Accanto alle opere satiriche e umoristiche che contraddistinguono Shockdom abbiamo una ben nutrita sequela di storie drammatiche abbastanza flessibili dal punto di vista dell’omologazione, la maggior parte delle quali è radunata nella collana YEP! (le stesse pubblicazioni inquadrate nell’universo TIMED!, e.g. Se questo è un TIMED).
All’interno di questa collana è presente una serie di brevi albi dedicate alle avventure di una versione romanzata e giovanile del medico e demonologo olandese Johann Wier (anche conosciuto con la latinizzazione Wierus), un personaggio realmente esistito che anche in queste opere (al momento due) vive e opera nel XVI secolo, precisamente in un contesto familiare allo sceneggiatore Enrico ‘Nebbioso‘ Martini, veronese, vale a dire il Veneto, all’epoca dominato dalla potente Serenissima Repubblica di Venezia.
La serie ha debuttato nel 2019 con La Bela Rosina, per poi aggiornarsi solo quest’anno con Il trionfo della morte, l’opera che oggi ti andiamo a descrivere. Tale lunga attesa è giustificata probabilmente dal cambio di line-up avvenuto alle matite: mentre nel primo fumetto dei disegni si sono occupati Lorenzo Bernondini e Riccardo Faccini, adesso è stata la volta di Giulia Giacomino.
Johann Wier – Il trionfo della morte, una colta storia di peste
Prima di parlare della trama di Johann Wier – Il trionfo della morte occorre chiarire qualche riferimento storico presente all’interno del titolo dell’opera.
Il trionfo della morte è essenzialmente un motivo artistico che è stato molto popolare nel medioevo europeo e oltre, in particolar modo all’indomani dell’epidemia di peste nera della metà del XIV secolo, che mieté circa venti milioni di vite nel giro di circa sette anni. La scena è sempre la stessa: la morte, raffigurata come uno scheletro che impugna una falce, domina una scena macabra popolata da una folla di sofferenti e derelitti. Tali scene non servivano solo come memorandum per la caducità della vita, ma rappresentavano efficacemente il terrore del contagio.
La trama prosegue abbastanza spedita e in maniera coinvolgente, anche se i risvolti, man mano che la narrazione procede, si rivelano a conti fatti piuttosto prevedibili, di fatto non rendendo questa avventura di Johann Wier troppo memorabile.
Proprio lo spettro del morbo domina l’albo, come il primo molto breve (poco più di sessanta pagine), che si apre con quello che sembra un repentino ritorno di esso, con un massiccio focolaio in un piccolo villaggio sul continente.
In aiuto dei colpiti dalla malattia, in maggioranza bambini, arriva un individuo dall’aspetto e dall’atteggiamento messianico che per tutto l’albo viene chiamato semplicemente ‘il Santone‘, che sembra essere capace di curare i piccoli in maniera quasi taumaturgica.
La fama del miracoloso guaritore si diffonde presto in tutto il territorio della Serenissima, attirando frotte di afflitti e incitando sedizioni. La voce raggiunge anche le orecchie di Johann Wier, che con i suoi compagni, il nerboruto Fortebraccio e il vivace demone Bruzio, si reca nell’epicentro del contagio per investigare sia su di esso che sul Santone stesso.
‘Sono io la morte, e porto corona’
Tanto i disegni quanto i colori dell’albo si dimostrano di qualità e in grado di colpire l’occhio, sebbene non si tratti di toni eccessivamente sgargianti.
Le scene oniriche che fanno capolino ogni decina di pagine si rivelano le vignette più ispirate a livello artistico. Inoltre, i riferimenti anche grafici alla Storia dell’arte in generale rivelano la grande cura ai dettagli e l’attenzione alla verosimiglianza con cui il lavoro su Johann Wier – il trionfo della morte è stato evidentemente gestito.
Un’esempio potrebbe essere l’affresco in corso d’opera che compare a metà albo, ritraente San Rocco, patrono degli appestati, realizzato dall’anonimo artista che si descrive come garzone del pittore Domenico Morone, anch’egli realmente esistito.
Una caratteristica, questa, che giova molto all’opera e dà un’ulteriore prova della professionalità di chi la ha sceneggiata e disegnata, per quanto si tratti comunque di un racconto di fantasia.
I tre personaggi principali, sebbene abbastanza interessanti e carismatici, non ricevono purtroppo la profondità che meriterebbero, così come la trama, complice ancora una volta la brevità del volume. L’augurio sarebbe vedere una futura avventura di Johann Wier che abbia maggior ‘spessore‘, che dedichi più tempo agli stati d’animo anche degli altri due coprotagonisti dell’opera.
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