Annunciata da Netflix nel marzo 2019, Vampire in the Garden è una serie anime di cinque episodi prodotta da Wit Studio e pubblicata globalmente il 16 maggio 2022 su Netflix. La direzione è stata affidata a Ryōtarō Makihara, mentre il character design a Tetsuyo Nishio.
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La trama di Vampire in the Garden
Durante l’era dell’inverno il mondo venne assalito dai vampiri, che portarono con sé una nuova malattia. Gli umani furono sopraffatti dai loro poteri sovrannaturali e in molti, per potersi difendere, costruirono una città cinta da un muro di luce chiamata Central. Per non attirare i vampiri la musica fu vietata e gli umani costretti al totale silenzio.
Momo è una giovane ragazza di Central, figlia del generale delle forze armate anti-vampiro. Un giorno, durante una missione volta all’eliminazione di un gruppo di vampiri, trova casualmente un carillon e lo porta a casa per ripararlo.
Una notte i vampiri attaccano Central con l’intenzione di distruggere la fonte della luce e durante gli scontri, Momo, delusa, amareggiata e desiderosa di trovare pace, cerca una via di fuga; conosce così Fine, una vampira che, come lei, è stanca della guerra tra vampiri e umani.
Allontanatesi insieme da quell’inferno, si metteranno in viaggio alla ricerca della leggendaria utopia in cui le due razze convivono pacificamente, Eden. Alle calcagna si ritroveranno presto l’esercito di Central, che vuole salvare Momo pensando sia stata rapita, e le alte sfere del regno dei vampiri, che intendono riportare indietro Fine.
Impressioni e analisi
Vampire in the Garden è una serie che riesce a intrattenere abbastanza bene, ma così come ha alcuni aspetti positivi ne ha altrettanti negativi.
L’aspetto tecnico è decisamente buono, con un character design ben studiato e realizzato e animazioni di ottima qualità, che riescono a imprimere non poca spettacolarità alle numerose scene d’azione e combattimento. La CGI, tuttavia, non è allo stesso livello e cozza incredibilmente con le scene in animazioni tradizionali.
La serie coglie l’occasione per lanciarsi apertamente contro la guerra e costruire così un impianto anti-militarista che vede le due protagoniste fuggire dall’eterna lotta tra le loro due razze. La guerra è dipinta con estrema crudezza e crudeltà con tutti i suoi orrori, alla quale tuttavia si contrappone la bellezza della musica che Fine fa pian piano conoscere a Momo, di essa privata dal governo di Central.
Molto interessante è l’ambientazione, caratterizzata da un paesaggio perennemente invernale e funestato da neve e ghiaccio, grazie alla quale gli autori riescono a costruire un mondo che volge al lugubre e allo spettrale, un mondo ostile dove sopravvivere diventa arduo e che rimarca gli orrori della guerra dai quali le due protagoniste vogliono fuggire.
Legato anche all’ambientazione sono i tre luoghi che le protagoniste visitano durante il loro viaggio, dove vengono analizzati tre diversi livelli di convivenza tra vampiri ed esseri umani: le due città iniziali, dove umani e vampiri lottano continuamente tra di loro cercando di cancellare la fazione opposta, la città di Volskaja, dove le due razze convivono separate e in cattivi rapporti, e infine Eden, il luogo che le due ragazze vogliono raggiungere e dove le due fazioni vivono, all’apparenza, unite e in pace.
È interessante notare come il cielo sia sempre scuro o coperto di nubi, ad eccezione di due occasioni: quando Momo e Fine stanno viaggiando e nei primi momenti in cui si trovano a Eden. L’amicizia (e probabilmente l’amore) tra le due protagoniste dimostra che è possibile vivere insieme e in pace, accantonando ogni tipo di discriminazione; l’esplorare le tre città permette alla serie di dimostrare non solo gli orrori della guerra, ma anche la bassezza e l’inutilità delle discriminazioni.
Il finale è realizzato veramente bene e riesce a strappare più di un’emozione allo spettatore, nonostante in fin dei conti non sia un vero e proprio colpo di scena inaspettato.
Veniamo ora alle note dolenti: la prima è certamente l’estrema brevità della serie, che costringe gli eventi a proseguire troppo rapidamente e a tratti in modo un po’ confuso, impedendo allo spettatore di provare empatia a sufficienza per le due protagoniste. A mio parere si sarebbe ottenuto un risultato migliore realizzando un film piuttosto che una serie.
Per quanto riguarda il doppiaggio, quello italiano non riesce certo a raggiungere buoni livelli, in particolare le voci delle due protagoniste che spesso risultano poco verosimili e forzate; meglio il lavoro svolto nel doppiare i personaggi secondari.