Nei dieci anni trascorsi tra il 2006 ed il 2016, in Giappone, la rivista bisettimanale Young-King, specializzata nel genere seinen, ha pubblicato, con cadenza irregolare, i capitoli dell’opera di un mangaka sudcoreano e residente in Giappone: Boichi. Il titolo del manga in oggetto è Sun-Ken Rock. I 25 volumi di cui il manga è composto sono editi anche in Italia, dall’editore J-Pop.
La trama
Ken Kitano è un giovane giapponese innamorato di una sua compagna di classe, Yumin. Un giorno, la ragazza gli confida di essere, in realtà, di origini coreane e che, in virtù di quelle origini, si trasferirà proprio nella Corea del Sud, dove proverà ad entrare in polizia. La forza dei sentimenti di Ken per la giovane è tale da spingerlo a partire per Seoul, per ritrovarla. Appena giunto in Corea, però, Ken si ritrova a combattere casualmente contro una gang locale, attirando l’attenzione di un’altra gang che prova ad affiliarlo. In seguito ad un particolare scambio di opinioni con questi ultimi, Ken si ritrova ad essere il boss del gruppo, ribattezzato, per l’occasione, Sun-Ken Rock. Da quel giorno, ha inizio, per Ken e tutta la Sun-Ken Rock, la scalata verso un potere che ha come primo obiettivo quello di difendere le classi sociali più deboli.
La scalata al potere, nel mondo del crimine organizzato, non è certo un’idea originale. Nel cinema, ad esempio, abbiamo assistito a diverse applicazioni dello stesso soggetto, decenni or sono, consacrate in pietre miliari della storia della Settima Arte, come Scarface (1983, diretto da Brian De Palma), Carlito’s way (1993, sempre di Brian De Palma) o, ancora, Blow (2001, diretto da Ted Demme). La fondamentale differenza tra questi intrecci e quello del manga di Boichi sta tutta nella natura della “Chiamata all’avventura”, come la definì lo sceneggiatore statunitense Chritopher Vogler nel suo “Il viaggio dell’eroe“. Nella classica divisione in tre atti di una qualsiasi narrazione, Vogler definì delle sezioni subordinate ad essa. La fase della “chiamata all’avventura” corrisponde a quell’evento che spinge il protagonista di una storia a reagire ad uno stimolo esterno inconsueto, reazione che, più in là, lo vedrà gettato nel pieno di un’avventura. Se nei film citati il protagonista intraprende la sua scalata al potere spinto da avarizia, sete di potere o dalla voglia di una rivincita sociale, in Sun-Ken Rock si assiste a due diverse spinte esterne: la partenza di Yumin e la voglia di difendere i più deboli. Se la prima è solo la causa che porta al viaggio di Ken in Corea, la seconda è ciò che porta il ragazzo a diventare un boss malavitoso. Nel riproporre il tema della “scalata al potere”, dunque, Boichi riesce a dare una chiave di lettura inedita.
Lo stile dei disegni
Boichi, autore di Sun-Ken Rock, è un grande appassionato di fotografia e, nella realizzazione di questo manga, ha sfruttato, come riferimenti per i disegni, proprio un gran numero di fotografie scattate tra Giappone e Corea del Sud, insieme ad un team sempre disponibile ad assumere anche le pose più imbarazzanti. Ciò che ne deriva è uno stile estremamente realistico nella rappresentazione di location, oggetti, personaggi, movimenti e leggi fisiche. Boichi, infatti, ha fatto recitare al suo team anche quel genere di azioni (principalmente legate al combattimento) che non si è soliti vedere nella quotidianità, con la conseguente difficoltà a rappresentarle. Ogni luogo, ogni personaggio ed ogni azione, sono, quindi, raffigurati con estrema dovizia di particolari riuscendo, proprio per l’affinità con la realtà, ad “illudere” più efficacemente il lettore.
Il fanservice
Il fanservice altro non è che l’attitudine di un mangaka di piazzare i punti di vista dei propri disegni in modo che si possa giovare di una visuale sensualmente appagante. In parole povere, si ostentano seni, lati B, mutandine e quant’altro. Questa consuetudine si pone l’obiettivo, appunto, di gratificare la vista dei fan, diventando, di fatto, un servizio rivolto a loro, dunque, un fanservice. Solitamente, le opere con un alto contenuto di fanservice presentano lacune, anche importanti, nella trama, relegando proprio alle parti intime dei personaggi femminili (nel caso di un pubblico maschile) tutte le attrattive dell’opera stessa.
Sun-Ken Rock presenta un contenuto densamente pervaso dal fanservice. Tuttavia, e qui si arriva al motivo della premessa appena fatta su questa “tecnica narrativa”, la trama resta credibile e magnetica in ogni suo punto e, sebbene i disegni non possano che attirare l’occhio in “zone private”, è incredibilmente difficile perdere il filo della narrazione, vista la sua capacità di appassionare. Inoltre, vi sono esplicite scene di intimità tra i personaggi che, spostando il focus sulla sessualità, eliminano la componente “fanservice” in quanto nella loro rappresentazione non vi è più un’anormale forzatura del punto di vista. Se a tutto ciò si aggiunge il realismo espressivo di cui al precedente paragrafo, immagina un po’ tu…
Conclusioni
Le vicende narrate in Sun-Ken Rock hanno, come già detto, il potere di appassionare ed intrattenere a diversi livelli. I personaggi che popolano il manga sono estremamente caratterizzati, tanto nell’aspetto quanto nel carattere, e, grazie ad essi, Boichi riesce a spostare il focus, con disinvoltura, dall’azione violenta all’erotismo e da questo al sentimentalismo, disseminando qua è là anche scene ilari. L’estrema cura nella rappresentazione figurativa non è altro che la ciliegina sulla torta che rende l’opera ancora più particolare e godibile.