Buongiorno icrewer e bentornato ad Otakult, l’unica rubrica che ti suggerisce gli anime da dover assolutamente guardare (o leggere). L’opera che prenderemo in esame oggi è Lupin III (Rupan Sansei), del maestro Monkey Punch, venuto a mancare, purtroppo, proprio qualche giorno fa, l’ 11 aprile 2019.
Oggi, non sarà tollerato un “Chiiiii???” dopo la lettura dei nomi “Lupin” e “Monkey Punch”. Quindi, se è il tuo caso, visto che li hai già letti, ti consiglio di chiudere immantinente questo articolo e di andare a cercarti un nascondiglio al sicuro. In realtà, non ci sono posti al sicuro dalla tua coscienza peccaminosa, ma alla rubrica Otakult piace vederti affannato, nella speranza di salvarti.
Bando alle ciancie ed alle minacce (per ora) e catapultiamoci a “qualche giorno fa”, nel 1967.
La prima serie del manga di Lupin III risale proprio a 52 anni fa, quando il suo protagonista vestiva la famosa giacca verde. Poi, cambiando il colore delle giacche (rosso, rosa, blu), il ladro gentiluomo è giunto sino a noi con la serie Lupin III H, iniziata nel 2009 ed ancora in corso e passando attraverso diverse altre serie, spin-off, OAV, film per il cinema e film per la televisione. Nonostante la vastità della produzione, il focus dell’azione resta su un gruppo circoscritto di personaggi principali: Arsenio Lupin III, il pistolero Jigen Daisuke, il samurai Goemon Ishikawa, la sexy e scaltra ladra Fujiko Mine e la nemesi per eccellenza di tutto il gruppo: Koichi Zenigata, ispettore dell’interpol.
STRUTTURA DELL’OPERA
Se Lupin III è riuscito a passare da generazione in generazione riscuotendo sempre un grande successo, è anche perché non esiste una vera e propria trama che faccia da fil rouge di tutta la produzione. Se il protagonista fosse stato l’ispettore Zenigata, si sarebbe potuto vedere, come obiettivo finale del personaggio, la cattura dell’antagonista. Per Lupin, invece, il discorso cambia. Le puntate sono formate, in grande maggioranza, da episodi autoconclusivi divisi nei consueti tre atti della narrazione: inizio, mezzo e fine.
Il protagonista, nella maggior parte degli episodi è, naturalmente, proprio Lupin. Capita spesso, però, che il focus si sposti, in alcune puntate, a seguire le vicende degli altri personaggi principali. Più spesso del ruolo di protagonista, cambia l’oggetto del desiderio. Esso, difatti, è, di volta in volta, il tesoro su cui la banda mette gli occhi. C’è da dire che, per Lupin, è oggetto del desiderio anche Fujiko, la donna “collega” di cui è invaghito. Tuttavia, la continua frustrazione di quel desiderio riesce a sospendere, a tempo indeterminato, la lotta per la sua conquista.
PERCHE’ GUARDARE LUPIN?
Considerando tutto ciò, non stupisce come tutta la serie sia stata in grado di vivere per tutti questi anni senza che nessuno arrivasse mai a pretendere un finale definitivo. Inoltre, il passare dei decenni e la sospensione nel tempo delle vite dei personaggi hanno consentito alla serie anche di rinnovarsi e di mettersi al passo con i tempi, anche nella rappresentazione della tecnologia e della società.
A non cambiare sono i caratteri dei personaggi, scolpiti nella pietra ed immersi in contesti storici e geografici sempre diversi e nuovi. Una volta imparato ad amarli, ciò che si desidera è proprio continuare a vederli sempre così, immutati nel tempo, come se l’orologio si fosse fermato anche per noi e come se da quando eravamo più piccoli ed aspettavamo l’orario di messa in onda in tv allo streaming odierno sia passato un solo battito di ciglia.
Ovviamente, in una produzione così vasta, c’è spazio per tutti gli aspetti emotivi che una narrazione può stimolare. Le scene divertenti sono disseminate in tutta la produzione e, insieme alle scene d’azione, sono quelle più diffuse. Tuttavia, non mancano i picchi drammatici che assumono particolare intensità soprattutto nei lungometraggi o nei pochi gruppetti di episodi non autoconclusivi.
CONCLUSIONI
Lupin III non è il tipo di serie da prendere e consumare tutta d’un fiato. Il gran numero di episodi ed il loro isolamento narrativo fanno della serie, più che un “compagno occasionale”, un vero e proprio compagno di vita con cui continuare a divertirsi ad oltranza. Che il maestro Monkey Punch riposi in pace e gli sia lieve la terra.
Se sei arrivato sin qui, ci sono due possibilità: o ti sei goduto questo articolo annuendo, qua e là, con una lacrimuccia immaginaria o, non conoscendo l’opera e l’autore in oggetto, hai deliberatamente ignorato il consiglio di nasconderti in un posto sicuro. Se il tuo caso è il secondo, voltati…piano.