Puntuale come un orologio svizzero, è arrivato il nono volume di Senzanima, la serie prequel di Dragonero che sta procedendo a cadenza semestrale con le sue pubblicazioni brevi ma intense.
Dopo i momenti cadenzati e, per così dire, ‘riflessivi’ dello scorso Senzanima: Tregua (che come al solito non è sfuggito alle nostre penne e la cui recensione puoi trovare qui), è il momento di tornare all’azione più cruda e brutale per la compagnia mercenaria che dà il nome alla serie, in cui milita un Ian Aranill ancora alle prime uccisioni.
Ad avvicendare Ivan Calcaterra alle matite per questo volume è Stevan Subic, artista serbo che ha già dato prova di sé e del suo tratto brutale ne Il terzo giorno, pubblicato sempre da Sergio Bonelli Editore. I colori rimangono sempre di Paolo Francescutto.
Senzanima: Inferi, carne, miasmi e sangue
Dopo il soggiorno dei Senzanima nella città di Merovia, la cui momentanea pace è stata interrotta da un atto sconsiderato da parte di Maadi, spinta da un desiderio di vendetta che ha trasceso la sua lealtà verso i fratelli e le sorelle d’arme, la compagnia è costretta a riprendere il proprio peregrinare alla ricerca di nuovi ingaggi.
Attraversando la desolazione di un campo di battaglia, Ian e la compagnia vengono colti da una sete inestinguibile che li spinge a cercare acqua, ricerca che si conclude con una perdita tra i loro ranghi, compensata in parte dal misterioso Kusuth, che si è unito a loro fin dalla partenza da Merovia.
La marcia senza meta dei Senzanima è interrotta dal capitano Greevo, il quale è riuscito a trovare il tanto agognato nuovo ingaggio: proteggere degli operai durante la costruzione di una strada nel Sud, che dovrebbe avere come capolinea la città di Lashure.
Onde raggiungere il cantiere è necessario attraversare l’inquietante palude di Mahlga. Ciò che il giovane, così come il resto dei suoi compagni non sa, e che all’interno di quella distesa d’acquitrini pervasa da nebbia e miasmi alberga un orrore che presto gli si rivelerà, in particolare a Ian e al Troll.
L’orrore spadroneggia
Man mano che prosegue, Senzanima si sta rivelando una serie piuttosto versatile nelle tematiche, riuscendo a presentare dei momenti dalle atmosfere sempre diverse ed eterogenee.
In Senzanima: Inferi siamo di fronte ad una trama che, complici il tratto ed i toni, assume tutti i connotati di una storia horror fantasy, i cui risvolti sono alquanto penalizzati, tuttavia, dalla stessa brevità dell’albo (sulla carta le pagine sono ottantadue, ma le vignette si fermano a pagina sessantaquattro). Tale cortezza non consente di soffermarsi sul fascino sia dell’ambientazione che dell’antagonista di turno, lasciando la sensazione di essere di fronte ad un numero filler la cui unica utilità ai fini dell’intera serie è quella di presentare il nuovo incarico dei Senzanima.
Una conclusione che potrebbe perdere di valore nel momento in cui si considera la tematica portante di Senzanima: Inferi, ovvero la perdita. Argomento, questo, che viene approfondito anche nel solito racconto conclusivo in prosa che chiude il volume, il quale contribuisce a conferire profondità all’animo dei tanti personaggi, con il protagonista a fare da narratore in prima persona. Approfondimenti che purtroppo non è stato possibile portare anche a livello grafico per mere ragioni di spazio, mentre la conclusione di questa epopea giovanile di Ian Aranill si avvicina (la serie dovrebbe durare un totale di dodici numeri).
Un’altra problematica importante che colpisce la sceneggiatura, ancora una volta dovuta, a nostro dire, al poco spazio, è l’apparente obliterazione di alcuni eventi anche abbastanza significativi. Ian e Siran, che abbiamo colto in un momento di intimità nello scorso volume, qui non scambiano minimamente parola. L’unico evento che viene ricordato, a più riprese, è la vendetta di Maadi (comprensibilmente, considerando che ha interrotto la tregua che dava il nome all’albo stesso).
Un altro personaggio che sembra piuttosto in secondo piano rispetto al suo solito è Avedis, di solito abbastanza eloquente e attivo nel prendere parte alle vicissitudini dei propri compagni.
A conti fatti, Senzanima: Inferi viene interamente salvato dal proprio versante artistico. Le tinte fosche che lo pervadono; la crudezza di una buona manciata di vignette; il design fascinoso seppure abbastanza sprecato dell’antagonista di turno riescono a soddisfare anche l’occhio più esigente, specie se chi legge nutre una forte passione per il genere horror e per i tratti di questo tipo.