A partire dal 19 giugno, Netflix trasmetterà la seconda serie di Aggretsuko, una piccola e simpatica panda impiegata in un ufficio commerciale. L’abbiamo amata, abbiamo riso con lei pensando per le sue buffe disavventure ignorando che l’anime descrive a pieno la condizione del lavoro nel mondo reale.
Anime, manga, drama orientali. Possiamo elencare decine di titoli, dai più innocenti come Itazura na Kiss fino a Il giardino delle parole, storie dolci e romantiche con un unico comune denominatore: l’impegno verso la società nipponica. In Italia siamo abituati a iscrivere i nostri figli all’asilo per farli giocare, per aiutarli a socializzare col prossimo e poco importa se l’infante indossa ancora il pannolino o continua a usare il ciuccio, in fin dei conti sono piccoli e le maestre devono solo falli sfogare mentre noi siamo al lavoro.
In Giappone la scuola materna ha una funzione ben precisa: istruire ed educare i bambini.
I bambini giocano e si divertono, ma imparano subito le regole base dell’educazione e della convivenza fino a raggiungere un abbozzo di indipendenza. Imparano subito ad allacciarsi le scarpine da soli così come infilarsi il pigiama per il riposo pomeridiano, ripongono i giocattoli nelle apposite ceste dopo le attività ludiche e sparecchiano la tavola a fine pasto.
Se a tre anni i bambini sono in grado di vestirsi da soli, a sette si recano a scuola senza essere accompagnati da un adulto.
La ricerca della perfezione e omologazione della società nasce tra i banchi di scuola
Terminata la scuola materna, il bambino muoverà i primi passi verso un mondo più adulto dove la competizione tra studenti sarà l’ingrediente base per plasmare l’adulto del domani. Nelle scuole giapponesi, in particolar modo dalle medie, gli studenti affrontano una serie di prove ed esami utili per la valutazione finale.
Ben lontani dalle nostre verifiche ed interrogazioni, i test scolastici sono delle vere e proprie olimpiadi dello studio che obbligano lo studente a impegnarsi e frequentare dei corsi privati oltre l’orario quotidiano, senza contare la frequenza d’obbligo in uno dei corsi extrascolastici. I club di pallavolo, di musica, cucina o giardinaggio non sono dei semplici sport di piacere, ma vere e proprie attività che spesso si trasformano in professioni.
Tsubasa, Yu o Hikari (noti in Italia come Holly, Mila e Hilary) sono solo tre dei numerosi di fantasia che, in seguito ad un’iscrizione in un club sportivo, hanno visto la propria passione da bambino divenire un lavoro.
Rapporto scuola-lavoro: come avviare uno studente nel mondo degli adulti
Prendiamo in esame Ami Mizuno (in foto), la studentessa modello di Sailor Moon. Timida, riservata e taciturna, la ragazza basa la propria esistenza sui libri. Ore sui banchi di scuola, corsi serali in istituti privati e notte intere per approfondire le proprie conoscenze. Tanto da divenire la “prima in classifica del liceo”.
Avete letto bene, nelle scuole giapponesi esistono delle vere e proprie classiche, enormi tabelloni dove vengono esposti i primi cento nomi degli studenti con il più alto punteggio ottenuto dagli esami scolastici.
Purtroppo non sono una leggenda o un cliché inventato negli shoujo. Dopo lunghe ed interminabili notti in bianco chini sui libri di testo e l’ansia da prestazione pre-esame, lo studente deve attendere l’esposizione dei tabelloni e sperare di visionare il proprio nome.
Se la classifica nasce forse per spronare lo studente a dare il massimo di sé, in realtà è la causa principale di violente competizioni tra studenti, casi di bullismo, depressione e tentativi di suicidio. Purtroppo non è inusuale che alcuni studenti, in seguito ad una pessima valutazione, si ritrovano a provare una profonda vergogna sia verso la famiglia che la società stessa per aver fallito a tal punto da suicidarsi.
ITAZUMA NO KISS E LIFE
In Itazuna na Kiss ritroviamo una tremenda competizione tra il protagonista Naoki Irie e Funetsu. Entrambi classificati come i migliori studenti della facoltà di medicina, Funetsu non accetta di arrivare sempre dopo Naoki a tal punto da importunarne la moglie Kotoko per dispetto (questo nella versione live taiwanese). Kotoko, a differenza del marito, è nota per la sua incapacità nello studio, ma pur di lavorare a stretto contatto con Irie si impegna fino allo stremo raggiungendo, quasi miracolosamente, l’agognata laurea di infermieristica e relativa abilitazione. In questo caso specifico, Kotoko vuole lavorare non per sé stessa, ma per aiutare il marito a contribuire con la crescita del Paese.
In Life, un manga che denuncia atti di efferato bullismo, Ayumu Shiba comincia a ferirsi con un punteruolo per non cedere al sonno durante le notti di studio fino a diventare autolesionista. La sua ribellione nei confronti dei bulli non viene vista di buon grado dai professori che la etichettano come pecora nera dell’istituto e, come spesso accade anche nelle nostre scuole, cercano di insabbiare gli atti violenti per evitare uno scandalo a livello nazionale.
IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI
Se da un lato riteniamo assurdo un simile comportamento tra studenti che cercano di prevaricare verso il prossimo, l’approccio degli adulti nel mondo del lavoro è totalmente inconcepibile. La rivalità tra colleghi è presente in tutto il mondo: angherie, soprusi e mobbing fanno parte della quotidianità di qualsiasi dipendente e spesso è difficile terminare la giornata con il sorriso sulle labbra. In Giappone, oltre ai casi sopra citati, esistono una serie di obiettivi che il lavoratore deve raggiungere ogni mese o settimana. Non importa se l’impiegato medio esce dall’ufficio a sera inoltrata, basterà un singolo mancato raggiungimento dell’obiettivo per vedere la propria carriera sbriciolarsi.
Uno dei personaggi de Il Giardino delle Parole viene ripreso severamente dal proprio responsabile per non aver completato in tempo una pratica e per questo motivo, gli viene assegnato un basso punteggio sulla pagella di rendimento causando così la diminuzione di efficienza dell’intero ufficio. I suoi colleghi lo odiano perchè, a causa sua, il team ha perso di credibilità a vantaggio dell’altro ufficio. Il lavoro non è solo un impiego, ma una continua guerra tra colleghi che, a colpi di sorrisi e dolci parole, si dilettano a pugnalare alla schiena il prossimo.
In Aggretsuko, sia nella serie che nel film natalizio, la piccola Retsuko viene continuamente torturata dal capo e dai colleghi più anziani. “Non sei sposata e non hai famiglia, puoi finire tu il mio lavoro” è la classica scusa che i colleghi del panda rosso usano per riempirla di lavoro arretrato. Retsuko spesso lascia il lavoro a notte inoltrata a la sua routine è ormai casa-lavoro, ma la sua vita anomala non è frutto dei disegnatori, ma la descrizione della quotidianità nipponica.
UN LOOP INFINITO
Non bastano gli obiettivi da raggiungere, la credibilità da mantenere in azienda e la sopravvivenza al mobbing e alla classifica de “il miglior dipendente”: gli uffici sono spesso provvisti di stanze dormitorio o brande per permettere ai lavoratori più accaniti di dormire e riprendere il proprio lavoro la mattina seguente. C’è chi si addormenta sulle panchine, chi dorme in ufficio o affitta una camera per poche ore in un hotel capsula: la vita di un dipendente nipponico è strettamente legata al lavoro perché se uno fa carriera allora dimostra di essere un perfetto cittadino, contrariamente verrà additato come pecora nera e oggetto di pettegolezzi infamanti da parte di vicini e conoscenti.
Il padre di Makino Tsukushi, protagonista di Hanayori Dango, è un perenne disoccupato. La moglie lo accusa di essere la vergogna del Giappone perché non solo ha perso il lavoro, ma non è riuscito a far carriera come “tutti i mariti delle sue amiche” e non è felice di essere oggetto di pettegolezzi tra le casalinghe del vicinato.
Una società basata sulla stereotipizzazione dell’individuo a partire dall’istruzione pubblica fino alla maggiore età potrebbe essere forse la soluzione per un mondo ideale, ma spesso la ricerca della perfezione crea nell’individuo una profonda frustrazione che lo spinge verso un triste epilogo.