Alla scoperta delle vita di un illustratore
Non molto tempo fa abbiamo incontrato in fiera l’illustratore Andrea Buongiorno, conosciuto anche come Buong. Nell’occasione lo abbiamo intervistato, sia per conoscerlo meglio sia per avventurarci nel mondo delle illustrazioni.
La volta scorsa vi abbiamo proposto l’intervista ad Utau Yume, oggi invece vi lasciamo qui sotto le domande che abbiamo fatto a Buong. Da ultimo vi informiamo che ha anche un proprio sito internet se foste interessati a visitarlo. Qui lui si descrive così:
“Mi chiamo Andrea Buongiorno e dal 1993 firmo i miei lavori con lo pseudonimo di BUONG. Classe 1980, vivo e lavoro a Monopoli (Ba) ed opero professionalmente nel campo della grafica e del disegno creativo con specializzazione nel tratto umoristico abbinato al linguaggio del fumetto, della caricatura e delle mascotte grafiche.”
Addentriamoci ora nell’intervista!
Intervista ad Andrea Buongiorno
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Come hai iniziato la tua carriera di disegnatore e caricaturiere?
Ho iniziato a muovere i primi passi nel 1999 collaborando professionalmente con il quotidiano Barisera in veste di vignettista satirico, illustratore e caricaturista per diverse rubriche. Iniziai questa avventura rispondendo ad un annuncio che trovai affisso in bacheca presso l’Accademia delle Belle Arti che frequentavo. Poi nel 2003 ho deciso di investire nel web intuendo che il futuro della comunicazione sarebbe stata la rete, così acquistai il mio primo PC e da autodidatta iniziai a studiare la computer grafica, il disegno vettoriale e la comunicazione. Non avevo tavolette grafiche, disegnavo su carta, scannerizzavo ed elaboravo poi il tutto al pc usando il mouse. Nel giro di un paio di anni strinsi collaborazioni (alcune tutt’ora attive) con agenzie, aziende ed editori che mi permisero di trasformare materialmente la mia passione in professione disegnando fumetti, illustrazioni, caricature, loghi e soprattutto mascotte. -
Quando hai capito che il disegno nelle sue diverse forme sarebbe diventato il tuo lavoro?
Nei primissimi anni 90 leggevo così tanti fumetti che una mezza idea che il disegno potesse diventare qualcosa di più rispetto ad un appassionato hobby la ebbi al termine delle scuole medie tanto da decidere di studiare fuori città pur di frequentare il Liceo Artistico. Volevo confrontarmi con altri ragazzi come me, studiare e affinare il mio talento, imparare nozioni che da solo non avrei mai potuto conoscere (in quell’epoca non c’erano né internet né i tutorial tanto amati dai ragazzi di oggi). Mi bastarono pochi mesi in quella nuova dimensione per decidere di impegnarmi concretamente per trasformare quella mia passione in professione. La mia fortuna fu quella di avere dei genitori e degli insegnanti che seppero guidarmi in quel mio percorso educativo. -
Il lavoro che ti ha divertito/impegnato maggiormente?
Vivo ancora la mia professione con l’entusiasmo adolescenziale di sempre, quindi mi diverto parecchio a trasformare in disegno le mie idee, soprattutto quando devo dare un volto alle mascotte. Di lavori particolarmente impegnativi ne ho affrontati tanti, l’ultimo in ordine di tempo riguarda sicuramente le oltre 140 illustrazioni sportive realizzate per un nuovo volume della Goal Book che dovrebbe uscire in libreria entro la fine dell’anno: due anni e mezzo di lavoro nel quale, per esigenze stilistiche, ho dovuto spogliarmi del mio amore per la linea, costruendo le figure esclusivamente con il colore. Un impegno probante ma molto gratificante che mi auguro possa ricevere riscontri positivi dal pubblico. -
Il disegno è una passione che nasce dall’infanzia. A che età hai cominciato a disegnare?
Ho iniziato molto presto, imbrattavo già a 3 anni il quaderno di cucina di mia mamma con trenini e faccine. Il disegno poi è diventato il mio “gioco” preferito a partire dagli 8-9 anni. Non facevo altro che disegnare… rigorosamente senza matita ma direttamente a biro o pennarello. -
Ti ispiri a qualche artista in particolare, italiano o straniero?
Negli anni, soprattutto durante gli studi, ho seguito molto alcuni disegnatori (dagli stili completamente differenti) che mi attraevano per diversi motivi (Bagley, Cavazzano, Pazienza, Magnus, etc) ma non credo che ce ne sia uno in particolare che abbia influenzato il mio stile di disegno perché ho sempre cercato di fare “di testa mia”. Però capita che in alcune vignette dei Piccoli Eroi mi accorga dell’emergere di vecchie e numerose ore passate a copiare Akira Torijama durante l’adolescenza. -
Qual’è il genere che più si avvicina al tuo genere? (Realistico, umoristico, ecc.)
Da adolescente disegnavo moltissime cose differenti, poi mi sono accorto che lo stile umoristico era quello che più mi divertiva e nel quale mi trovavo davvero a mio agio, tanto che oggi è il tratto ampiamente più richiesto per i lavori creativi che mi vengono commissionati. Negli anni ho effettuato anche diversi lavori in stile realistico (come il volume per la Goal Book già citato) ma è facile accorgersi come anche in questa tipologia di disegno emergano alcuni piccoli caratteri del mio tratto umoristico. Non ne faccio un problema sinceramente, non sono mai stato un difensore della rigidità stilistica nel disegno. -
Ci sono diverse tecniche di disegno che vanno dalla tempera al digitale, compresa l’inchiostrazione. Quale preferisci?
La pittura (e l’uso dei pennelli in genere) non mi ha mai attratto sinceramente, prediligo da sempre il disegno ad inchiostrazione (linea pulita e contrasti forti tra aree bianche e perimetri delle figure) e colori con tagli netti privi di sfumature. In tal senso le penne biro, i pennarelli e le Lumocolor sono stati i miei attrezzi preferiti fino a qualche anno fa, oggi ho tutto ciò che mi serve utilizzando una Wacom Cintiq, strumento eccezionale che mi ha permesso di approfondire (e traslare) in ambito digitale la mia ricerca abbinata all’inchiostrazione e alla colorazione. -
Ormai la CGA è la tecnica più usata nel mondo dell’illustrazione, ma sembra che ci sia un ritorno della vecchia colorazione a mano, che rende le immagini più “calde”. Che sia l’inizio del tramonto dell’arte digitale?
Preferisco esprimere un parere in base all’esperienza personale e credo che vada fatta una distinzione legata alla finalità di un disegno. Ci sono ambiti come quelli della comunicazione (che mi riguarda personalmente) dove una illustrazione fatta su carta crea innumerevoli problematiche legate all’acquisizione, calibrazione cromatica e resa di stampa; tempi di lavoro quindi più lunghi che il disegno digitale (e vettoriale in primis) sorvola in fatto di gestione e qualità di riproduzione. Da questa prospettiva difficilmente il disegno digitale vedrà tramonto.
Vi è piaciuta questa nuova intervista? Quale personaggio vorreste vedere intervistato nel prossimo articolo? Fatecelo sapere nei commenti qui sotto.