Il calcio è uno degli sport più noti, amati e praticati al mondo. A volte tira fuori il peggio delle persone, ma più spesso è capace di unire, di far sentire la gente parte di una comunità accomunata dal tifo per una squadra. Ed è capace, ovviamente, di ispirare opere dell’ingegno e dell’intrattenimento: film, serie televisive, videogiochi, romanzi, fumetti, cartoni.
Neanche il Giappone è immune al fascino del calcio. Negli ultimi decenni decine di manga e di anime lo hanno raccontato, ora narrando di ragazzini delle medie o del liceo che gareggiano in competizioni locali tra scuole, ora di fuoriclasse che arrivano a giocare addirittura ai mondiali, ora con un approccio realistico, ora tirando in ballo colpi speciali e invasioni aliene.
Per festeggiare, alla nostra maniera, la vittoria dell’Italia ad Euro 2020, questa vuole essere una panoramica generale di un particolare filone di anime e manga, lo spokon calcistico. Gli spokon sono opere di argomento sportivo: lo stesso termine spokon deriva da supōtsu e konjō ed è traducibile con “tenacia sportiva”. Vi sono dunque spokon sul basket, sul baseball, sul sumo, sulla pallavolo, sul tennis, persino sul badminton. E ovviamente sul calcio, benché la passione del grande pubblico nipponico per questa disciplina sia relativamente recente. Anzi, non è esagerato affermare che una parte, forse neanche tanto piccola, del successo di cui gode il calcio oggi nel Sol Levante sia dovuto all’influenza di anime e manga.
Ma prima di avventurarci nella storia degli spokon calcistici, può essere utile una breve introduzione sulla storia del calcio in Giappone, dalla sua introduzione alla fine dell’Ottocento fino alla nascita dell’attuale campionato professionistico, la J1 League.
Una panoramica storica del calcio nel Sol Levante
Giochi con la palla sono noti in Giappone da secoli. Uno di questi, il kemari, è attestato per la prima volta addirittura nel 664 ed è probabilmente un’evoluzione del cinese cuju. Lo scopo del gioco è di evitare che la palla tocchi il terreno calciandola con i piedi, la testa, i gomiti, le ginocchia e la schiena, ma non con le mani.
Tuttavia il merito dell’introduzione del calcio in Giappone va riconosciuto a Sir Archibald Lucius Douglas, un ufficiale della Royal Navy britannica che nel 1873 arrivò a Tokyo come consulente straniero per la marina nipponica. All’epoca l’imperatore Meiji voleva modernizzare a tutti i costi il paese e invitò numerosi ufficiali stranieri allo scopo di educare i militari, i politici e i burocrati alla maniera occidentale, ritenendola la chiave per poter fare anche del Giappone una potenza mondiale. Il risultato fu, com’è facile immaginare, l’introduzione nel Sol Levante di usi, costumi, mode, termini e persino sport europei: il calcio era uno di questi.
Il primo incontro ufficiale fu disputato solo nel 18 febbraio 1888 tra la Yokohama Country & Athletic Club e la Kobe Regatta & Athletic Club. mentre la prima società di calcio giapponese nata come tale fu la Tokyo Shukyu-dan, fondata nel 1917. Si noti che shūkyū (蹴球), letteralmente “palla calciata”, era il termine più utilizzato per indicare questo sport prima della seconda guerra mondiale; solo con l’occupazione americana prese piede il termine sakkā (サッカー), calco dell’anglo-americano soccer. Un terzo termine per indicare il calcio, futtobōru (フットボール), ricalca direttamente il britannico football ma è meno usato nel linguaggio comune.
Nel 1921 nacque la federazione calcistica giapponese, la Japan Football Association (JFA), e nello stesso anno fu fondato il primo campionato nazionale, la Tennōhai, “coppa dell’imperatore”, in cui militavano non solo squadre del Giappone ma anche della Corea, di Taiwan e della Manciuria (territori all’epoca direttamente controllati dall’impero). Fu poi la volta di altri due campionati, l’All Japan Works Football Championship nel 1948 e l’All Japan Inter-City Football Championship nel 1955; ma nessuno dei due riuscì a scalzare il primato della Coppa dell’Imperatore. Tutte queste competizioni seguivano la formula del torneo a eliminazione diretta.
Solo nel 1965 fu fondata la Japan Soccer League (JSL), il primo campionato nazionale organizzato secondo la formula del girone all’italiana; una serie di successivi cambi al regolamento portò all’ampliamento del numero di squadre partecipanti e all’istituzione di due divisioni, la seconda a sua volta ripartita su base geografica. Di base le squadre partecipanti alla JSL erano associazioni sportive amatoriali e i calciatori che vi militavano non erano pagati come professionisti, ma come impiegati delle società proprietarie delle squadre, come Hitachi, Mitsubishi o Toyota.
Solo a partire dalla seconda metà degli anni ’80 il numero dei giocatori tesserati come professionisti aumentò notevolmente, finché non emerse la necessità di istituire un torneo nazionale con squadre interamente professionistiche. Così nel 1992 si disputò l’ultima edizione della JSL e venne fondata la Japan Pro Soccer League, nota anche come J1 League, attualmente composta da 20 squadre che si sfidano in un girone all’italiana da marzo a dicembre.
Quanto alla nazionale giapponese, pur non essendo tra le più forti al mondo può vantare nel suo palmarès quattro Coppe d’Asia (1992, 2000, 2004 e 2011), una vittoria nei Far Eastern Games del 1930 , tre Dinasty Cup (1992, 1995 e 1998), una EAFF East Asian Cup (2013) e una medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1968.
Attualmente il calcio è uno degli sport più popolari in Giappone, dietro solo al baseball e al sumo, e il merito va ricercato probabilmente anche nei manga e negli anime, che in alcuni casi sono stati capaci di diventare autentici fenomeni di costume e di valicare persino i confini del Giappone.