The Horizon è una delle rivelazioni degli ultimi mesi. Arrivato finalmente in Italia grazie a Gaijin, etichetta di Renoir Comics, il volume di JungJi Hun ha da subito riscosso un successo straordinario tra il pubblico italiano e non solo. Non a caso si è guadagnato a buon diritto la candidatura come miglior fumetto asiatico per gli Eisner Awards 2024.
Per questo non poteva mancare la nostra recensione di questo sconvolgente fumetto!
The Horizon: la trama
Il primo volume di The Horizon non ha davvero una trama. È piuttosto una lunga riflessione sul significato della vita, un viaggio grafico attraverso il dolore, la morte e la ricerca disperata del senso di un’esistenza spezzata e senza punti di riferimento.
Il protagonista è un bambino, a cui la guerra ha violentemente strappato tutto: una casa, un posto in cui vivere, una famiglia. D’improvviso si ritrova nel bel mezzo del nulla, circondato da corpi senza vita tra cui quello della stessa madre. In mezzo agli orrori della guerra il bambino si trascina in maniera del tutto apatica, almeno fino a che non incontrerà una bambina e nel suo sguardo, altrettanto vacuo, scorgerà il riflesso di sé stesso: un’ombra fragile e impaurita incapace di scegliere se cercare un po’ di luce o abbandonarsi all’oscurità.
I due cominciano a viaggiare insieme, senza meta, senza un obiettivo specifico. Dinanzi a loro hanno solo l’orizzonte, vasto e sconosciuto, oltre il quale forse si trova il loro traguardo, qualunque esso sia. In questo viaggio i due dovranno confrontarsi con ciò che rimane del mondo adulto, fatto di paure, istinti mal repressi e un dolore impossibile da guarire. Ma se gli adulti sono a pezzi e la disperazione dilaga, per quanto tempo riusciranno ad andare avanti?
Un viaggio tra violenza e innocenza
Non è difficile capire perché il manhwa di The Horizon, che comprende ben tre volumi di cui per il momento solo uno è edito in Italia, abbia ricevuto una candidatura agli Eisner Awards. Dal primo istante in cui si ha il libro tra le mani e si sfogliano le prime pagine si ha l’impressione di avere a che fare con una di quelle opere che sono destinate a lasciare il segno.
The Horizon è sicuramente una lettura impegnativa, forte e difficile, probabilmente non adatta a tutte le età e questo l’autore lo mette subito in chiaro, non solo dal punto di vista narrativo (la scena iniziale in cui il bambino affronta la morte della madre è quasi disturbante) ma anche da quello grafico. I toni sono quelli del bianco e nero ma quando JunJi Hun decide di usare il colore, ricorre a toni ancora più scuri, cupi e sanguigni per dare enfasi ad un’ambientazione apocalittica che tuttavia rimane volutamente sospesa e abbozzata.
È questo clima di perenne sospensione, probabilmente, uno dei punti di forza narrativi di questo volume. Non sappiamo dove ci troviamo, in quale epoca, in quale città, non conosciamo nemmeno i nomi dei bambini protagonisti. Ogni informazione chiave viene lasciata da parte per conferire, paradossalmente, all’opera un realismo ancora maggiore e una forza ancora più intensa.
Perché quel bambino che avanza con lo sguardo spento tra una miriade di corpi senza vita, oggi più che mai, risulta attuale, come attuale risulta lo scenario di guerra e di violenza gratuita che lo circonda. Ogni singolo elemento delle tavole non fa che esaltare il clima di disperazione, di assurdità che si respira tra le tavole. Dalle pagine completamente nere, al tratto sporco e ruvido con cui vengono presentati i personaggi, fino agli scarabocchi che, a volte, finiscono per sostituire i volti dei caduti durante un raid di guerra: ogni cosa sembra suggerire che la brutalità e la spietatezza sembra essere connaturata al genere umano.
Il bambino e la bambina rappresentano due mondi opposti ma non antitetici, due visioni differenti che li spingono a reagire in modo diverso all’insensatezza in cui sembrano perdersi. Il bambino rappresenta il disincanto, il vuoto che si impossessa di un animo che ha perso ogni punto di riferimento e che non riesce a guardare oltre: «Dove stiamo andando?» chiede ad un certo punto la ragazza, contemplando l’orizzonte «Da qualche parte» risponde il bambino che alla domanda «Cosa ci attende alla fine della strada?» replica freddamente «Solo la fine della strada»
E per superare quel vuoto all’apparenza incolmabile al bambino non resta che affidarsi alla bambina, a quella compagna che rappresenta per lui, l’unica luce all’orizzonte, una luce per difendere la quale è pronto a tutto, come si evince dalle ultime pagine di questo primo volume di The Horizon. E verrebbe da chiedersi se non fosse stato proprio questo atteggiamento a scatenare l’apocalisse, nemmeno troppo distopica, in cui vivono i protagonisti.
The Horizon può sembrare all’apparenza un’opera cruda, crudele quasi, ed estremamente pessimista. Ma non è del tutto così. È la bambina, prototipo di innocenza, a riportare spesso la luce nelle tavole annegate nell’inchiostro più scuro. Anche lei è vittima di quel mondo crudele e di quell’umanità bestiale che ha svuotato di ogni cosa il bambino. Ma se quest’ultimo reagisce cedendo a quel lato oscuro, lei lo fa rispondendo con innocenza e amore anche nei confronti di un mondo che, in fondo, quell’amore non se lo merita affatto.
È proprio in questa contrapposizione, appena accennata ma ben presente in questo primo volume, che si nasconde tutta la poesia di The Horizon, una lettura a tratti difficile ma imperdibile per tutti coloro che desiderano guardare la realtà che ci circonda con occhi diversi.