di Osaka, ma solo per perdere tutto il resto. Poche frasi bastano per dare al lettore contemporaneo, che legge il volume comodamente seduto sul divano, il dramma di milioni di persone, non meno atroce di quello dei morti di Hiroshima e di Nagasaki.
In oltre 400 pagine Tezuka non racconta una singola storia, ma segue le vicende parallele di vari protagonisti allo scopo di realizzare un gigantesco affresco umano che tenga conto delle varie componenti della popolazione di Osaka. Troviamo così il soldato e poi mangaka emergente Osamu Takatsuka; il vagabondo Tomo Fumisaida, che si arrabatta in mille modi per guadagnarsi da vivere; Kenji Katsuragi, rampollo di un importante industriale e suo successore come presidente dell’azienda; il giovane ladruncolo Hiro; l’orfano Tetsu, capo di una banda di bambini lustrascarpe che deve mantenere se stesso e la sorella Miho; il coreano Shoretsu Boku, costretto a lottare con le unghie e con i denti per proteggere la sua gente dalla discriminazione dei cittadini nipponici.
Alcuni di loro cercano di ricostruirsi una vita onestamente, altri si imbarcano in rocambolesche avventure ai limiti della legalità, ma tutti sono accomunati dal desiderio di sopravvivere. E sono disposti a compiere anche le azioni peggiori, come rubare o prostituirsi, spinti dalla necessità. Per il lettore di oggi che vive negli agi e nelle comodità simili circostanze possono sembrare inverosimili, ma Tezuka ne è stato testimone in prima persona.
Il volume è diviso in due parti: la prima si svolge nel 1945 e racconta il bombardamento di Osaka e i primi tentativi dei vari personaggi di rifarsi una vita; la seconda salta al 1947, in piena ricostruzione, e si concentra soprattutto sulla figura di Tetsu, che deve fare i conti con il proprio odio nei confronti degli occupanti americani e del loro comandante, il generale Douglas MacArthur.
La follia del militarismo giapponese
Come ogni opera di Osamu Tezuka, anche Osaka, 1945 ha il pregio di bilanciare sapientemente dramma e comicità. Le storie raccolte nel volume toccano temi seri, a volte piuttosto pesanti, senza rinunciare a situazioni comiche e grottesche che in molti casi enfatizzano ancor di più il messaggio che l’autore vuole dare.
Basti pensare alle vignette che aprono la prima parte dell’opera: il soldato Takatsuka va alla ricerca di superstiti nella città devastata dalle bombe, trova una pozza di cioccolato e vi si fionda, trascurando il suo dovere; poco più tardi viene redarguito dal suo superiore e brutalmente picchiato per la debolezza dimostrata. Sono scene che farebbero ridere, se non fosse che il soldato si è lasciato andare alla golosità perché, parole sue, era da anni che non vedeva della cioccolata: e questo fa capire al lettore come dietro la sciocchezza commessa dal soldato si nasconda il dramma delle privazioni che la guerra ha imposto.
Così come la reazione del suo superiore, che gli rinfaccia di non essere un autentico giapponese perché incapace di controllare i suoi istinti, lascia trasparire il clima che si respirava negli ambienti militari nipponici, in cui concetti altrimenti lodevoli come l’onore, l’autocontrollo e il rispetto delle regole venivano portati all’estremo fino a essere pervertiti in qualcosa di sbagliato.
Qualche pagina più avanti uno dei protagonisti, Tomo, arriva a uccidere e cucinare un cane incontrato per strada. E anche qui sarebbe facile mettersi a ridere quando il padrone arriva alla ricerca del proprio animale, se non fosse che la situazione fa riflettere su quanto la gente sopravvissuta al bombardamento fosse così disperata e affamata da cibarsi persino di un cane. E questi sono solo due esempi, se ne potrebbero fare decine.
Col pretesto di raccontare la devastazione di Osaka, Tezuka lancia continue frecciatine contro il militarismo che ha condotto il Giappone al conflitto con gli Stati Uniti e, di conseguenza, ai bombardamenti e agli ordigni nucleari. Soprattutto gli ufficiali sono rappresentati in una luce molto negativa, quasi Tezuka volesse evidenziare la loro piena responsabilità nella direzione che il paese aveva preso negli anni ’30 e ’40.
Ce n’è anche per le forze di occupazione americane, visto che i soldati statunitensi, quando compaiono per la prima volta sulla scena, non sono meno sbruffoni e prepotenti dei loro colleghi nipponici. Tuttavia Tezuka dà a Cesare quel che è di Cesare e se da un lato mette in scena la rabbia dei giapponesi verso la nazione che li ha sconfitti in guerra, dall’altro sottolinea come gli americani abbiano combattuto per la liberazione dei popoli oppressi.
Osaka, 1945 e i problemi del dopoguerra
Quando passa ad affrontare i problemi del dopoguerra, Tezuka tratta della discriminazione dei cittadini coreani sul suolo giapponese, della difficile ricostruzione edilizia e sociale, delle difficoltà delle aziende superstiti che non riuscirono ad adeguarsi subito al nuovo mercato, persino della nascita dell’editoria pornografica e dell’ascesa del commercio di articoli legati ai manga, che oggi possono sembrare un’ovvietà ma che in quegli anni furono una vera e propria rivoluzione.
La vita nel dopoguerra si rivela non meno difficile e fragile di quella del periodo bellico, anzi, proprio attraverso le storie di personaggi costretti a rubare o a vendere il proprio corpo, Tezuka fa capire quanto sia stato faticoso per il paese ripartire. Oggi il Giappone è una potenza mondiale, ma settant’anni fa era un cumulo di macerie da ricostruire, in cui disperati come Tomo o Tetsu lottavano con le unghie e con i denti per arrivare al giorno dopo.
Ma in questo dramma c’è qualche barlume di speranza. Osamu Takatsuka intraprende la carriera del mangaka e rappresenta un evidente alter ego di Tezuka, col quale condivide anche il nome; mentre Kenji riesce tra alti e bassi a mantenere a galla l’impresa di famiglia, specializzata in spille e finimenti. E’ da figure come loro che il Giappone è ripartito e ha potuto lasciarsi alle spalle l’orrore di anni difficili, pieni di miseria e di sofferenza.