A qualche anno dalla pubblicazione di Mezzo Sangue, torna per Bao Publishing la saga de Gli Orchi Dei con il terzo volume, Il grand’uomo, di cui parleremo oggi.
Se nel capitolo precedente, di cui trovi la recensione qui, l’azione si svolgeva quasi tutta nel passato e ci mostrava l’ascesa dell’umano Yor al ruolo di ciambellano, ne Il grand’uomo torniamo alle avventure di Piccolo e più precisamente al momento in cui lo avevamo lasciato il primo volume.
I giganti sono morti, proprio per mano di Piccolo che fa precipitare il padre e la madre causando la distruzione del castello da cui gli orchi governavano elevandosi al ramo di dei; mentre a Yor non resta che cercare di riorganizzare l’esercito e riportare l’ordine, per mantenere il proprio potere, l’erede al trono fugge con l’amata Sala allontanandosi da un mondo che non ha mai voluto.
Purtroppo per lui le truppe fedeli al regime, guidate dal Maestro Sol (il braccio destro del ciambellano), lo scovano rapidamente e lo feriscono gravemente, rapendo Sala; solo l’intervento di un misterioso gruppo di combattenti riesce a salvarlo e a portarlo fuori dallo scontro.
Si tratta di ribelli, guidati dal misterioso Lorso, che diventa il protagonista principale del volume.
Il grand’uomo, come viene soprannominato, è una figura misteriosa che da anni trama per rovesciare il regno dei giganti, addestrando guerriglieri e rivoluzionari in grado di portare a termine questo difficile compito.
Figlio di un re e cacciato dalla sua tribù per avere sventato un complotto ai danni del padre Lorso divenne un valente soldato dell’ersercito della terra degli orchi, diventandone ufficiale per senza essere un nobile (di quelle terre, come abbiamo visto).
Caduto in disgrazia riesce a rialzarsi diventando un valido fabbro, che viene incaricato di addestrare Sol, che diventerà un suo spietato rivale.
Nonostante il parere contrario dei suoi alleati, Lorso decide di curare Piccolo per utilizzarlo come arma contro le truppe regolari; il mezzo gigante in realtà vorrebbe solo scappare da tutto e tutti, ma a fermarlo è l’amore per Sala che deve a tutti i costi provare a liberare.
Controvoglia, non gli rimane che prepararsi alla lotta che verrà notevolmente complicata dalla conoscenza che i due comandanti hanno delle reciproche tecniche; la superiorità numerica delle truppe regolari metterà in difficoltà Lorso a cui non rimane altra scelta se non quella di separarsi dai propri compagni e procedere con Piccolo all’interno della foresta profonda, terreno che conosce meglio degli avversari e da cui chiunque si tiene alla larga nel timore delle creature che la abitano.
Questa decisione finirà per ritorcersi contro Lorso che si troverà difronte la sua tribù di origine, e al tempo stesso porterà un grande cambiamento nella vita di Piccolo. Cambiamento che leggeremo nel quarto volume della saga, Primo nato, che è l’ultimo scritto da Hubert prima della sua prematura scomparsa due anni fa.
L’analisi del volume
Anche questo volume, come i precedenti, ci da modo di riflettere su una società in cui il potere corrompe l’animo umano e ne governa le azioni al punto che neanche la caduta degli “dei” sembra riuscirne a mitigare le pulsioni e la sete di fame e ricchezza ed in cui colui il quale dovrebbe essere il punto di unione tra il mondo degli dei e quello dei giganti finisce per essere l’elemento di rottura e il rivoluzionario che muterà lo status quo per sempre.
Ad intervallare la narrazione, anche questa volta troviamo gli incisi in prosa che sotto il titolo “Le gesta di Lorso” ci consentono di scoprire di più sul passato di questo misterioso personaggio; come sempre, la loro lettura non è obbligatoria e non pregiudica la comprensione delle vicende principali.
Si tratta comunque sempre di pagine affascinanti che ci aiutano ad entrare ancora più a fondo nel mondo in cui è ambientata la storia e ci danno un saggio delle grandi capacita del compianto Hubert nel plasmare personaggi convincenti e non stereotipati.
Segnali di Stile
Come per gli altri volumi, anche ne Il grand’uomo ci troviamo davanti ad un prodotto di gran qualità.
L’abilità di Hubert nel creare una storia avvincente e dal ritmo sincopato, si fonde con la grande bravura alle matite di Bernard Gatignol.
L’illustratore infatti, fornisce una gran prova di stile in un volume che cambia drasticamente ambientazione e protagonisti, rispetto ai primi due: scomparsi i giganti, viene meno l’utilizzo della prospettiva dal basso verso l’alto e sparisce quasi del tutto l’elemento verticale nelle vignette.
Al tempo stesso il tratto grottesco che contraddistingueva i giganti, lascia spazio ad uno stile più realistico, che costituisce un cambiamento importante nell’economia della serie.