Per decenni, tutta l’industria dell’intrattenimento ha lottato contro il fenomeno della pirateria, ottenendo discreti risultati. Ma forse questa tendenza sta ricominciando ad invertirsi. Con anime e manga che stanno diventando sempre più popolari anche tra fette di pubblico che prima ignoravano questo settore, sono nati anche nuovi modi per accedere a questo particolare tipo di contenuto, non sempre in modo legittimo.
Una recente stima operata dagli operatori del settore nel Paese del Sol Levante ha rilevato mancati proventi per oltre 2000 miliardi di yen, circa 15 miliardi di euro. I dati si riferiscono all’annata 2021, che vede un incremento di quasi cinque volte rispetto al 2019, un ritmo di crescita decisamente preoccupante.
Il senso comune, così come il parere degli esperti, suggerisce che il 2020 sia stato un punto di svolta, con la pandemia e quello che ne consegue: più tempo a disposizione per fruire prodotti multimediali, ma allo stesso tempo minore disponibilità di denaro causata dalle conseguenze di una situazione difficile per l’intero pianeta.
Il report considera l’intero settore dell’intrattenimento giapponese, compresi i videogames, ma la fetta più grande delle perdite riguarda proprio il mondo dell’animazione, con due terzi della cifra totale, mentre i manga coprono il restante terzo. Il settore videoludico occupa una piccola parte, probabilmente per l’intrinseca difficoltà a distribuire prodotti pensati solo per il mercato interno, con una barriera linguistica insormontabile per i più.
L’unica cosa che forse non accettano è di trovare una soluzione che possa far realmente incontrare domanda e offerta. I contenuti piratati sono sempre esistiti in un modo o nell’altro, ma la tendenza aveva iniziato a calare con i primi aggregatori, che con un prezzo contenuto permettevano di avere un ampio catalogo di prodotti ad un prezzo accessibile. Una tendenza che negli ultimi anni si è ribaltata, con ogni singolo produttore che ha provato a lanciare i propri servizi, andando così a gravare ulteriormente sulle tasche di un pubblico che nella sua stragrande maggioranza non ha una enorme disponibilità economica.
Basti pensare a quello che è successo in Italia con l’arrivo di Netflix, che per prima è riuscita ad aggredire il mercato con prezzi competitivi e un catalogo enorme. Con l’arrivo di diversi concorrenti, e con alcuni player che hanno intrapreso azioni discutibili, come la nuova politica di Crunchyroll di eliminare gli account gratuiti, si è ridotto drasticamente l’accesso ai contenuti. Che qualcuno sta nuovamente iniziando a cercare con altre modalità.