Tutti gli appassionati di letteratura fantastica conoscono il nome di H. P. Lovecraft. L’autore statunitense ha spaziato nei suoi racconti dall’horror alla fantascienza, dando vita a un pantheon di orrori cosmici tra i quali spicca Chutlhu, il Grande Antico dalla testa di polpo diventato ormai parte della cultura pop.
Da anni il mangaka Gō Tanabe si sta cimentando nell’adattamento dei grandi capolavori nati dalla penna di Lovecraft e l’editore J-POP sta portando man mano anche in Italia le sue opere, per la gioia degli appassionati dello scrittore di Providence: e dopo Il mastino e altre storie, Il colore venuto dallo spazio, L’abitatore del buio, Le montagne della follia e L’ombra venuta dal tempo, tocca anche a Il richiamo di Cthulhu.
Il racconto di Lovecraft
Il richiamo di Cthulhu fu pubblicato per la prima volta sulla rivista Weird Tales nel febbraio 1928 e presenta la creatura più iconica del pantheon lovecraftiano, Cthulhu appunto.
Lo stesso autore racconta nelle sue lettere che la prima fonte d’ispirazione fu un incubo: circostanza molto frequente nella vita dello scrittore, che traeva il soggetto di molte sue storie proprio dai tormentati sogni notturni. Tuttavia i critici ritengono che il modello per le fattezze del mostro sia stato offerto anche da diverse opere letterarie, come i romanzi fantascientifici di H. G. Wells e i racconti di lord Dunsany, e dalla figura mitologica del kraken.
Il protagonista, nonché narratore, è Francis Wayland Thurston, un uomo che rovistando tra gli averi e gli appunti del da poco defunto prozio George Gammell Angell scopre l’esistenza di un antichissimo culto che venera Cthulhu, nonché di una città nel cuore dell’Oceano Pacifico, R’lyeh, dove l’abominio dormirebbe in attesa del proprio risveglio. Thurston porta avanti le proprie indagini recandosi fino in Norvegia per mettere le mani sul manoscritto che descrive proprio la città di R’lyeh, ma capisce così facendo di essersi messo contro gli adoratori di Cthulhu e che è solo questione di tempo prima di essere la prossima vittima, come suo zio prima di lui.
L’adattamento di Gō Tanabe
L’impianto del racconto di Lovecraft potrebbe sembrare poco adatto a un manga, e invece Tanabe decide di rimanervi pienamente fedele, creando un gioco di scatole cinesi in cui le storie del professor Angell, dell’ispettore di polizia Legrasse e del marinaio norvegese Johansen si inseriscono nella cornice narrativa che ha in Thurston il suo protagonista.
Di conseguenza ci si trova di fronte a un’opera che, almeno nella prima parte, manca di azione ed è costruita quasi esclusivamente sui dialoghi. Dal racconto dell’ispettore in poi la vicenda si fa più movimentata, ma è indubbio che il vero punto di forza del manga (e del racconto di Lovecraft) stia nell’orrore evocato e a malapena intravisto, negli incubi legati al bassorilievo, nella brutalità del culto che si consuma nelle paludi della Louisiana, nella vista dell’orrendo Cthulhu che dorme nella città dalla geometria non-euclidea di R’lyeh.
Il tratto di disegno di Tanabe riesce a rendere alla perfezione i mostri partoriti dalla mente di Lovecraft, ma del resto si tratta di un autore che ha già parecchia esperienza in questo senso. Cthulhu è rappresentato secondo la classica iconografia moderna: un essere umanoide gigantesco, con la testa di piovra, le ali, le mani artigliate. Però c’è qualcosa che rende la raffigurazione di Tanabe una delle più belle, ad avviso di chi scrive: il corpo di Cthulhu, quando finalmente nell’ultima parte fa il suo ingresso in scena, è un intrico di tentacoli, fibre e occhi multipli che lo rendono ancora più alieno e minaccioso di quanto già non sia nella descrizione di Lovecraft.
Ma il lavoro di Tanabe è encomiabile anche quando disegna i personaggi umani e in particolare le loro espressioni di terrore, gli occhi spalancati, le pupille sgranate. Tutto ciò contribuisce a rafforzare quell’aura claustrofobica e opprimente che si provava già leggendo il racconto di Lovecraft. Se proprio si volesse trovare un difetto, spesso i volti umani sono praticamente identici tra loro e l’unica differenza è data dalla capigliatura; ma è una quisquiglia in mezzo a tanta bravura.
E ricordate: “Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn!“