Dopo Il cuore di Lombroso, uscito nel 2021 come prima parte di una trilogia, Davide Barzi e Francesco De Stena tornano in libreria con Il naso di Lombroso, di cui parleremo oggi.
Come nel primo capitolo, anche in questo caso i due autori prendono il celebre antropologo e criminologo Cesare Lombroso e lo mettono al centro dell’azione in un’avventura rocambolesca che, come suggerisce il titolo, ha sullo sfondo un’altra celebrità italiana: il Pinocchio di Collodi.
Una delle passioni dell’esimio Lombroso (o almeno lo era all’epoca, mentre oggi è meno considerato) scopriamo essere quella per gli spettacoli di marionette; proprio durante uno di essi, a cui assiste con la famiglia, il Teatro San Martiniano di Torino prende fuoco e nella confusione generale la figlia Paola viene rapita.
Mentre il professore cerca ancora di venire a capo della sparizione della figlia, viene informato che nella stessa serata è stato rapito anche il principe ereditario Vittorio Emanuele.
Convinto che debba necessariamente esserci un legame, il Colonnello Osio propone a Lombroso delle indagini congiunte, cui si unirà presto Silvia Bottini, brillante studentessa in un periodo in cui la donna non è vista di buon occhio negli ambienti universitari (e non solo).
Da queste premesse e con il ritrovamento, da parte di Silvia, di un particolare naso di legno, viene avviato un percorso investigativo che condurrà in breve tempo i protagonisti nel mondo dei burattini; capita la pista da seguire, che parte da un burattinaio sfregiato, si troveranno in breve a Firenze, patria tanto di numerosi gruppi anarchici (uno dei quali di sole donne) quanto di un certo Carlo Lorenzini che inizierà a seguire questa storia come giornalista e la finirà….come uno scrittore di nome Carlo Collodi.
E’ proprio negli ambienti anarchici, dove si covano antipatie verso i Savoia, che andranno cercate tracce dei ragazzini scomparsi ed è così che fa la giovane Silvia, introducendosi in una cellula tutta al femminile.
Nel corso dell’avventura non mancheranno momenti in cui le convinzioni di Lombroso verranno smentite dai fatti che dimostrano che non tutti i delinquenti sono distinguibili dai tratti somatici e che non tutti gli anarchici sono violenti.
Infine incontreremo la vera mente dietro il rapimento: Mangiafuoco, o almeno colui il quale ispirerà il personaggio di Pinocchio, che in realtà è un povero Cristo che ha commesso degli errori ed è rimasto vittima di un sistema spietato che gli ha tolto il poco di buono che aveva nella vita e lo aveva imbarcato su una nave verso le future colonie italiane.
Ma tutto, per fortuna dei protagonisti, nonostante una scaramuccia tutt’altro che innocua, finirà bene con la liberazione dei due giovani e la chiusura del caso.
Segnali di Stile
L’idea di prendere un personaggio celebre, ieratico e controverso, funziona molto bene come nel primo numero.
Lombroso abbandona le aule universitarie per calarsi nell’azione tipica di una non fiction novel, come la definiscono gli autori, in cui personaggi e situazioni reali si mescolano in una trama realistica ma del tutto inventata, che prende in prestito spunto da una importante opera letteraria italiana.
Tranne il personaggio di Silvia Bottini, che in effetti appare troppo “moderno” per il periodo storico (sembra quasi rispondere alle continue istanze woke degli ultimi anni), gli altri personaggi del cast sono realmente esistiti.
La trama imbastita da Barzi funziona e ci trasporta verso il climax finale ad un ritmo incalzante in cui quasi in ogni pagina c’è una scoperta su cui riflettere, un elemento da conoscere e che possa variare lo status quo delle cose.
Il tutto funziona grazie ai disegni di De Stena, che oltre ad essere minuziosi e realistici sono basati su uno studio attento dei costumi e delle tecnologie dell’epoca.
Molti dei retroscena della creazione della serie e di questo secondo capitolo, vengono infatti spiegati nei due autori in un corposo apparato redazionale presente alla fine del volume che sicuramente saprà soddisfare le curiosità dei lettori più voraci.