Una bella copertina colorata, un titolo fin troppo commercializzato e l’istinto di provare a leggere il primo volume: un’esperienza condivisa da tantissime persone. Il mio primo manga risale al lontano 1996 quando, curiosa come ogni adolescente, trovai in edicola un volume “sottiletta” del mio anime preferito. Da allora ho divorato dozzine di titoli, compresi quelli sconosciuti al mondo intero.
Ho sempre avuto una sorta di codice d’onore, ossia che se un titolo non rientrava più nei miei gusti, avrei continuato a comprarlo per non interrompere la collezione. Ed ecco che, nella mia libreria, in mezzo ai libri di Socrate, George R. R. Martin, Rowling e Yoshimoto, mi ritrovo lui, il manga della vergogna: Mermaid Melody Pitchi Pitchi Pich.
TRAMA
Lucia Nanami è una quattordicenne allegra, solare e piena di energia. Lavora in un bagno pubblico con sauna chiamato “La Perla” insieme a sua sorella maggiore Nikora. Le due ragazze, in realtà, sono due sirene che vivono sulla terra ferma alla ricerca della perla rosa di Lucia, persa sette anni prima.
La protagonista non è una sirena comune, è la principessa della perla rosa dell’Oceano Pacifico del Nord. Anni prima, quando aveva solo sette anni, salvò la vita a un coetaneo caduto in mare, lo trascinò a riva e gli regalò la propria perla magica: per la piccola sirenetta fu amore a prima vista. La ragazza si iscrive così al liceo del quartiere e scopre con enorme sorpresa che Kaito, compagno di banco nonché il più ambito dell’intero istituto, è il bambino salvato tempo addietro.
Da qui si sviluppa l’intera vicenda, dove Lucia cercherà di mettersi insieme al ragazzo senza svelare la sua vera natura (altrimenti si tramuterà in schiuma di mare) e nel frattempo dovrà cercare tutte le altre principesse dei sette mari, senza dimenticarsi di combattere contro nemici misteriosi che vogliono impadronirsi della sua perla magica.
L’INCUBO DELLE PRINCIPESSE SIRENE
Se vi intriga questa trama vi consiglio di non proseguire ulteriormente la lettura perché il rischio spoiler è altissimo. Come anticipato nella trama, ci troviamo di fronte all’ennesima rivisitazione della celebre favola di Andersen: la sirenetta soccorre un essere umano e se ne innamora perdutamente. Vi starete chiedendo il perché non abbia apprezzato questo manga che, nonostante gli aspetti negativi, ha riscosso un enorme successo, tanto da crearci su una serie animata.
STRUTTURA DELL’OPERA
Banale, nulla di nuovo e più si prosegue nella lettura e più ci rendiamo conto che Mermaid Melody non è altro che un copia, incolla e cuci di altri anime che hanno fatto storia negli anni ’90. L’ispirazione ad Andersen la troviamo solo nelle prime battute del manga, ma il resto è solo una pessima copia di una famosa serie della fine del secolo scorso.
Da quale manga hanno copiato? Vi darò giusto qualche indizio: delle ragazze che si trasformano in altre con uniforme, minigonna e tacco a spillo, un castello marino identico ad un altro costruito in un mare non terrestre, una protagonista con lunghissimi codini biondi che (guarda caso) sarà la leader del gruppo e diventerà la regina potentissima di tutto il regno marino e, dulcis in fundo, il maschio di turno che verrà rapito, plagiato, impastato, ma che si desterà e diventerà il fidanzato della bionda principessa in rosa.
Al di là del plateale e non tanto celato plagio dell’opera della Takeuchi, Mermaid Melody è così ricco di errori e aspetti negativi che potrei inchiodarmi al PC e scriverne per ore intere.
La Storyline del manga
Ho provato a rileggere oggi pomeriggio il primo volumetto e mi sono resa conto che, come nel 2007, mi perdevo tra una vignetta e l’altra. Lucia e Kaito si innamorano nel giro di poche pagine, tanto che nel secondo tankobon vediamo il ragazzo regalare all’amata un anello. Come siamo arrivati ad un quasi fidanzamento ufficiale se poche battute prima Lucia si era appena trasferita nella nuova scuola? Sembra che si voglia arrivare subito al dunque, all’amore dei due ragazzi, un po’ come il dessert saltando il primo e il secondo piatto.
“Ma sì, in fin dei conti sto leggendo un manga sulle sirene, è tutta fantasia, eppure perché ad ogni vignetta sento le mie mani prudere?”
Non demordo e cerco di concentrarmi meglio, ed ecco l’impulso di buttare via il volumetto: le sirene sono creature bellissime dalla voce magnetica (oh caro Omero, il tuo Ulisse aveva incontrato sì delle vere sirene degne di questo nome), ma qui sembra che l’autrice abbia voluto esaltare in modo innaturale la bellezza delle sue creature.
Lucia, che vorrei ricordare essere una ragazzina di appena quattordici anni, si reca in spiaggia in bikini mostrando un fisico esageratamente sviluppato: seni enormi, punto vita da formica, curve formatissime, il tutto in una posa plastica.
Questa scena non è l’unica, ma si ripropone in tante altre versioni: le sirene umanizzate hanno una corporatura innaturale, gambe volutamente distorte e deformi, articolazioni piegate in perfetto stile esorcista. In tutta sincerità, questi gravi errori anatomici li facevo anch’io in passato, ma ero una semplice studentessa del classico e avevo quindici anni, non una famosa mangaka con un contratto editoriale in mano, il che lo reputo un errore gravissimo. Possiamo chiudere un occhio perché l’autrice ha dichiarato di essere al suo primo lavoro e, in fondo, le cover a colori sono molto graziose e ben curate.
Ma se cerco di sorvolare sul lato grafico, sulla struttura delle tavole e l’ispirazione alla Sailor saga, non riesco a ignorare la banalità delle vignette e delle battute.
Lucia ha tantissimi amici acquatici, tra cui Hippo, un pinguino parlante che indossa un completo alla marinara in perfetto stile Paolino Paperino. Oltre a una sana risata, mi è scappata una lacrima: cosa diamine stavo leggendo, e perché ho buttato via quattro euro a volumetto?
“Sì Elisabetta, continua a leggere, forse migliora!”
Ignoro con enorme fatica le inutili scene di pseudo nudo (in fondo tanti manga usano questo clichè), le vicende amorose di Kaito e Lucia, ma quando vedo la modalità di combattimento tra sirene buone e cattive, chiudo definitivamente il volumetto per qualche minuto. Memore di altri titoli con combattimenti in gonnella come, appunto, Sailor Senshi, Card Captor Sakura e Rayearth, quelli di Mermaid Melody hanno decisamente superato ogni limite. Le ragazze si trasformano in sirene munite di guanti, mezze gonne e altro vestiario (a che servono gli abiti sott’acqua se sei per metà pesce?), incrociano la sirena cattiva e si trasformano in guerriere in gonnella.
Ok, lo so, abbiamo capito che (insieme a Wedding Peach) sono dei cloni delle celebri guerriere che vestono alla marinara, ma se a questo particolare si aggiunge che il combattimento è a base di canzonette, possiamo definitivamente smettere di leggere.
Il clan delle principesse sirene si scontra con quello dei pantalassa (reale nome dei nemici), si trasformano e inizia la battaglia. Non ci sono pugni, calci, mazzate o risse varie, le sirenette impugnano un microfono dalla dubbia forma e… cantano! Cosa possiamo mai aspettarci dalle sirene se non uno scontro canoro in pieno stile Amici della De Filippi? Una violenta rissa a colpi di coda, morsi e contusioni? Niente affatto: canzonette!
“Inizia lo spettacolo! La magia della voce Pichi Pichi! Magia dell’amore Pichi! Se vuoi ti concedo il bis!”
Non sono ubriaca e non ho assunto strane sostanze stupefacenti. La frase sopra riportata non è altro che lo stile di battaglia di Lucia. Non ci sono onde energetiche, carte evocate o cristalli di Luna! La nuova arma bellica è la voce Pichi Pichi! Perché ho comprato questo manga, cosa diavolo stavo pensando?
Eppure, Mermaid Melody ha riscosso tantissimo successo.
Forse per i gadgets, per i colori delle immagini. Non lo so, ma di certo ho provato a vedere l’anime e ammetto di aver resistito un nanosecondo: se il manga mi aveva deluso con quel pichi pichi, sentire la formula di battaglia prendere vita è stato peggio, soprattutto se la doppiatrice di Lucia non è niente di meno che la Spinelli, colei che ha dato voce a Usagi (Bunny in Italia) di Sailor Moon.
Oh Omero, tu che scrivevi di famelici sirene che attiravano gli uomini col canto al solo scopo di smembrarli e divorarne le carni, creature selvatiche e violente, perdona questa mangaka che ha trasformato degli animali mitologici in veline svampite che scimmiottano canzoncine!