Alan Moore è, senza ombra di dubbio, uno tra gli scrittori più famosi e amati nel mondo del fumetto e La Lega degli Straordinari Gentleman è il suo magnum opus: una saga che si è dipanata lungo 20 anni e che, con un po’ di ritardo, vediamo finalmente anche in Italia.
Era il 1999, infatti, quando Alan Moore e Kevin O’Neill hanno presentato il primo capitolo di questa saga che ha tra le sue peculiarità quella di mescolare personaggi e situazioni provenienti dalla letteratura mondiale e dalla cultura pop del XX secolo, approdata anche al cinema nei primi anni 2000 con un mediocre lungometraggio memorabile solo per essere stata l’ultima apparizione sul grande schermo del grande Sean Connery.
Il risultato è un pastiche avvincente, che il lettore ha seguito nel corso dei 5 volumi della serie principale e dei 3 spinoff dedicati alle avventure della famiglia Nemo nel corso degli anni.
La Tempesta, il volume di cui parleremo oggi, è l’ultimo capitolo di questa avvincente saga che si collega agli eventi del volume Century e diventa ancora più importante perchè è l’ultimo capitolo della storia autoriale di Alan Moore e del disegnatore Kevin O’Neill che al termine del volume danno l’addio al mondo del fumetto.
La fine di una saga
Gli eventi de La Tempesta, come già detto, seguono quelli di Century che seppur presentato come 3 volume della serie è in realta successivo a Black Dossier, come emerge chiaramente dalla lettura.
La Lega di Mina Harker si è ormai sciolta e con la morte di Allan Quatermain gli unici personaggi in vita sono la già citata signorina Harker, resasi immortale, l’immortale Orlando creato da Virginia Woolf a cui si è unita l’agente dell’MI 5 Emma Night, che altri non è che Emma Peel proveniente dalla serie tv The Avengers, conosciuta da noi come Agente Speciale.
Scopriamo subito che Mina Harker è sparita dai capitoli precedenti della saga perchè è stata internata in manicomio nel 1969 e vi trascorrerà i successivi 40 anni, mentre i restanti membri della Lega falliscono nel loro compito di impedire la nascita dell’Infante Lunare.
Siamo ad un passo dalla fine del mondo e il volume si apre con una versione perversa e moribonda di James Bond che continua a dare la caccia a Night e alle sue compagne mentre nel 2996 due ribelli sono intenti a fuggire da quello Stato Unico creato dallo scrittore russo Evgenij Zamjatin nel suo romanzo distopico Noi.
Presto scopriremo che i due ribelli sono in realtà Marsman e Satin Astro e che in La Tempesta il mondo reale e quello dell’immaginazione, in particolare dei fumetti, sono destinati a fondersi in un crescendo che porterà al finale dell’opera.
I due eroi fuggitivi torneranno indietro nel XXI Secolo, in cui scopriremo che una versione ringiovanita ma sempre inetta e perversa di James Bond continua a dare la caccia ai superstiti della Lega e, ovviamente, all’ex M Night, di cui ha preso il posto.
Da questo punto in poi la storia proseguirà lungo due binari paralleli: da un lato gli avvenimenti del presente che coinvolgono la Lega e che porteranno alla fine della saga vera e propria a cui fanno da contraltare le avventure, tipicamente anni ’60, del supergruppo britannico Seven Stars di cui fanno parte i già citati Marsman e Satin Astro più una pletora di altri eroi pescati in massima parte nella produzione britannica anteguerra.
Si tratta di due linee narrative apparentemente scollegate tra di loro, ma che andranno a confluire in un finale in cui finzione e “realtà” si fondono, non senza qualche colpo di scena.
Man mano che ci addentreremo nella storia, che vedrà il coinvolgimento di tutti i personaggi incontrati finora tra cui Prospero e l’ultimo Nemo, ci accorgeremo come i protagonisti siano più testimoni che attori degli eventi che vivono, senza alcuna possibilità di modificare un destino già scritto da altri (che ovviamente non posso rivelarti in questa sede).
La struttura e i temi
In La Tempesta, Alan Moore immette tutta la sua visione sull’ambiente dei fumetti in cui ha vissuto per anni, tirandone per certi versi le somme, aiutato dalla struttura particolare che ha ideato per questo commiato dal suo pubblico.
Come già avvenuto nei capitoli precedenti, il Bardo di Northampton si diverte a sperimentare e le storie del volume sono suddivise nell’arco di 6 numeri che richiamano le più famose riviste a fumetti britanniche (tra cui 2000 A.D.), con tanto di pubblicità fittizie e una pagina della posta contenente esilaranti missive di lettori inventati, e che sanno di esserlo.
Emerge subito uno dei temi che più sta a cuore a Moore, che non ha mai cessato di paralarne, ovvero quello relativo al trattamento spesso ingiusto riservato ad importanti protagonisti del settore (tra cui chiaramente si inserisce lui stesso): infatti, ogni numero della rivista inizia con la rievocazione di un autore del fumetto britannico cui, nonostante l’importante apporto al medium, non è stato riconosciuto il giusto merito.
L’omaggio non si limita alla biografia, ma nelle pagine successive O’Neill ne recupera anche lo stile per dei segmenti sempre diversi e piacevoli all’occhio.
Ogni capitolo comunque è contraddistinto dalla sperimentazione, almeno nella prima parte, per cui si alterneranno sezioni simili ad un fotoromanzo, segmenti in 3D (da apprezzare con gli occhialini stereoscopici in dotazione), newspaper strip o fumetto da inizio ‘900 con disegni e testo ad accompagnarli.
Terminate le avventure “contemporanee”, Moore e O’Neill ci riportano in un fumetto apparentemente più classico in cui assisteremo alle avventure del supergruppo Seven Stars alle prese con un mostro ispirato alle avventure del Dottor Quartermass, che a tratti ricorda alcuni frangenti di Watchmen.
Anche in questo caso, Moore non risparmia le consuete critiche al fumetto supereroistico, mostrandoci un gruppo di supereroi inetti e un po’ troppo ispirati ai personaggi d’oltreoceano al punto che uno di essi verra diffidato dall’indossare ancora il costume.
A questa pletora di personaggi talmente risibili da essere usati come pedine prima e carne da cannone poi si contrappone il gruppo assemblato da Moore che comprende, come già detto, personaggi preesistenti la cui natura e originalità viene rispettata all’interno della narrazione.
Si arriva così ad un finale, in realtà un po’ tirato via, in cui Moore e O’Neill mostrano le loro controparti su carta che vengono respinte dai personaggi a cui hanno dato vita, per poi approdare ad un magazzino in cui tirare le somme e portar via i resti di un’intera carriera di assoluto successo.
Segnali di Stile
Su Alan Moore, la sua enorme cultura e preparazione, c’è poco da discutere. Anche in un volume così particolare, con un finale se vogliamo forzato, emerge tutta la bravura di uno degli autori insieme più prolifici e più esperti del fumetto contemporaneo.
La Tempesta, pur non avendo una seconda chiave di lettura, è il solito compendio di riferimenti letterari e non e riesce a tirare le fila di una saga lunga un secolo (e più).
Kevin O’Neill, che oltre a La Lega si è fatto conoscere per i lavori su Judge Dredd e con i personaggi delle più importanti major, dimostra la sua consueta versatilità adatto lo stile alle scelte dello scrittore britannico.
Talvolta i disegni appaiono un po’ troppo semplicistici, con le tre protagoniste distinguibili solo per l’abbigliamento e con alcune situazioni un po’ confuse; tuttavia ad uno sguardo approfondito è possibile cogliere numerosi dettagli in ogni vignetta, alcuni dei quali sono dei riferimenti muti alla cultura pop, dai Beatles ad Austin Powers.