Nell’ultimo periodo, J-Pop non si sta risparmiando con le pubblicazioni inerenti ai maestri del fumetto giapponese presente e passato.
Dopo le antologie dedicate alle opere di autori del calibro di Nagai Gō e Itō Junji (entrambe debitamente recensite da noi di iCrewPlay Anime) è arrivato il turno di un autore ancora più epocale ed importante per l’evoluzione del manga dalla prima metà del secolo scorso ai giorni nostri. Stiamo parlando chiaramente del maestro Tezuka Osamu, colui che viene spesso ricordato (non a torto) come l’inventore degli ‘occhioni‘ e parimenti soprannominato ‘Padre del manga‘.
L’opera di cui parliamo oggi è Il mio Son Goku, trasposizione a fumetti in chiave umoristica di Cronache di un viaggio in Occidente, una delle opere più importanti della narrativa cinese del passato, scritta nel sedicesimo secolo dal letterato Wu Cheng’en basandosi su una lunga sequela di racconti di matrice buddhista e a propria volta essa stessa fonte di ispirazione per opere narrative successive, non ultime il Dragon Ball di Toriyama Akira o, in ambito videoludico, il non troppo recente Enslaved: Odyssey to the West (2009) di Ninja Theory.
Si tratta di un opera lunga e complessa, sebbene dai risvolti avventurosi e coinvolgenti, e il maestro Tezuka non poteva essere da meno nell’adattarla. Oggi tratteremo infatti il primo volume delle vicende di Son Goku, lo Scimmiotto di roccia, inquadrato da J-Pop nella collana Osamushi, dedicata alle opere del maestro, la quale conta già numerose pubblicazioni.
Il mio Son Goku, il Goku che non ti aspetti
Mentre il maestro Toriyama ci ha abituati ad un Goku che da bambino giocherellone si fa guerriero nerboruto e si scopre di provenienza aliena, Il mio Son Goku traduce direttamente in immagini il verbo scritto del romanzo sopracitato, mostrandoci il ‘vero’ Son Goku, uno scimmiotto in tutto e per tutto nato da una roccia frantumata da un fulmine che ben presto si impone come re delle altre scimmie sue compagne (tanto è vero che, nelle traduzioni inglesi, la sua controparte letteraria viene spesso chiamata semplicemente Monkey King).
La sua ascesa al potere tuttavia finisce per non soddisfarlo, in quanto egli, dotato di un carattere beffardo ed irruento (sebbene questo suo aspetto sia di molto mitigato in questa sua veste fumettistica), desidera superare persino gli esseri umani in forza e saggezza, sfidando e provocando le ire tanto di creature più forti quanto di venerabili maestri, sui quali tuttavia prevale, tanto da guadagnarsi titoli come Grande saggio e il proprio stesso nome, Son Goku (dal cinese Sun Wukong, ovvero ‘Sun, il consapevole della vacuità‘).
Le sue tanto mirabolanti quanto scapestrate imprese destano le attenzioni delle divinità, prima fra tutte l’Imperatore di Giada, autorità massima tra di esse, il quale, impressionato nell’apprendere che si tratta proprio di quello stesso scimmiotto che vide nascere secoli prima, gli offre un posto tra i suoi pari. Tuttavia, l’incarico come custode dei destrieri celesti non lo soddisfa per nulla, abituato com’è al suo ruolo di monarca tra le scimmie, così dà inizio ad una sfida impossibile contro ogni divinità, scatenando un caos senza precedenti nei cieli.
A risolvere la situazione interviene il Buddha Tathagatha, che gli propone una sfida che lo scimmiotto non riesce vincere. Finisce dunque per essere intrappolato sotto la Montagna dei cinque elementi per cinque secoli, trascorsi i quali la sua punizione non trova ancora fine. Gli tocca infatti accompagnare il monaco buddhista cinese Genjo Sanzō (più correttamente Xuanzang, personaggio realmente esistito nel settimo secolo i cui viaggi ispirarono Wu Cheng’en) fino al Paese di Tenjiku (ovvero l’India), dove deve recuperare delle importanti scritture buddhiste onde condividere la loro saggezza con il proprio popolo.
Nel loro procedere non saranno soli: troveranno due alleati nell’insaziabile maiale Cho Hakkai e nel sedicente kappa Sha Gojō, oltre a godere della protezione della bodhisattva Kannon e di una destriera d’eccezione.
Tradizione e modernità si incontrano
Come già saprai, nell’innovare il fumetto giapponese Tezuka Osamu ebbe come ispiratori numerosi fumettisti americani, con i loro personaggi che, in un periodo in cui il Giappone era uscito sconfitto da una guerra che era stato il culmine di un cinquantennio di politica estera imperialista e di otto decenni di modernizzazione forzata, risultavano totalmente alieni al pubblico del Sol Levante, per divenire popolari solo in seguito all’occupazione americana del Paese all’indomani del bombardamento atomico.
La prima pubblicazione de Il mio Son Goku, avvenuta nel 1952, è contestuale alla fine di quel periodo, e risente chiaramente delle suddette influenze. Al di là del tratto stesso di Tezuka, distintivo e ben riconoscibile, ci sono veri e propri camei di protagonisti di opere a stelle e strisce. Un esempio è quello di Popeye, che fa la propria comparsa nelle inedite vesti di una divinità che si esprime solo ed esclusivamente in lingua inglese, e che finisce anch’essa per soccombere a Goku.
Lo scimmiotto stesso e le scimmie sue suddite possiedono lineamenti che ricordano i primi esperimenti d’animazione di Disney, di cui Tezuka non fece mai mistero di essere un grande ammiratore, e tanto al pari delle storie disneyane quanto al pari del romanzo matrice le vicende di Goku e compagni sono narrate con la leggerezza di una favola. Ricordiamo che nella sinosfera, vale a dire quella parte dell’Asia orientale le cui culture sono largamente influenzate da quella cinese, Son Goku è uno dei personaggi letterari più amati dai bambini e dalle bambine.
Se ci fosse da ravvisare una differenza sostanziale tra fumetto e romanzo matrice, questa sarebbe da ravvisare nel tipo di umorismo presente in essa: se nel romanzo originale a far sorridere chi legge è la spigliatezza di Goku e la grossolanità di alcune situazione, ne Il mio Son Goku lo humour è attualizzato rispetto ai tempi che correvano durante la prima pubblicazione, facendo anche un minimo di satira sociale (vedi a tal proposito il primo incontro tra Sanzō e Son Goku, quando il guardiano della Montagna fa pagare la visita al monaco).
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