Red Requiem non è la prima opera a cercare un punto d’incontro tra fumetto italiano e giapponese. Tentativi del genere si riscontrano almeno dalla fine del primo decennio di questo secolo, ma si tratta soprattutto di opere rimaste relegate all’immenso underground fumettistico e perciò più o meno passate in sordina (un esempio potrebbe essere THE MIRROR – frammenti di realtà, un volumetto di sei storie autoconclusive a fumetti pubblicato a fine 2008 che pur avendo autori cosentini attingeva molto dal manga sia nei disegni che nella verve).
Quest’ennesimo esperimento, opera della fumettista nostrana Roberta “Aduah” Lazzarini e pubblicato da Upper Comics, possiede tuttavia non una ma numerose marce in più rispetto agli innumerevoli predecessori. Per illustrare tali punti di vantaggio è sufficiente andare ad analizzare meglio trama e stile del volume (il primo di quattro, stando alle intenzioni di autrice ed editore).
Red Requiem, chi sarà la Morte rossa?
L’ambientazione del volume è evidente e rigorosamente italiana, e a farle da sfondo c’è una cosmologia ben precisa ed articolata che attinge sia alle religioni abramitiche che a concetti di matrice induista e animista.
Protagonista è il giovane Elia, uno studente liceale che fin dalla nascita convive con la capacità di percepire fenomeni ed esseri soprannaturali che non riesce minimamente a comprendere o a classificare.
Durante una capatina notturna nella sua nuova scuola, oggetto di leggende metropolitane, in compagnia di alcuni amici (tra cui l’inseparabile Federico), è nuovamente testimone di un altro di questi eventi arcani, facendo la conoscenza per la prima volta di Ruy, che rincontrerà anche a lezioni iniziate come suo professore di Storia, e di due enigmatiche figure, le sorelle Vivia e Sosoko.
Sfuggito grazie a questi tre all’attacco di quelli che vengono descritti come un poltergeist (uno spettro che tradizionalmente si diverte a mettere a soqquadro i luoghi che infesta) e un mietitore (di cui vedremo meglio le caratteristiche tra poco), Elia viene presto messo al corrente della loro storia e del loro compito.
Apprende che Vivia e Sosoko sono due creature psicopompe appartenenti alle specie nota come Mietitori di genere opposto sebbene sorelle, il cui compito è ricollocare l’ignis, ossia l’energia vitale, di chi muore in un altro essere vivente in procinto di venire al mondo, dando luogo quindi ad una sorta di reincarnazione. Mentre Vivia è una Morte bianca, ovvero una morte che si occupa dell’ignis di chi viene a mancare pacificamente, Sosoko è una Morte nera, responsabile di chi se ne va violentemente.
Accanto a queste due tipologie di Mietitori esiste una schiera di rinnegati conosciuta con il nome collettivo di Ribelli, che uccide indiscriminatamente vittime casuali onde rubarne l’intero ignis e tenerlo per sé. Ciò non solo impedisce all’ignis del defunto di raggiungere un nuovo corpo, ma danneggia anche la Lumbra, la barriera tra il mondo umano e quello dei mietitori.
Pur non conoscendo la causa del comportamento dei Ribelli, le due ne conoscono il fine ultimo: trovare la Morte rossa, il mietitore più potente dell’universo, riconoscibile dalle piumate ali nere e dalla falce color del sangue, e assorbirne l’ignis prima che del suo risveglio. Si dà il caso che proprio Elia sia un ‘Candidato‘, ovvero una potenziale Morte rossa, e dunque oggetto della caccia dei Ribelli. Inizia così il suo addestramento da parte di Ruy e delle due Mietitrici onde sopravvivere ai loro attacchi.
La schiettezza del fumetto italiano, la coralità del manga giapponese
Leggendo Red Requiem, l’impressione di trovarsi davanti un’opera nipponica o comunque nippofila è immancabile, eppure già dalle prime battute l’italianità del fumetto emerge subito.
Al di là dell’identità dei personaggi umani, indubbiamente italiana a partire dai nomi, tanto il modo di esprimersi e gli atteggiamenti di ogni singolo personaggio ne tradisce l’appartenenza culturale.
Un’aspetto di Red Requiem, questo, che è sicuramente da encomiare, in un mondo dove le identità e gli stili vanno sempre più a sfumare o ad essere sommerse le une dalle altre (vedasi il caso di Burning Eyes, un fumetto che sebbene dotato di un tratto originale e personale soffriva enormemente di eccessive influenze anglosassoni nei dialoghi, al punto di abbandonare l’italiano standard in favore di dialoghi redatti in tangibile ‘doppiaggese‘).
Tutto ciò si compenetra e danza piacevolmente con lo stile dei disegni, degno del fumetto giapponese ma comunque serbante una certa personalità e più in linea con il manhua, la controparte cinese del manga, soprattutto per l’estetica di alcuni personaggi (Ruy sembra uscito da uno dei tanti simil-yaoi provenienti dall’ex-Celeste Impero).
Un altro elemento che aiuta ad inquadrare Red Requiem come manga italiano è la coralità: quasi nessuno dei personaggi che compaiono in questo primo volume è lasciato al caso, essendo dotato di una più o meno esplicitata storia da raccontare. Notevole anche la loro considerevole libertà da stereotipi (sebbene Ruy abbia, ancora una volta, qualche tratto del ‘bello e dannato‘, mentre Sosoko, malgrado l’aspetto più o meno aderente, non ha quasi nulla della gothlolita).
Il tutto è coronato da un cliffhanger ottimamente orchestrato che spinge a sperare che il 2022 passi il più in fretta possibile (il secondo volume è previsto infatti per la fine dell’anno prossimo).
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