Per il primo numero della collana Franco Caprioli, l’editore NPE ripropone gli adattamenti di Moby Dick firmati dal disegnatore reatino. Nel volume Moby Dick La balena bianca, ammiriamo le riduzioni illustrate e a fumetti del capolavoro di Melville realizzate dall’artista: 122 pagine in bianco e nero in formato 21×29,7 cm, con sedicesimi a colori.
Moby Dick La balena bianca, cartonato in vendita a € 19,90, contiene sia la versione illustrata, pubblicata a episodi sui numeri 22-29 della rivista inglese Ranger – The national boy magazine a inizio 1966, sia l’adattamento a fumetti sceneggiato da Massimo Liorni e illustrato da Caprioli, pubblicato dai Fratelli Spada su I quaderni del fumetto n. 20, nell’ottobre 1975.
Le illustrazioni a colori che accompagnano gli approfondimenti sono prese dalla riduzione per ragazzi Il mostro bianco, edito nel 1951 da Mondadori nell’Enciclopedia dei Ragazzi. Il volume si chiude con la postfazione di Gianni Brunoro che inquadra il periodo storico della vicenda e in particolare l’attività della caccia alle balene.
La collana dedicata a Franco Caprioli, della quale è già uscito Michele Strogoff, proseguirà con L’isola misteriosa e I figli del capitano Grant.
Herman Melville scrisse Moby Dick o La balena (Moby-Dick; or, The Whale) nel 1851. Considerato un capolavoro della letteratura americana, il romanzo racconta la storia della nave Pequod, destinata ad essere affondata dalla balena bianca che ossessiona il capitano Achab, alla ricerca di vendetta dopo aver perso la gamba.
Trama del romanzo Moby Dick
Riduzioni e versioni illustrate ripropongono piuttosto fedelmente la trama del romanzo. Melville usa come narratore l’esperto marinaio Ismaele, in partenza da New Bedford insieme al polinesiano Queequeg, appena conosciuto. I due salpano dall’isola di Nantucket sulla vecchia e piccola baleniera Pequod, con un eterogeneo equipaggio di 30 marinai comandato dal quacchero Achab. Prima della partenza, il misterioso Elia annuncia sventure legate al capitano.
Inizialmente Achab non esce dalla cabina, lasciando il comando agli ufficiali Starbuck, Stubb e Flask. Successivamente il capitano si manifesta, rivelando la protesi della gamba, fatta con la mascella di un capodoglio. Spiega che l’obiettivo è Moby Dick, un enorme capodoglio che tempo prima gli ha fatto perdere la gamba. Durante la prima caccia alle balene, i marinai scoprono che Achab ha imbarcato di nascosto un suo equipaggio personale.
Ogni volta che la Pequod incrocia una nave, Achab chiede ai marinai se hanno visto “la balena bianca”: il capitano della Samuel Enderby ha perso un braccio a causa del cetaceo, la Rachele manda invano una richiesta di aiuto per cercare il figlio minore del capitano, disperso durante uno scontro con il gigante bianco, un marinaio della Letizia morto dopo lo scontro con Moby Dick.
Avvistato l’obiettivo, il Pequod lo insegue per due giorni: ne fa le spese il ramponiere Fedallah. Compreso che Moby Dick non cerca di uccidere gli uomini, Starbuck cerca nuovamente di dissuadere Achab. La lancia del capitano rimane l’unica intatta delle tre in dotazione al Pequod. Achab riesce a colpire la balena, che si scaglia allora contro la nave, danneggiandola gravemente.
Colpito nuovamente Moby Dick con il rampone, Achab rimane impigliato nel cavo e viene trascinato in acqua, maledicendo il nemico. La nave affonda, trascinando con sé la lancia e quasi tutto l’equipaggio: si salva Ismaele, che viene poi messo in salvo dalla Rachele.
La versione illustrata
La versione illustrata viene proposta in versione originale, con il testo in inglese. Si tratta di didascalie, ma l’impostazione dei disegni è simile alla classica tavola a fumetti: 4-6 disegni per pagina, disposti su 3 linee orizzontali. Il primo capitolo è dedicato al burrascoso incontro tra Ismaele e Queequeg, e al loro ingaggio sulla Pechod, durante il quale iniziano a sentir parlare dell’inflessibile Achab. Nella versione inglese si usa la grafia Ahab, richiamando ancora più direttamente il biblico re Ahab, di cui nel Primo Libro dei Re si dice che “commise molti abomini, seguendo gli idoli”.
Nel secondo capitolo, dopo diversi giorni di navigazione, i marinai vedono comparire Achab, il quale spiega quale sia l’obiettivo del viaggio: prendere Moby Dick, la balena che gli ha portato via la gamba. Il capitano promette un doblone d’oro come ricompensa per chi avvisterà Moby Dick. Non appena vengono avvistate le balene, di fianco ad Achab compaiono altri marinai, finora rimasti nascosti.
Nel terzo capitolo seguiamo l’attacco alle balene da parte degli uomini di Achab, divisi su 4 scialuppe. L’equipaggio torna malconcio alla Pechod e il capitano, furioso per non aver trovato Moby Dick, ignora le altre balene e, in base alle notizie ricevute dalle altre navi, porta i suoi uomini fino all’isola di Giava. Qui la Pechod si imbatte in un calamaro gigante e un tifone. Nuove notizie su Moby Dick arrivano dalla nave Delight, e Achab rinnova il suo proposito di uccidere il capodoglio.
Nel quarto capitolo Moby Dick viene avvistata: l’assalto porta alla distruzione di diverse scialuppe, ma Achab è determinato a procedere con l’inseguimento: la caccia prosegue nel quinti capitolo, complicata dall’arrivo degli squali.
Nell’ultimo capitolo, anche la Pechod viene contrattaccata dalla balena, e viene affondata. Resta la scialuppa di Achab, che prova nuovamente ad arpionare il cetaceo, ma il suo collo rimane impigliato alla corda e viene trascinato in acqua. Anche l’ultima imbarcazione viene affondata e i marinai trascinati dal vortice che si è creato: si salva solo Ismaele, che si accascia sulla bara costruita a bordo per un marinaio moribondo: trascinato dalle onde e risparmiato dagli squali, incrocia una nave che lo accoglie a bordo.
I disegni sono molto dettagliati, il bianco e nero è impreziosito da chiaroscuri, toni di grigio, ombreggiature rigate. La balena bianca, l’enorme mostro che ossessiona il Capitano Achab è raffigurato in tutta la sua grandezza e la sua terribile potenza, spesso con la bocca spalancata, facendo bella mostra dei denti aguzzi – che distinguono il capodoglio dalle balene comuni.
Nell tavole, molto dettagliate e – come detto – dinamiche, Caprioli fa emergere il suo stile e la sua maestria, seppur rinunciando al suo caratteristico puntinismo, che si concede solo per il corpo e la testa di Queequeg nel primo capitolo.
L’adattamento a fumetti
Rispetto alla versione illustrata, la versione a fumetti racconta il capolavoro di Melville più dettagliatamente: le tavole permettono a Caprioli di soffermarsi sui personaggi, la loro storia, e il medium fumetto accoglie quei dialoghi che nella versione illustrata erano solo accennati nelle didascalie. Spazio dunque alla nascita dell’amicizia tra Ismaele e il fiociniere Queequeg, partita con uno spavento reciproco, cementata dal soccorso portato dal polinesiano al narratore, preso di mira dai rapinatori.
Il fiociniere – così come, più avanti, i marinai orientali – si esprime con i verbi all’infinito, con un linguaggio tipico di stranieri e “selvaggi” della narrativa di molti anni fa: anche diversi termini utilizzati per la nazionalità dei marinai erano la norma negli equipaggi dell’800 non sarebbero più accettato oggi: “negro”, indiano per nativo americano…
Prima di ingaggiare i due, il padrone della nave li fa salire a bordo e racconta di come 40 anni prima Achab abbia perso la gamba a causa di Moby Dick.
Rispetto alla versione illustrata, le tavole raffigurano meglio e più spesso le espressioni dei protagonisti. Il racconto ci mostra la socialità tra i marinai, i pensieri ossessivi di Achab e il suo modo sprezzante di trattare gli uomini ai suoi comandi. Ai suoi ufficiali, il comandante rivela che non vuole tanto uccidere la balena bianca, quanto il male che esso rappresenta: Starbuck inizia a manifestare sempre più distacco dai pensieri e i piani di Achab.
Le scialuppe della Pechod escono malconci dall’attacco a un gruppo di capodogli, seguiti da uno scontro con una piovra gigante, inizialmente confusa con Moby Dick. L’equipaggio uccide una balena, il cui corpo attira però un gruppo di squali. Tashtega, buttatosi incoscientemente in mare per rinfrescarsi, viene attaccato dagli squali e salvato coraggiosamente da Queequeg. Dalle navi Geroboamo, Samuel Enderby e Delight arrivano notizie su Moby Dick, mentre il capitano di un’altra baleniera chiede aiuto per ritrovare il figlio minore, ma Achab risponde di “non avere diritto di perdere tempo”.
La Pechod avvista finalmente Moby Dick: nel primo giorno di scontri, perde la vita Fedallah. Il giorno dopo, vengono distrutte le scialuppe e la nave, Achab viene trascinato via con la corda dell’arpione, tutto l’equipaggio muore, tranne Ismaele, tenuto a galla da un relitto e portato in salvo dalla Vigilante.
L’autore
Preistoria, Romanità, Medio Evo, Mari del Sud, West, Russia: nei suoi racconti Roberto Caprioli ha spaziato su numerosi periodi storici e ambientazioni, rendendoli sempre suggestivi, con il disegno ma spesso anche come sceneggiatore, ricostruendoli per usarli come scenografia per le vicende da raccontare.
Disegnatore dallo stile innovativo, dal tratto lineare e dettagliato, si fece notare in particolare per le ombreggiature, ottenute con fitti puntini: uno delle rare applicazioni ai fumetti della tecnica francese del pointillisme.
Caprioli era chiamato “il poeta del mare” per la presenza quasi costante di quell’ambiente nelle sue storie, con viaggi, panoramiche, il rapporto dell’ambiente acquatico con l’uomo, la caccia alla balena. Un autore con grande attenzione agli aspetti culturali, ai dettagli antropologici, etnici, architettonici, paesaggistici, fino alle questioni legate alle imbarcazioni, di cui era grande conoscitore.
Formatosi come pittore (nel 1934 realizzò un affresco nell’abbazia benedettina di Farfa, quindi si trasferì a Roma dove espose tenne mostra personale nella galleria S.A.C.A.), dal 1937 si dedicò all’illustrazione e al disegno, pubblicando su periodici come Argentovivo, per poi esordire nel fumetto con la serie Gino e Piero su Il Vittorioso. Da fine anni ’30 collabora anche con l’editore Audace, per il quale dove pubblicò la serie La perla nera firmata da Gian Luigi Bonelli.
Per Topolino realizzò una storia ambientata nei suoi prediletti Mari del Sud, Fra i canachi di Matarewa (poi rinominata L’Isola Giovedì). Nel dopoguerra pubblicò L’isola tabù su Giramondo, per poi riprendere la collaborazione con Topolino e Il Vittorioso: quest’ultima durò fino al 1967 e comprese in particolare le storie Mino Dario e C, L’elefante Sacro, Una Strana Avventura, Dakota Jim, Aquila maris.
Divenne quindi collaboratore de Il Giornalino, realizzando molte illustrazioni e copertine, adattamenti di opere di Giulio Verne (L’isola misteriosa, Un capitano di 15 anni e I figli del Capitano Grant). Illustrò enciclopedie, riviste e romanzi, nonché Viaggio attraverso la preistoria pubblicato da Armando Curcio. La collaborazione con lo Studio Giolitti gli consentì di pubblicare anche in Inghilterra, Francia e Germania: molti di questi lavori – compresa la riduzione di Moby Dick, vennero pubblicati in Italia solo molti anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1974.