Il nome di Kazuhiro Fujita è legato principalmente ai battle shōnen Ushio e Tora e Karakuri Circus, ma nella sua bibliografia “minore” può capitare di imbattersi in titoli interessanti, come le storie che compongono la serie The Black Museum.
Le prime due storie, The Black Museum – Springald e The Black Museum – Springald: Mother Goose, sono state pubblicate sulla rivista Morning dell’editore Kōdansha da maggio ad agosto 2007 e successivamente raccolte in un volume. Una terza storia, The Black Museum – Ghost & Lady, è stata serializzata sulla medesima rivista dal novembre 2014 al giugno 2015 e pubblicata in altri due volumi.
Già nel 2009 Springald fu portata in Italia dalla neonata GP Publishing. Più di recente, nel 2017, tutti e tre i volumi sono stati riproposti da Star Comics.
Il titolo della serie fa riferimento a un museo londinese realmente esistente dal 1874, situato nei pressi di Scotland Yard, chiuso al pubblico e contenente cimeli criminali.
The Black Museum – Springald: la minaccia di “Jack dai tacchi alti”
I presunti testimoni lo descrivevano come un umanoide dal volto sfigurato, vestito di mantello ed elmetto, armato di artigli metallici e dotato di una straordinaria forza nelle gambe, che gli permetteva di spiccare enormi balzi. Poi, dopo mesi di
Fujita conobbe questo singolare personaggio attraverso “Leggende e misteri di Londra” di Katsuo Jinka, il primo libro a far conoscere al pubblico giapponese una grande quantità di leggende e aneddoti sulla Londra vittoriana.
Lo stesso Jinka contribuì al manga scrivendo i Bollettini del Black Museum che nell’edizione in volume sono posizionati tra un capitolo e l’altro, e in cui vengono date preziose informazioni su Jack dai tacchi alti ma anche sulla vita e sulla società dell’epoca.
Nella sua personale reinterpretazione, Fujita immagina una prosecuzione della storia e cerca di svelare anche l’identità del personaggio, sposando una teoria avanzata già all’epoca degli attacchi (e che qui non verrà riportata per non rovinare la sorpresa ai lettori).
La storia del manga si svolge dunque nel 1841, tre anni dopo l’uscita di scena di Jumping Jack: non solo il figuro saltellante sembra essere tornato, ma adesso uccide le sue vittime, invece di limitarsi a terrorizzarle come faceva anni prima.
Inutile dire che dietro il nuovo Jack c’è un impostore, ma la catena di eventi innescata dalla sua apparizione costringerà anche il vecchio Jack a tornare in azione, per salvare Londra e le persone amate.
Pur nella sua brevità (è composta da appena 6 capitoli), Springald riesce a essere una storia molto coinvolgente, che mescola abilmente combattimenti adrenalici tra i tetti della metropoli londinese e approfondimento dei personaggi, in particolare del protagonista, ricorrendo all’occorrenza anche a flashback e digressioni.
Il volume di The Black Museum – Springald è completato da una seconda storia in tre parti, Mother Goose, ambientata alcuni anni dopo. I protagonisti questa volta sono due ragazzini che devono vedersela con un viscido fotografo pedofilo, ma c’è spazio anche per il vecchio Jumping Jack nuovamente nei panni dell’eroe.
The Black Museum – Ghost & Lady: Florence Nightingale e il fantasma
I protagonisti questa volta sono, come recita il titolo, un fantasma e una fanciulla. Lui è lo spirito di un abile duellante inglese, che infesta un teatro e nasconde un passato doloroso; lei è nientemeno che Florence Nightingale, figura realmente esistita, celeberrima infermiera che con tenacia e intelligenza gettò le basi della moderna assistenza infermieristica.
In questa incarnazione, la Nightingale ha il potere di vedere gli spiriti, ma ciò rappresenta una vera e propria condanna, al punto da spingerla a chiedere al fantasma di ucciderla.
Cosa che non si verificherà, altrimenti la storia non avrebbe modo di esistere, ma le capacità sovrannaturali di Florence conferiscono all’opera una componente fantastica, quasi orrorifica, che Fujita riesce a sposare perfettamente con la ricostruzione storica.
Florence è una ragazza forte, determinata, dal carattere di ferro, che dovrà affrontare numerosi ostacoli per raggiungere i propri obiettivi; mentre Grey, questo il nome dello spettro, dietro l’atteggiamento spavaldo e superficiale nasconde un cuore d’oro e un passato doloroso, che si rivelerà più avanti nel corso della storia.
Il tipo di legame tra i due protagonisti si basa, almeno all’inizio, sullo stereotipo tanto caro a Fujita degli opposti caratteri costretti a collaborare per necessità, come già accadeva in altre sue opere (si pensi a Ushio e Tora dell’omonimo manga o a Kato e Shirogane di Karakuri Circus).
Tuttavia l’abilità dell’autore sta nel rendere questo rapporto molto più complesso di così, facendo nascere una vera amicizia tra i due, che li porterà a maturare come persone e renderà ancora più intenso e commovente il finale.
I pregi della serie The Black Museum
Pur concedendo ampio spazio all’invenzione artistica, l’autore ci tiene a offrire un ritratto attendibile e veritiero della Londra di metà Ottocento, senza contare che nella seconda parte di Ghost & Lady l’azione si sposta anche in Crimea, in occasione dell’omonima guerra a cui la Nightingale partecipò come infermiera militare.
E’ la stessa Londra gotica di Dracula, di Jack lo Squartatore e di Mr. Hyde, ma anche la Londra della rivoluzione industriale e della nuova società capitalista, oppressa da una perenne atmosfera grigia e cupa che il manga riesce a restituire egregiamente.
Il tratto di disegno di Fujita è perfetto per le storie che racconta: spigoloso, affilato, aggressivo a volte, cupo e mesto, ma anche molto attento ai dettagli e persino, quando serve, delicato e luminoso.
L’autore è a suo agio sia che si tratti di portare in scena orrende apparizioni spiritiche, sia che debba rappresentare graziose fanciulle, magari con qualche seno che sbuca qua e là (dopotutto Morning è una rivista seinen, e questo deve aver concesso qualche libertà in più rispetto a Weekly Shōnen Sunday).
Un ulteriore pregio va fatto all’edizione italiana più recente e completa, quella uscita per Star Comics nel 2017 e tuttora reperibile: tutto l’apparato extra-narrativo di note e approfondimenti è stato mantenuto e in più le sovracopertine ricordano esteticamente le copertine in cuoio dei libri antichi, con i caratteri in oro.
Se proprio si vuole trovare un difetto in The Black Museum, bisogna cercarlo nella sua brevità: le leggende metropolitane e il folklore dell’Inghilterra vittoriana offrono sicuramente tantissimo materiale per altre storie ed è un peccato che Fujita si sia limitato a queste tre.
Ma è anche vero che Ghost & Lady è stato pubblicato a diversi anni di distanza da Springald e Mother Goose: quindi chissà che tra qualche anno Fujita non metta di nuovo mano al libro del professor Jinka per trarne qualche altra ispirazione.