SPOILER ALERT: Questo articolo tratta, nel dettaglio, il finale de “L’uomo tigre”.
Era il 1971 quando finivano di uscire, in Giappone, i volumi del manga Taiga Masuku (Tiger Mask), scritto da Ikki Kajiwara e illustrato da Naoki Tsuji. Disegni quasi simili a bozze formavano una storia che sarebbe arrivata fino a noi, in Italia, come serie animata e, un bel po’ tardivamente, come manga (in Italia, il manga è stato pubblicato tra il 2001 ed il 2007).
A distanza di tutti questi anni, rivedendolo, c’è ancora qualcosa che sorprende e che difficilmente si riesce a trovare in altre produzioni. Ma andiamo per ordine.
LA STORIA
Naoto Date è un orfano con dentro una gran voglia di rivincita nei confronti di una vita, con lui, sin troppo severa. Sin da bambino, cresciuto in una casa per orfanelli, il suo unico desiderio era quello di “diventare forte come una tigre“. Ancora giovane, entra in contatto con una fucina di lottatori, la Tana delle Tigri, nota per i suoi metodi di allenamento durissimi che arrivano a mettere a repentaglio la vita stessa degli aspiranti wrestlers. Mosso dall’unico obiettivo di diventare imbattibile, il giovane Naoto decide di entrare a far parte di “Tana delle Tigri” e di aderire, in toto, a tutte le sue regole. Naoto sarebbe dovuto, quindi, diventare un lottatore mascherato, avrebbe dovuto rinunciare alla sua identità e combattere devolvendo buona parte degli incassi all’oscura organizzazione. Come se non bastasse, tratto distintivo dei combattenti di Tana delle Tigri, è uno stile di lotta estremamente violento ed al di sopra delle regole. É così che nasce l’Uomo Tigre.
Tutto va come deve andare fino al momento in cui Naoto torna a visitare la casa in cui, da piccolo, fu ospitato. La struttura, ormai piuttosto fatiscente, è ancora un centro di accoglienza per orfani gestito da Ruriko, un’altra orfana cresciuta lì, con Naoto. Entrando in contatto con questa realtà, con i bambini che la popolano (fan sfegatati dell’Uomo Tigre) e con Ruriko ed appurandone le difficoltà economiche, Naoto inizia a devolvere una parte sempre maggiore dei suoi incassi per aiutare la struttura. Non passa molto tempo prima che i suoi interessi per gli orfani prendano il sopravvento su quelli di Tana delle Tigri e, diventato il loro idolo, si allontana definitivamente dai crudeli dettami della scuola, innescando un susseguirsi di ritorsioni. Nel ring e fuori, Naoto incontra dei veri e propri sicari, guidati dal minaccioso Mister X, pronti ad eliminare il sovversivo Uomo Tigre dalla faccia della Terra.
Combattimento dopo combattimento, la situazione degenera costantemente fino a portarci a quel finale dalle caratteristiche più uniche che rare, una pietra miliare dell’animazione giapponese.
IL FINALE
Ma cosa c’è di così particolare al punto da far considerare unico questo finale?
Naoto Date, sin dall’inizio della storia, vive un lungo e difficile percorso di purificazione e di redenzione contro uno stile di vita, scelto in un’età immatura, tutt’altro che irreprensibile. Fin qui, nulla di strano. Ma l’organizzazione di Tana delle Tigri non vuole né può permettersi di chiudere un occhio sull’eversione del lottatore. Così, in quello che è, in definitiva, l’ultimo incontro di lotta, sia per Naoto che per Tana delle Tigri, avviene l’impensabile: l’Uomo Tigre viene smascherato ed il viso dell’essere umano Naoto Date viene esposto al pubblico in sala e a quello televisivo. A questo punto, l’Uomo Tigre, il lottatore mascherato, è finito.
In una storia comune è già difficile vedere il protagonista sconfitto in un modo così netto e definitivo. Ma Tiger Mask va ben oltre. Dal momento in cui viene smascherato, Naoto si lascia alle spalle tutto il duro cammino di redenzione e diventa un misto di follia e desiderio di vendetta. Le risate isteriche e le lacrime, unite alle minacciose parole rivolte all’avversario, svelano l’abbandono totale del protagonista al furore. Davanti agli occhi di quei bambini che lo avevano tanto ammirato, Naoto dà inizio ad un vero e proprio massacro fatto di colpi scorretti, sangue ed atrocità allo stato puro. Di fronte al suo sogno infranto, l’unica cosa che gli resta è l’eliminazione totale del nemico, costi quel che costi. Ed è così che, non prima di aver infierito sul corpo dell’avversario ormai sconfitto, Naoto fugge fuori dal ring senza far sapere più nulla di sè.
Eccola, la perla. Non è difficile trovare, nel panorama dell’animzione nipponica, protagonisti violenti o assassini. Ciò che è quasi impossibile trovare, però, è una così realistica e repentina distruzione psicologica del protagonista che passa, nel giro di pochi round, dall’essere quell’eroe dei più piccoli, da ammirare ed imitare, ad un uomo sconfitto, senza ragione e per il quale non si può provare altro che un forte compatimento. Il finale di Tiger Mask lascia con sè un profondo senso di smarrimento, un turbinio di sentimenti che accompagnano la rabbia del protagonista ma che, al contempo, si abbandonano al rammarico di ciò che è perso.
In conclusione, la struttura narrativa de L’Uomo Tigre, soprattutto nella sua chiusura, è ciò che rende speciale questa produzione, è ciò che, nonostante lo stile vetusto ed abbozzato dei disegni, fa meritare un posto tra i Must Watch di chiunque ami l’animazione giapponese.