Durante il suo lavoro sul vasto e complesso universo narrativo di Descender, che si di recente si è allargato con il suo seguito Ascender, lo sceneggiatore Jeff Lemire non ha mai trascurato un’altra sua creatura: la serie Black Hammer, nata un anno dopo la prima opera citata ed edita da Dark Horse Comics. Proprio da Black Hammer trae la propria ambientazione Il Dottor Andromeda e il Regno dei domani perduti, che oggi andiamo ad investigare dettagliatamente.
Si tratta di uno spin-off autoconclusivo di Black Hammer che vede come proprio protagonista un personaggio tutto nuovo, il Dottor Andromeda, al secolo Dottor Jim Robinson, uno scienziato che dovrà pagare a caro prezzo le proprie ossessioni e i propri sogni di gloria.
Il volume originale statunitense, pubblicato sempre da Dark Horse Comics, raccoglie i quattro spillati che compongono l’opera, originariamente dati alla stampe con il titolo Doctor Star and the Kingdom of Lost Tomorrows a cadenza mensile da marzo a giugno 2018. L’editore italiano è ancora una volta BAO Publishing.
Il Dottor Andromeda e il Regno dei domani perduti dimostra che toccando il cielo con un dito puoi bruciarti
La storia si apre in un cupo e completamente alienato 1984, con il protagonista che, mentre osserva vecchie foto e le apparecchiature ormai in disuso dell’osservatorio in cui lavorava, si rivolge al figlio Charlie in maniera metadialogica, a noi lettori manifesta tramite le didascalie. Rimpianto e contrizione traspaiono dai pensieri del protagonista, che con la mente ritorna al momento in cui tutto ebbe inizio.
La narrazione si sposta al 1941, con una versione più giovane (ma stranamente non troppo) di Jim Robinson, astronomo in erba che dedica praticamente ogni minuto delle proprie giornate ai suoi studi su una fonte di energia molto particolare: le pararadiazioni, le quali proverrebbero dalla Parazona, una sorta di inesauribile sorgente cosmica. Questo suo stakanovismo lo porta spesso a trascurare la moglie Joan e lo stesso figlio Charlie, il quale, dal proprio canto, crescerà osservandolo ed adorandolo.
Queste sue ricerche attirano le attenzioni del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America, il quale si offre di patrocinare le ricerche del vivace scienziato a patto che egli condivida ogni risultato con il Pentagono, intenzionato a sfruttare le pararadiazioni nell’industria bellica.
Impegno e costanza danno in poco tempo i loro frutti e Jim può finalmente collaudare la propria creazione: la parabacchetta, una sorta di membrana energetica che gli permette di viaggiare nello spazio senza correre il rischio di finire congelato nel vuoto cosmico ed imbrigliare le pararadiazioni.
L’esperimento riesce e, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti durante il secondo conflitto mondiale, Jim, ribattezzatosi con il nome di Dottor Andromeda, decide di unirsi a modo proprio ai combattimenti. Si unisce infatti agli eroi della Golden Age capeggiati da Abraham Slam già presentati in Black Hammer e con essi si reca in Europa per fronteggiare la Germania nazista.
Il suo futuro flagellato da errori e rammarichi avrà inizio poco tempo dopo la guerra a causa di una nuova scoperta, la quale gli costerà più di quanto fosse disposto a pagare.
Passato e presente agli antipodi e un tratto tutto nuovo
Per i disegni de Il Dottor Andromeda e il Regno dei domani perduti Jeff Lemire si è affidato all’argentino Max Fiumara, la cui carriera di disegnatore è cominciata nel 2002 e lo ha dotato di un portfolio ancora una volta prettamente supereroistico.
Nella scelta dei colori, Fiumara ha prestato molta attenzione a definire bene il passato e il presente del Dottor Andromeda, rendendo il primo molto variegato ed acceso, a simboleggiare la viva ambizione del protagonista, con una preponderanza di toni caldi durante le scene ambientate nello spazio. Il presente è invece spento e via via privo di colore, il quale si riduce quasi ad una scala di grigi interrotta solo dalle reiterate interazioni con lo spazio. Tutto ciò simboleggia la disperazione di Jim, nata ironicamente da ciò che aveva sempre amato.
Il tratto di Fiumara è meno legato al fumetto supereroistico d’altri tempi rispetto a quello di Dean Ormston, che fu colui che si occupò del comparto grafico di Black Hammer. Tuttavia, pur apportando una certa quale ‘modernizzazione’ ai personaggi estrapolati dalla precedente opera, il disegnatore argentino rimane rispettoso del lavoro del predecessore, mantenendo l’estetica di Abraham Slam e compagni ben salda a quella originale.
L’opera, nel suo complesso, risulta fruibile anche in solitaria, senza necessariamente rendersi edotti sulla serie madre Black Hammer. Ciò è reso possibile grazie all’assenza di troppi riferimenti agli avvenimenti raccontati in quest’ultima. Il sodalizio tra il Dottor Andromeda e i protagonisti di essa è infatti importante ma collaterale e finalizzato esclusivamente a raccontare la storia dello scienziato.
I dialoghi hanno un tenore diretto e legato alla concretezza degli accadimenti della trama, mentre l’introspezione del protagonista è lasciata interamente alle didascalie, che per tutta la durata dell’opera coincidono con il monologo metadialogico di cui abbiamo discusso all’inizio di questa recensione. L’azione è ridotta all’osso, quasi a voler ribadire gli intenti introspettivi dell’opera.