Da Orwell a Psycho-Pass, passando per Black Mirror: quando la fantascienza, col senno di poi, cessa di essere “fanta”.
Psycho Pass è un anime distopico ambientato in un futuro in cui la lotta al crimine avviene preventivamente, misurando il coefficiente di criminalità degli individui, in modo che le forze dell’ordine possano agire prima che il reato si consumi.
Il termine distopia nasce come contrario del termine utopia che identifica la visione di una società futura ideale. Per contro, quindi, distopia indica la visione di una società futura indesiderabile.
Quante volte è capitato che una narrazione distopica o fantascientifica presentasse alcune sue componenti nella realtà, qualche anno più tardi? Il termine “fantascienza” fu coniato per indicare un genere di narrazione, solitamente ambientata nel futuro, basata su una visione di fantasia dello stesso. Ingredienti principali del genere sono, nella maggior parte dei casi, l’intensificazione tecnologica e rilevanti stravolgimenti sociali.
Agli albori del genere sci-fi era difficile immaginare che ciò che una narrazione di fantasia proponeva potesse verificarsi nella realtà. Tuttavia, da un certo punto in poi, la fantascienza e la realtà hanno iniziato a rincorrersi e, talvolta, ad avvicinarsi tanto da toccarsi. Uno dei pionieri del romanzo distopico fu il britannico George Orwell che, nel suo 1984, immaginò una società sorvegliata 24 ore su 24 in cui ogni individuo era tenuto a rigare dritto ed a fare la propria parte per ciò che veniva definito come “bene comune”. Fu anche da quel romanzo che nacque il concetto di Grande Fratello, facendo riferimento a quella incessante presenza tecnologica che, attraverso le telecamere, monitora il comportamento degli individui. Ebbene, allora (il romanzo fu pubblicato nel 1949), era difficile immaginare una violazione della privacy così diffusa e comunemente riconosciuta ed accettata. Oggi, nell’epoca dei social, la cosa non sembra più così incredibile, anzi…
Un altro valido esempio di distopia e fantascienza è presentato dagli episodi della serie Black Mirror, episodi autoconclusivi che presentano ciò che, ormai senza scetticismo, cominciamo a vedere come futuri possibili e, all’occorrenza, a temere che si avverino.
Oggi, invece, ci troviamo di fronte alla realizzazione di ciò che un anime, il già citato Psycho-Pass, aveva osato solo immaginare.
Il progetto, salvo complicazioni, dovrebbe conludersi per marzo 2019 e, se l’intelligenza artificiale avrà raggiunto, a quel punto, un buon livello di affidabilità, vi sono possibilità che le forze dell’ordine britanniche inizino ad impiegarlo nella lotta contro il crimine. A differenza dell’anime, però, l’intenzione non sarebbe quella di arrestare persone solo perché possibili esecutori di un reato ma di individuarle, grazie ad un virtuoso incrocio di banche dati (che pare contenga già una mole importante di eventi ed individui), per impedire, in primo luogo, che il crimine si compia e per offrire tutto l’aiuto possibile per una efficiente reintegrazione sociale.
Una delle preoccupazioni maggiori, relative a questo progetto, è quella che teme l’eventualità che un sistema del genere possa basarsi anche su consolidati pregiudizi verso il colore della pelle o la povertà. Ovviamente, non è idilliaca la prospettiva di vedere un’intelligenza artificiale, adibita ad un ruolo così delicato, basare i propri calcoli su algoritmi razzisti e classisti.
La prospettiva di poter prevedere i crimini, per quanto ammaliante nella sua promessa di sicurezza, apre, quindi, ad una serie di discussioni etiche che difficilmente troveranno una svelta risoluzione. Stando all’anime, la speranza è quella di non vedersi freddare per strada per un crimine che avremmo potuto commettere…tre anni dopo!