Il vostro Affezionatissimo recensisce per voi l’adattamento anime del manga di Rensuke Oshikiri
Benvenuti alla seconda (e ultima) recensione di quest’anno da parte del vostro Affezionatissimo, cari amici vicini e lontani. Oggi parliamo di un titolo che, nonostante le diatribe legali in materia di copyright, è sbarcato su Netflix con il proposito di portare una ventata di novità nel panorama di quelli che amo chiamare gli shoinen, ossia gli anime che non sono né troppo per ragazzi né eccessivamente per adulti.
Ci sarà riuscito? Scopritelo in questa recensione che analizza gli elementi di trama, cast, regia e musiche.
- Trama: come in tutti i manga che si rispettino, il protagonista, Haruo Yaguchi, è il classico ragazzino delle elementari, emarginato sociale senza infamia né lode, trascurato nelle attività relazionali e dalla media voti talmente bassa che farebbe impallidire i ripetenti di ogni ITC d’Italia. Il suo (unico) punto forte è un talento impareggiabile per i videogiochi, in particolar modo i picchiaduro come Street Fighter II, con cui ha un rapporto d’amore quasi simbiotico (tanto che il suo spirito guida è Guile). Tutta questa idilliaca oasi da sfigato si interrompe quando viene battuto sul suo stesso terreno da Akira Oono, ragazza della sua classe che ne è la nemesi perfetta: ricca, bella, popolare, intelligente, elegante. Nel corso degli episodi (che si snodano nella prima metà più con la cadenza di uno slice of life che con una trama vera e propria), assistiamo a una rapsodia di episodi separati che via via raggiungono un climax di intensificazione dei rapporti tra i due verso un sentimento più complesso. La comparsa del personaggio di Hidaka aggiunge alla liaison in boccio quel tocco di triangolo che viene dalla classica situazione di maschio-imbecille-conteso-tra-due-ragazze-senza-che-se-ne-renda-conto, ma l’ampia presenza di tempi morti e l’attesa delle parti videogiocate più di quelle recitate rende la fruizione abbastanza lenta, e i colpi di scena a intervalli di qualche episodio non riescono a risollevare il generale piattume dato dall’imbarazzo di personaggi che, a momenti, non sanno neanche loro cosa dire. Voto: 6.
- Cast: ora, capisco che si voglia mostrare la crescita di ragazzi delle elementari fino agli anni del liceo, ma su tre protagonisti (Haruo, Akira e Hidaka) non mi puoi fare il primo con le capacità di concentrazione videoludica di un cyborg che si rivela essere un totano nel capire che una ragazza sta vicina a te in sala giochi, a te, anello di congiunzione tra l’ameba e l’infisso, perché le piaci, e la seconda che non dice una parola che sia UNA per tutta la serie (e non mi si venga a dire che è per l’introspezione psicologica, perché a una certa una che non spiccica parola fino alle superiori fa sorgere domande a cui solo uno psichiatra e un logopedista possono rispondere). Se non altro Hidaka, nella sua spasmodica ricerca di far colpo sull’imbecille più amato dalle giapponesi, arriva a uno sviluppo personale e una ricerca (a tratti, accettazione) del suo essere una ruota di scorta, pur ponendosi in tentativo di rivalsa a più riprese riscoprendo, come una novella Hinata narutesca, una spina dorsale e un suo personalissimo spirito di evoluzione del personaggio. Voto: 6, ma solo per Hidaka.
- Regia: diosanto. Le palette pastello completamente PIATTE in CG rendono il tutto terribilmente odioso da guardare, specie considerando l’accostamento allo stile irrealistico e deformato dei corpi con la resa fedele dei videogiochi 2D degli anni Novanta, che sembrano quasi più credibili (e realistici) dei protagonisti stessi. L’uso della depersonalizzazione della massa, poi, lungi dal dare l’effetto di concentrazione della scena sui personaggi principali come in un manga, rende il tutto decisamente più irrealistico e poco fruibile. Voto: 4, per non abbassare troppo la media.
- Musiche: meh. I riarrangiamenti rock/electronic dei vecchi temi musicali videoludici fa il suo mestiere senza aggiungere nulla di eclatante. Opening carina, ending dimenticabile. In definitiva, un 5.5 per non essersi impegnato troppo.
Che dire, boys and girls, ero partito con l’idea di potermi trovare dinanzi qualcosa che sfruttasse appieno l’evoluzione videoludica come metafora della crescita emotiva ed emozionale dei pargoli, ma mi sono trovato di fronte una realizzazione troppo raffazzonata e tirata per i capelli, che prende le cose per il lato sbagliato pur provando a mettercela tutta. Il risultato è che i videogiochi non accompagnano ma eclissano i protagonisti, divenendo un leitmotiv che stanca già a metà della serie. Il guaio peggiore è che sembrano rendersene conto anche i protagonisti stessi, che però, poveri loro, non possono cambiare canale.
Voto generale: 6– in attesa dell’uscita dei tre OVA per marzo 2019.
Dal vostro Affezionatissimo è tutto, a voi studio.
Assolutamente non sono allineato con il commento e i voti dell’autore. Ho trovato hi score girl molto interessante sotto tutti i punti di vista. L’ambientazione è top e i videogame non sovrastano affatto trama e personaggi. Se poi i capolavori sono quelli dove frignano per tutto il tempo allora siamo a posto (senza fare nomi, One piece)