History’s Strongest Disciple Kenichi, o più semplicemente Kenichi come è noto da noi, è un manga shōnen scritto e illustrato da Syun Matsuena. In Giappone è stato serializzato da Weekly Shōnen Jump, da agosto del 2002 a settembre 2014, conclusosi con il volume 61. Un anime è stato tratto dalla serie, composto da 50 episodi più 12 OAV, che coprono però solo parte della serie. Kenichi è la rivisitazione di un altro lavoro di Matsuena, ovvero Combatti! Ryōzanpaku, la storia del discepolo più forte, una serie di 5 volumi.
In Italia, il manga è stato pubblicato da Planet Manga.
TRAMA
La storia segue Kenichi Shirahama, un ragazzo di 15 anni mite e gran lettore, vittima di bullismo da parte dei suoi senpai al club di karate che frequenta. Un giorno conosce una ragazza, Miu Fūrinji, appena trasferitasi nella sua scuola, e scopre con grande sorpresa che è una bravissima artista marziale. Deciso ad apprenderle a sua volta per liberarsi dei bulli che lo opprimono e per difendere tutti coloro che sono nella sua situazione, Kenichi implora la ragazza di insegnargli e lei, per tutta risposta, lo conduce al suo dojo, il Ryōzanpaku, dove conosce i suoi maestri.
Kenichi scopre presto che i maestri della ragazza hanno dei metodi di addestramento molto particolari e parecchio pericolosi. Tuttavia, sono anche efficaci: in brevissimo tempo, infatti, il ragazzo diventa abbastanza forte da sconfiggere i bulli della sua scuola. Il rovescio della medaglia è però l’aver attirato le attenzioni di Ragnarok, una gang di teppisti piena di artisti marziali interessati alle sue potenzialità, sia come nemico che come possibile alleato. E da qui iniziano un addestramento ancora più duro e una dura serie di battaglie per Kenichi, intenzionato a diventare sempre più forte per difendere i suoi ideali.
CONSIDERAZIONI
C’è una premessa doverosa da fare: le arti marziali sono una delle mie più grandi passioni. Sia come semplice appassionato sia come praticante dilettante, le arti marziali hanno sempre fatto parte della mia vita, in tutte le sue forme. Inclusi ovviamente anime e manga.
Chiunque come me provi anche solo un certo interesse per le arti marziali non può che adorare Kenichi. Sulla superficie sembra essere la classica serie shōnen come se ne trovano tanti in giro, in cui gli intermezzi dei personaggi sono solo riempitivi tra un combattimento e l’altro, e c’è una certa dose di verità in tutto questo. Kenichi ha tutte le caratteristiche dello shōnen: un protagonista sulla carta sfigato ma che poi perde questa caratteristica, combattimenti furiosi di livello crescente di difficoltà fino a giungere al “boss finale”, lunghe sessioni di allenamento, le figure dei mentori, fanservice… Insomma, la ricetta completa.
Eppure se certi elementi sono comuni a tutto quel genere di storie è perché funzionano. E Kenichi li sfrutta appieno, costruendo una storia coerente, ben ritmata e coinvolgente. Tutti il cast di personaggi funziona e quasi nessuno, nemmeno i personaggi secondari, viene lasciato monodimensionale: ognuno ha le proprie motivazioni, ognuno combatte per un motivo, una persona, un’ideale. Anche i nemici vengono spinti da valori non sempre condivisibili ma sempre e comunque delineati, permettendo al lettore di comprendere se non altro le loro motivazioni. Il risultato è quindi leggere una storia dove all’improvviso è difficile (ma non certo impossibile) tifare subito per il buono, poiché anche il “cattivo” sembra avere delle valide ragioni a supportarlo.
La forza principale di Kenichi è proprio questa: creare un cast corale dove anche il nemico ha un posto di spessore.
Il tema portante che emerge in Kenichi è il rispetto, quello tipico che si può trovare nella tradizione marziale: raramente è l’odio a spingere due personaggi a combattere, e anche durante la lotta, quando valori e ideali dei due contendenti inevitabilmente emergono, non è l’odio a guidare le loro azioni, le loro tecniche, bensì il desiderio di prevalere, di dimostrare la sua superiorità, come giusto che sia. Mostrando però sempre e comunque rispetto e comprensione per l’altro, mai denigrandolo per la presunta incapacità o per l’inconsistenza dei loro valori, anche in contrasto con i suoi. Per poi mostrare una crescita personale di entrambi alla fine della battaglia.
In questo, strizza l’occhio a Ken il Guerriero (di cui è stata fatta una bella recensione), in cui i combattimenti principali tra i personaggi erano sempre fonte di emozione e riflessione, e i due contendenti erano sempre spinti dal desiderio di mettere l’altro alla prova, nel reciproco rispetto delle proprie abilità.
I combattimenti in Kenichi non sono mai zuffe scomposte, ma veri e propri scontri di ideali, portati avanti susseguendosi tecnica su tecnica. Ogni tanto possono risultare confusi, dato il tratto veloce e dinamico dell’autore che, nel voler replicare la velocità furiosa deii combattimenti di arti marziali, a volte perde un po’ di lucidità. Tuttavia, è chiaro come l’autore abbia attuato una profonda ricerca sulle arti marziali stesse (che, fun fact, sono tutte esistenti), risultando in combattimenti dal ritmo serrato e coinvolgente senza risultare mai banali o ripetuti.
Se Kenichi ha i pregi tipici del manga shōnen, purtroppo ne porta con sé i difetti: alcune sezioni della storia, per quanto non siano dei filler, risultano poco interessanti, forse perché viene coinvolto un personaggio fino ad allora mai messo troppo in mostra, magari fermando il ritmo prima serrato della storia. E per quanto numerosi personaggi vengano ben approfonditi molto spesso, specie con l’avanzare della serie, a rubare la scena sono sempre i soliti protagonisti.
Altro punto dolente è l’idealismo di Kenichi e il suo buonismo che, per quanto possano essere condivisibili, a volte risultano persino stucchevoli, portando a percepire come noiosa una parte altrimenti interessante. Infine il fanservice è fin troppo presente, con scene “da sangue dal naso” a volte non necessarie e fastidiose.
Tutto questo non intacca tuttavia il valore di Kenichi come opera, un manga che chiunque sia appassionato di arti marziali può trovare sicuramente interessante e coinvolgente sia per l’azione, sempre presente e d’intrattenimento, sia per la cura e la dedizione all’aspetto marziale che l’autore ha saputo dare alla sua opera.