Bentornato su ICrewPlay!
Oggi andrò a recensire un anime che mi sta molto a cuore sia per i temi che tratta, sia per la bellezza con la quale è stato trasportato dalle pagine manga (se sei interessato, puoi leggere qui la recensione) ai teleschermi, ossia Koe no katachi, conosciuto in Italia con il nome de La forma della voce.
Prima di andare avanti e cominciare però, potrebbero interessarti anche le recensioni dei seguenti anime:
La forma della voce – A Silent Voice
La forma della voce – A Silent Voice (聲の形 Koe no katachi) è un film d’animazione drammatico/psicologico del 2016 diretto dalla regista Naoko Yamada. Il film è l’adattamento anime del manga A Silent Voice di Yoshitoki Ōima. In Italia è stato trasmesso in due sole date nei cinema da Nexo Digital e Dynit. Attualmente il film è disponibile sulla piattaforma streaming Netflix.
In Giappone, l’anime è stato campione d’incassi ed ha ricevuto un riscontro molto positivo dalla critica, che ne ha lodato non solo l’animazione con la quale è stato riprodotto, ma soprattutto la descrizione e l’approfondimento delle tematiche trattate che arrivano direttamente dallo schermo al cuore dello spettatore, suscitando riflessioni e sentimenti come pochi film appartenenti al genere sono in grado di fare.
高校生という同じ目線で観させていただきましたが、友達や周りへの繊細な感情にとても共感できました。
臆病になったり逃げようとしたり、きっと同じことを思っている高校生は多いんじゃないかなって。
だからこそ、作品を観ていて胸が苦しくなって、涙が止まらなかったです。でも、その涙が凄くあたたかいものに感じて、清らかになっていく心がとても心地よかったです。
同世代の方に沢山広めたい!観てほしい!と思うようなとても素敵な作品でした。(L’ho visto dallo stesso punto di vista di uno studente delle superiori, ma ero molto sensibile ai sentimenti delicati dei miei amici e degli altri.
Mi chiedo se ci sono molti studenti delle superiori che sono timidi e cercano di scappare e pensano la stessa cosa.
Ecco perché ero così preoccupato di guardare il lavoro che non riuscivo a smettere di piangere. Tuttavia, ho sentito che le lacrime erano molto calde, ed ero così felice che sono diventato pulito.
Voglio diffondere molto alla stessa generazione! Voglio che tu lo veda! È stato un lavoro molto bello)
Tradotto da Seventeen
Trama
La storia racconta le vicende di un gruppo di ragazzi, in particolare di Shōya Ishida e Shōko Nishimiya. Shōya è un ragazzino di 11 anni che ha una normale vita adolescenziale: va a scuola, ha molti amici e una famiglia. Shōko è una bambina della stessa età di Shōya e anch’essa ha una vita del tutto normale, salvo per un dettaglio fisico: è sorda.
I due s’incontrano a scuola, quando Shōko viene presentata come nuova alunna appartenente alla classe dove vanno Shōya e i suoi compagni. A primo impatto, le cose sembrano andare piuttosto bene, ma dal giorno successivo in poi, Shōko diviene vittima di bullismo a causa di continui scherzi e dispetti causati soprattutto da Shōya, che le rompe diversi e costosissimi apparecchi acustici, coperto dall’indifferenza omertosa dell’intera classe.
A seguito delle ripetute azioni commesse contro Shōko, la madre decide di cambiarle scuola e Shōya viene additato da tutti come unico ed esclusivo responsabile, cosa che lo sconvolge al punto da cambiargli totalmente la vita. Viene a sua volta maltrattato e denigrato dai suoi amici e compagni di scuola e lentamente inizia a chiudersi in se stesso, isolandosi dal resto del mondo al punto che, giunto alle superiori, tenta quasi il suicidio.
Finalmente conscio di ciò che ha causato a Shōko e profondamente pentito per i ripetuti gesti con la quale ha bullizzato la ragazza, Shōya impara il linguaggio dei segni e decide di andare a trovarla, per iniziare un percorso che non solo riparerà i torti commessi in passato, ma che lo introdurrà nuovamente nella società dalla quale era stato, giorno dopo giorno, escluso.
Shōya: Qual’è la definizione di “amico”? Diventare amico di qualcuno è come ottenere una sorta di certificato?
Nagatsuka: Dammi la mano… Questo è essere amici! Sai Ishida, io credo che l’amicizia vada oltre le parole e la logica. Certificato? Non ce n’è bisogno.
Analisi degli argomenti trattati nell’anime
La forma della voce è un racconto in cui il passato torna costantemente a invadere prepotentemente il presente, come una sorta di onda che con fare impertinente torna puntualmente ad infrangersi sul bagnasciuga. Tutti i personaggi del film, che sono perfettamente delineati attraverso un attento studio psicologico, sono come bloccati in un eterno presente, impossibilitati ad andare avanti, ad affrontare la vita e il futuro a causa del rimorso e del senso di colpa che quotidianamente li attanaglia, impedendogli così di fare il fatidico “passo avanti” e cominciare una nuova vita.
A primo impatto, molti hanno lo hanno descritto come un’opera incentrata prevalentemente sul bullismo: lo è ma in minima parte. Il bullismo, in realtà, è solo la causa scatenante, la molla narrativa con cui si dipana un disagio interiore che nel film, come nel fumetto, assume tinte decisamente drammatiche. Ed è osservandolo da questo punto di vista che scopriamo il protagonista è Ishida, ossia un ragazzo che non accetta il mondo innanzitutto perché non accetta sé stesso. O addirittura non comprende il male che, spesso e inconsapevolmente, attraversa le nostre vite e le nostre società.
La forma della voce affronta con un coraggio e con un’ estrema precisione tecnica delle tematiche difficili e delicate, descrivendole con un linguaggio che ha evidentemente incontrato il gusto del pubblico (come sopracitato, in Giappone il film è stato campione di incassi) e, come scritto in prefazione, rispecchia una metodologia di messa in scena specifica. Ad un primo sguardo, si capisce subito come Yamada sia stata fortemente influenzata dall’opera di Makoto Shinkai, il regista del celebre anime Your Name. Entrambi gli anime immergono le loro storie in un contesto attuale e realistico, entrambi affrontano tematiche contemporanee e che mettono al centro l’uomo, entrambi optano per una regia attenta ai dettagli e che usa il montaggio in maniera funzionale.
La forma della voce, infatti, eccelle nel saper dettare i tempi emozionali, grazie soprattutto ad un montaggio sincopato che alterna frammenti visivi a momenti distesi e poetici, il tutto accompagnato da una colonna sonora coinvolgente ed emozionante.
Naoko Yamada è riuscita dunque a dar vita a un’opera sentimentalmente incentrata sulla necessità di accettare sé stessi, nonostante tutto. Con La forma della voce realizza la sua opera più matura e ispirata, dopo le comunque belle prove di K-On! (2009) e Tamako Market (Tamako marketto, 2013).
Differenze tra anime e manga
Quando venne creato il lungometraggio de La forma della voce, si decise di non raccontare tutti gli avvenimenti raccontati nella versione cartacea. Alcuni dettagli sono stati tagliati ed altri riadattati, conferendo così all’anime un finale quasi del tutto differente dal manga.
Durante il film, alcuni particolari non saranno mai spiegati ed alcune azioni fatte dai personaggi appariranno insensate o magari prive d’importanza. Per poter meglio comprendere l’opera, il mio consiglio è quello di leggere prima il manga (che, se vorrete potrete acquistare in inglese a questo link) e dopo guardare l’anime (visibile su Netflix o acquistabile a questo link)
Impressioni personali
Come detto in apertura, ho scelto di recensire questo anime non solo per gli argomenti che tratta e alla quale tengo molto, ma soprattutto per il modo semplice e diretto con cui vengono spiegati, anche ad un pubblico non necessariamente istruito in merito, i problemi e le difficoltà che, purtroppo, chi è portatore di disabilità fisiche è costretto ad affrontare anche nell’attuale società moderna.
Non mi riferisco solo alla sordità o al bullismo, bensì e soprattutto alla tematica più profonda che fa da sfondo all’opera, ossia il non accettare se stessi per ciò che si è. Questo spesso può essere motivo d’isolamento, di tormento e di malessere interiore che, in determinati casi (come anche mostrato nel film) porta a gesti estremi come il suicidio.
Nonostante queste tematiche però, Naoko Yamada è riuscita a tessere ed intrecciare le trame di più vite contemporaneamente, mostrando al pubblico non solo un lato cruento e triste che spesso viene ignorato o (come nel caso di Shōya e dei suoi compagni) celato in modo indifferente ed omertoso, ma anche due dei sentimenti che spesso funzionano meglio di qualsiasi medicina esistente: l’amicizia e l’amore.
A mio parere, l’opera è talmente bella e ben fatta che andrebbe introdotta all’interno delle scuole, così da approfondire meglio le tematiche sopracitate, in particolar modo quella del bullismo nei confronti dei portatori di handicap e l’accettazione di se stessi.