Qualche tempo fa abbiamo parlato di Ramenburger, la nuova iniziativa editoriale di saldaPress che propone opere in un nuovo formato ispirato a quello dei manga (sebbene le pagine siano da sfogliare all’occidentale come qualunque altra pubblicazione della casa reggiana).
Dopo averti presentato Godzilla. La guerra dei 50 anni, è arrivato il momento di dire la nostra anche sul primo volume di Volt, opera squisitamente umoristica di Stefano ‘TheSparker’ Conte, pubblicata per la prima nel 2016 sempre da saldaPress e ora tornata in una veste totalmente rinnovata.
Non si tratta del debutto dell’autore essendo egli attivo in ambito fumettistico fin dal 2007, sebbene relegato per circa nove anni sul solo web, ove ha pubblicato diverse parodie fumettistiche.
La vena parodica rimane e si sente anche in Volt, sebbene, al pari del buon Michele ‘Zerocalcare’ Rech, in questo caso si tratta del dipinto di uno spaccato di vita che se nel caso del fumettista franco-romano (anzi, ‘rebibbiese‘) poteva toccare chiunque, in questo è maggiormente centrato sul mondo nerd, in particolar modo su frequentatori e frequentatrici di fumetterie, e anche su chi gestisce tali “portali [per] accedere a mondi fantastici“ (queste le parole dell’autore riferendosi ad esse).
Volt, una resa o un nuovo inizio?
La storia si apre con un Volt H. Power ormai anziano (come faccia un robot ad invecchiare ce lo può dire solo il nostro TheSparker) che racconta ai suoi nipotini un po’ tonti dell’esistenza delle fumetterie, ormai scomparse, probabilmente a causa della totale digitalizzazione del mercato editoriale.
Onde raccontare le vicende che hanno portato alla fine di questi esercizi a noi presumibilmente familiari, Volt porta la narrazione alla sua giovinezza, quando era un giovane robot con mille sogni ma nessuna voglia di impegnarsi onde realizzarli (per sua ammissione, a causa dell’eccessivo numero di videogiochi presenti sul mercato). Tra questi spiccava il seguente: fare il fumettista.
Sua madre, una robot di sesso femminile chiamata Dark Mother (dall’estetica e dalla favella palesemente a quelle del papà cyborg più famoso della fantascienza, ossia Darth Vader), ossessionata dal mito del sistemare la propria prole, gli concede così un anno di tempo onde concludere qualcosa nel proprio campo, alla scadenza del quale dovrà accettare la prima proposta di lavoro utile.
La svolta arriva quando, nel tentativo di piazzare le sole cinque copie del proprio fumetto (totalmente autoprodotte, dall’editing alla stampa), Volt si imbatte in una fumetteria nella quale viene accolto in maniera piuttosto bislacca dal gestore (una sorta di gatto antropomorfo vestito da Batman/Wolverine), il quale finisce per offrirgli un lavoro come commesso.
Inizia così per il giovane robottino tutta una serie di vicissitudini in cui si ritroverà a gestire i clienti più disparati e a confrontarsi con dispotici colleghi più anziani, mentre esperisce quella lui come molti fumettisti di professione percepiscono come una resa, ma che nella pratica finisce per tradursi in una straordinaria avventura ricca di risate.
Un omaggio cartaceo alla cultura nerd
Dalla prima all’ultima pagina, questo primo volume di Volt straripa di citazioni che chi legga tanti fumetti (o comunque fruisca di molti tra film, serie televisive o videogiochi) non fa fatica a cogliere, mantenendo la verve parodistica che ha contraddistinto la quindicennale carriera dell’autore.
Tra le chicche abbiamo il Nerdonomicon, una guida lasciata da uno dei predecessori del robottino volta a salvarlo dalle angherie degli strambi avventori della fumetteria, e tanti riferimenti ad opere realmente esistenti, soprattutto per quanto riguarda il fumetto giapponese. Lo stesso volume autoprodotto di Volt è un omaggio a questo mondo, infatti è intitolato Le cinetiche mangavventure di Mangaman!
Il tratto è quello tipico del fumetto umoristico: tondeggiante e con ombreggiature ridotte all’osso, tuttavia non manchevole di personalità e originalità, sebbene qualche eco ortolaniano sia indubbiamente presente. Nel suo complesso l’opera è scorrevole e piacevole da leggere, e riesce tranquillamente a strappare numerose risate vignetta dopo vignetta.
Anche i personaggi si rivelano piuttosto interessanti malgrado questo genere non preveda di approfondire chissà quanto i protagonisti. Persino tra i fastidiosi ed ostici clienti di Volt ci sono individui che riescono a ritagliarsi un’ottima scena, tra i quali spicca lo Schiattasanti, un T-Rex che rappresenta l’archetipo del ‘capiscione‘ ovvero di colui che si erge a grande intenditore e arbitro degli acquisti altrui, il quale, a detta del datore di lavoro di Volt, rappresenterebbe l’unica eccezione alla regola non scritta del capitalismo: “il cliente ha sempre ragione“.
Un’ultima nota di merito va ad una conclusione presente a inizio albo durante un dialogo tra Volt e un cliente, ove si può leggere il seguente sillogismo che potrebbe darti molto da pensare (chi scrive ha avuto la medesima reazione, conoscendo sé stesso):
– […] fare un altro lavoro significa arrendersi! E io voglio fare il fumettista! Inoltre non mi piace la gente! Non la capisco. Mi spaventa! Odio la gente!
– Ma che dici?! È ovvio che ami la gente. I fumetti parlano di persone. E sono sempre le persone a leggerli.
Come al solito, ti ricordiamo che se vuoi recuperare l’albo puoi trovarlo su Amazon al seguente link.