Il fatto è che si può essere un successo e un fallimento allo stesso tempo. Anzi, probabilmente un sacco di persone si sentono così”
Jonathan Webb (Night Fever)
Sentirsi insoddisfatti può portare a fare scelte che non avresti mai immaginato di fare prima. Ma bisogna stare attenti a ciò che si desidera…
Night Fever (Saldapress) racconta di quanto possa essere dark l’animo umano.
La trama di Night Fever
È il 1978. Jonathan Webb ha una vita da sogno. Ha una moglie che lo ama, due figli, una bella casa e un lavoro nel mondo dell’editoria che lo porta a viaggiare spesso. Tuttavia, si rende conto di sentirsi molto insoddisfatto. Ama sua moglie, ma non sente più lo stesso trasporto di un tempo, e ha un buon lavoro però, da ragazzo, non sognava di vendere libri per una casa editrice, ma di fare lo scrittore. Ora che ha quarantacinque anni, si sente troppo vecchio per sperare in qualcosa di diverso, soprattutto dopo aver vissuto una vita dove ha sempre seguito le regole e non ha mai corso nemmeno un rischio.
Si trova su un aereo diretto in Francia, quando la sua attenzione viene catturata dalla fine del primo capitolo della copia promozionale di un libro intitolato ‘E poi il fuoco‘. Parla di un sogno ricorrente del protagonista della storia, dove l’uomo, attraverso gli occhi di un suo antenato, osserva uno scenario da età della pietra. Qui un primitivo seduto davanti a un falò, mangia circondato dai resti degli uomini che ha dovuto uccidere per poter vivere quel momento. Il protagonista, tormentato dalle immagini del suo subconscio, si chiede se dentro di lui non sia imprigionato un sé ombra che non desidera altro che essere liberato. Webb rimane molto colpito dalle parole stampate su quel capitolo perché, anni prima, anche lui faceva un sogno ricorrente molto simile a quello.
Il pensiero di quel sogno comincia a tormentarlo al punto da non lasciarlo dormire per due notti consecutive, nonostante un lungo viaggio dagli Stati Uniti e i suoi numerosi impegni lavorativi che lo portano, tra l’altro, a notare Denn Pickett, l’autore di ‘E poi il fuoco‘. Pensa di approciarlo e chiedergli del sogno. Ma non vuole apparire come un pazzo, così lascia perdere. La terza notte in Francia, ancora incapace di addormentarsi, Webb decide di uscire dalla sua stanza d’hotel per cercare una farmacia che possa vendergli dei sonniferi. Viene però distratto da un’elegante coppia. I due indossano una maschera. Senza capire perché, decide di seguirli. Sembra che siano invitati ad una festa privata e Webb approfitta della distrazione del buttafuori all’entrata per leggere velocemente i nomi sulla lista d’attesa e sceglierne uno: Griffin. Così ottiene la sua maschera ed entra.
È in quel momento che l’esistenza di Jonathan Webb comincia ad essere assorbita da un altro uomo, un uomo che forse era semplicemente addormentato dentro di lui e a cui è bastato un altro nome per poter liberarsi dalla prigione in cui era intrappolato. Infatti, da Griffin, Webb è forte e sicuro di sé. Potrebbe fare qualsiasi cosa! I problemi sopraggiungono quando incontra l’altrettanto spavaldo Rainer con il quale si spinge a commettere crimini di diversa natura, fino a quando non avviene il peggio.
L’Io oscuro di Webb – un’analisi
Night Fever, di Ed Brubaker e Sean Phillips, esplora il lato più oscuro dell’animo umano, quello che si cerca di soffocare perché liberarlo significherebbe non essere in grado di condurre la propria esistenza secondo le regole della società e dalla legge. Mentre però ci sono persone come Rainer che non sembrano affatto spaventate da questo modo di vivere la vita, ci sono invece quelle come Webb che, seppur nel momento in cui lasciano andare il loro io più oscuro si sentano libere, ne temono poi le conseguenze.
Quando Webb è Griffin, l’adrenalina che lo pervade gli regala quel senso di soddisfazione che la sua vita perfetta non riesce a dargli. Si sente vivo e ogni ostacolo sembra non avere alcun significato di fronte a quella sensazione di libertà. Può rubare, godersi l’attenzione di donne sconosciute eccitate da quella personalità così imprevedibile, e può anche pestare un uomo fino a fargli perdere i sensi. Ma la domanda è: fino a che punto può spingersi?
Webb è certo di una cosa: non importa quanto possa essere scioccato o spaventato dalle sue azioni e dalle conseguenze che i suoi gesti comportano, e non importa nemmeno quanto forte sarà il suo senso di colpa quando tornerà a casa e guarderà negli occhi sua moglie, perché, come gli disse una volta uno psicologo: “[..] l’io cosciente non fa che trovare scuse per qualunque cosa ti faccia fare il tuo subconscio”. Questo significa che, un giorno, giustificherà tutto raccontandosi una storia dove le sue azioni sono quelle di un uomo con intenzioni positive.
È difficile capire come mai gli innumerevoli pensieri che corrono nella testa di Webb non lo frenino più di tanto. Il protagonista si ritrova a pensare a quanto sarebbe bello sdoppiarsi, così che una delle personalità possa tornare alla vita di tutti giorni mentre l’altra rimane a fare ciò che più le piace, senza dover dare conto a nessuno. Questo dimostra come, nonostante tutto, Webb continui ad essere consapevole di quali scelte sarebbe il caso di prendere e quali no, ma non sembra riuscire a fermarsi. Quel senso di libertà è davvero così genuino se, una volta passata l’eccitazione del momento, rimangono solo ansia e colpa? Ma, allo stesso tempo, è davvero così sbagliato essere Griffin, se essere Griffin lo fa sentire così bene? L’insoddisfazione per la propria vita lo fa sentire un fallimento che non ha mai nemmeno una volta provato ad uscire fuori dagli schemi per puntare a qualcosa di meglio, e né l’amore della sua famiglia né l’ammirazione dei suoi colleghi sembrano bastargli per sentirsi come vorrebbe. L’idea che dentro di lui ci possa essere un’altro uomo che smania dalla voglia di uscire allo scoperto e vivere per davvero, lo porta a notti insonni dove non fa che perdersi nei meandri dei propri pensieri. Basta un piccolo ma efficace innesco per far saltare le sbarre della prigione in cui il suo io oscuro è rinchiuso e, una volta liberato, non sembra che il protagonista sia poi così intenzionato a riassorbirlo.
Dunque, la vera domanda è: Webb ha perso o ha trovato sé stesso?