Nella recensione dei oggi analizzeremo l’anime Vivy: Fluorite Eye’s Song, serie scritta da Eiji Umehara e Tappei Nagatsuki e diretta da Shinpei Ezaki, prodotta da Wit Studio e trasmessa tra aprile e giugno 2021. Dalla serie è tratto un manga, disegnato da Morito Yamataka e attualmente arrivato al secondo volume, e una novel intitolata Vivy prototype, scritta da Tappei Nagatsuki e Eiji Umehara e illustrata da Loundraw. Iniziata nel 2021 si è conclusa con il quarto volume.
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La trama di Vivy
Nel 2056 lo sviluppo tecnologico ha consentito la realizzazione di androidi dotati di intelligenza artificiale, meglio conosciuti come AI e destinati ognuno ad una specifica missione, lo scopo per cui sono state programmate. Vivy è una AI con la missione di portare felicità attraverso le sue canzoni ed è impiegata come cantante nel parco di NiaLand; un giorno le fa visita Matsumoto, una AI venuta da 100 anni nel futuro con lo scopo di convincerla a collaborare al Progetto Singolarità, volto a prevenire una ribellione delle intelligenze artificiali ai danni dell’umanità. Dopo molte esitazioni Vivy accetta, convinta che il progetto sia necessario alla buona riuscita della sua missione.
Impressioni
La serie di Vivy propone come protagonista un robot dotato di intelligenza artificiale, che ha come scopo quello di rendere felici le persone attraverso le sue canzoni; all’inizio, tuttavia, la sua personalità un po’ cupa e ritrosa non la aiuta molto nello scopo. Dopo un cambio radicale di carattere dovuto ad un evento scioccante, l’androide diventa una vera e propria idol famosa in tutto il mondo e miete un successo dopo l’altro prima di essere mandata in pensione.
L’anime propone allo spettatore una riflessione sull’avanzamento tecnologico e sulle ripercussioni morali e sociali che può comportare un grande avanzamento tecnologico e un impiego troppo massiccio di robot e intelligenze artificiali, portandolo a chiedersi se sia realmente una scelta saggia affidarci così tanto alle macchine. In particolare si esplora un mondo delle idol completamente robotizzato in cui le star non sono più esseri umani, ma macchine, ovviamente impeccabili e prive dei difetti che sono propri dell’umanità.
Tuttavia anche il mondo dei sentimenti prende posto nel corso degli episodi, poiché queste intelligenze artificiali arrivano pian piano a provare emozioni che le rendono sempre più umane e sempre più desiderose di libertà, a differenza di Vivy che, nonostante tutto ciò che le accade, rimane fedele alla sua missione.
La storia si dipana su un lasso di tempo di circa un secolo e porta quindi ad affrontare un’altra tematica, quella della perdita. In modo simile al film anime Maquia, anche se di certo non agli stessi livelli, anche Vivy è costretta a passare attraverso le numerose perdite di persone conosciute prima e durante le sue missioni e per le quali sentiva di provare una sorta di legame. Il tempo passa e così la protagonista vede cresce e invecchiare un bambino che continua a farle visita anche una volta adulto e poi anziano.
Il comparto grafico è molto buono e i disegni sono di ottima fattura; le animazioni, che peccano forse in alcun punto, diventano dinamiche e adrenaliniche durante le cene di combattimento, riuscendo a dare vita ad una buona serie anime. Ho trovato invece il comparto sonoro e le canzoni molto piacevoli e orecchiabili, anche se poche si possono definire memorabili.